Tutti cacciatori
Viviamo tempi interessanti.
Le margherite sono già spuntate, se vi è capitato di trovarvi nei dintorni di un fazzoletto di terra abbastanza sano da ospitare la vita, e già si intravede la fine di quel lungo tunnel buio fatto di giorni senza nome tra i dolci natalizi e quelli di carnevale. È quello iato tetro e spaventoso di cui parlavamo la volta scorsa: dicevamo che si presta bene ai giochetti tutti emotività e niente gameplay, come l'esilarante serie spezzacuori di To The Moon.
M-ma non è che cercavamo solo un appiglio disperato per non affrontare la dura realtà? La dura realtà è che mi trovo a cavalcioni di un PC più vecchio di me, che va ancora a carbonella, e i giochini piccini ormai per me non sono tanto una scelta di campo quanto una necessità.
Ecco, forse questo gretto materialismo è la chiave per affrontare il mondo di oggi: gettarsi nella mischia come se tutto fosse un gioco a somma zero, in cui per avere qualcosa lo devo sottrarre a un altro... una mentalità da deserto radioattivo post-apocalittico percorso da bande di balordi, arrivata forse con qualche anno di anticipo.
Se volessi rifarmi il PC oggi, per dire, dovrei gettarmi nella mischia col coltello tra i denti e strappare a forza di braccia una scheda video Nvidia dal cadavere sanguinante dei miei compagni videogiocatori. Oppure potrei tentare una strategia ancora più rischiosa: dare l'assalto nottetempo a un covo dei suddetti briganti, che si sono accaparrati tutte le schede video disponibili appena sono uscite, e cercare di trafugarne una.
Forse allora è più prudente restarsene nella propria tana di coniglio, e magari suggere il nettare del Videogioco Contemporaneo con la cannuccia lunghissima dei servizi di streaming.
In un modo o nell'altro però, prima o poi, dovrò giocare a Monster Hunter Wilds.
Ho parlato di rado su queste pagine di Monster Hunter: e non è mancato il tempo, dato che queste pagine hanno ventiquattro anni. Ma ho sempre avuto una certa diffidenza nei confronti di questi giochi profondamente giapponesi, smodatamente giapponesi, che per tanti anni hanno prosperato soltanto nella loro isola sperduta, irti di aculei e artigli, del tutto impenetrabili per i deboli giocatori occidentali. Non è mai stato proprio così, ma la fama era quella. Poi la serie sbarcò nel nuovo mondo con World, appunto, e riscosse un successo enorme anche in Occidente: io, da sporco gaijin, mi sforzai di apprezzarlo con tanta buona volontà. Ma in silenzio, perché il mio rapporto con Monster Hunter non è mai stato tanto ardente da farmi versare fiumi di parole.
Monster Hunter però è diventato negli anni come un'ossessione per me: meno lo gioco e più lo vorrei giocare, meno lo ricordo e più lo apprezzo. Un desiderio proibito.
Per questo fin dall'annuncio di questo Wilds mi son fatto trovare pronto: anch'io, come eserciti di altri cacciatori con e senza patentino, ho sbavato su Alma e Gemma, e soprattutto sui gatti baffuti nostri fedeli compagni di caccia.
Ma Monster Hunter è un hobby più che un gioco. Giocare Monster Hunter è come andare a pesca.
Mi affascina tantissimo l'idea di penetrare in questo Gioco-Mondo, tutto chiuso in se stesso, una dinastia che si è evoluta per conto proprio come la fauna delle Galapagos, di Skull Island, isolata dal resto del mondo. Un gioco dalle origini arcaiche che non ha nulla in comune con nessun altro, che fa tutto a modo suo con la sua terminologia e le sue tradizioni. Pazzesco che CAPCOM sia riuscita a preservare intatto questo ecosistema fino a questo Wilds del 2025.
Certo, ci sono state tante concessioni per almeno far finta di accogliere i neofiti, ed è giustissimo che i veterani brontolino tra loro e rimpiangano i bei tempi in cui si stava peggio. Mi ha riscaldato il cuore, ad esempio, la reazione furibonda dei cacciatori arcitemprati alle lievi variazioni nell'effetto hitstop dei colpi, che ha portato CAPCOM a ritoccarlo fino a placare gli animi: tragedia sfiorata.
Wilds dunque è ancora un vero Monster Hunter: ti accoglie con un muro di nozioni fittissime e strettamente interconnesse, a partire da un menu delle opzioni di oltre trenta pagine, un nucleo frattale di informazioni che non si può sperare di comprendere se non col tempo e la pazienza.
Cacciare i mostri per conto della Gilda è un mestiere. Giocare a Monster Hunter è imparare quel mestiere.
Ci sono quattordici armi con quattordici sistemi di combattimento completamente diversi tra loro. Per imparare una singola arma servono, secondo l'opinione comune, almeno un centinaio di ore di esperienza; per diventare Maestro di quell'arma ne occorre un migliaio.
Quindi sì, il gioco si presenta con il volto amichevole di Daisy Ridley che rassicura i neofiti, ma altro che 5 minuti di introduzione! Serve piuttosto studiare ore e ore di tutorial maniacali, solo come infarinatura iniziale.
Eppure ancora una volta si è rinnovato quel bizzarro miracolo per cui i giocatori, la gente, il popolino, sono attratti in massa da un gioco ostico e complesso, che per giunta richiede un hardware nucleare con circuiti da mille valvole... Ne abbiamo parlato in occasione di Elden Ring e Baldur's Gate 3 con un trittico di editoriali sulla scelta di soffrire (II, III), e oggi ancora e di più assistiamo a questa inspiegabile migrazione di massa. Monster Hunter Wilds sta rapidamente scalando tutte le classifiche e diventerà uno dei maggiori successi del decennio.
La prossima settimana, con la calma dei vecchi, cercheremo di capire se è anche un gioco per noi.
Ecco Doraemon
Lo so che c'è in giro un anime con un sacco di D che è piaciuto a tutti e vi aspettereste che ora ne parli qui. Invece parlerò di un anime con un sacco di D che è piaciuto sicuramente a me e che considero molto, molto bello (spoiler sulle conclusioni!): Dead Dead Demons Dededede Destruction. E, santo cielo, ci saranno un mucchio di cose da dire e degli SPOILER.
La vita di Kadode viene sconvolta il 31 Agosto in cui una gigantesca nave aliena compare sopra Tokyo. Alla sua appirizione la nave perde pezzi (o fa sganciare moduli, impossibile capirlo) che, cadendo nella città, colpiscono suo padre che scompare/muore (ne parliamo dopo). Come se non bastasse gli americani, presenza più sopportata che apprezzata in Giappone, decidono di bombardare l'astronave con un missile nucleare, rendendo inabitabile una larga porzione della città e creando disagi a tutta la popolazione.
Se da qui vi aspettate che l'anime si sviluppi in una indagine per scoprire i misteri degli alieni o in una sanguinosa battaglia per sconfiggere la nave madre vi sbagliate di dosso: Kadode non è un'eroina o un supereroe, quello che deve fare, assieme alla sua migliore amica Ontan e tutte le altre persone del suo mondo, è sopravvivere all'adolescenza, finire il liceo e decidere del suo futuro, come qualsiasi altra ragazzina giapponese, con il plus di una nave aliena sopra la testa, quartieri radioattivi e una paranoia che galoppa tra la popolazione civile.
Dededede (e lo chiameremo sempre solo così) è una di quelle opere che possono essere ascritte facilmente alle storie di fantascienza con tutta la dignità del caso. E' un racconto che ha la stessa dignità di tanti ottimi romanzi o racconti del genere perché dopo aver introdotto l'elemento fantascientifico lo elabora, ci gioca, costruisce strati sopra e sotto, complica la sua struttura senza mai farla crollare offrendo per lo spettatore un piatto ricco.
Come viene dichiarato in un abile momento di foreshadowing della puntata zero, è un racconto di fantascienza e quindi ci sono un sacco di cose incredibili, come astronavi, viaggi nel tempo e dispositivi anti-gravitazionali. Nonostante l'astronave sia quasi copiata da District 9 e nonostante l'atmosfera sia molto simile a Indipendence Day, però, non è nella spettacolarità che l'anime cerca il suo senso, ma nei rapporti umani, nel sempre avventuroso processo della crescita e anche nei limiti della nostra umanità, sia come persone che come popoli, dagli atti più sublimi a quelli più meschini.
L'episodio zero, ambientato anni dopo il momento temporale su cui si centrerà la storia, è un ottimo contraltare di ciò che andremo a vedere. E' un episodio cupissimo in cui il padre di Kadode, dopo essere stato posseduto da un alieno a seguito della sua morte il 31 Agosto, riacquista coscienza e scopre così che al 31 Agosto è seguito un "32 Agosto", un giorno apocalittico in cui l'astronave è esplosa e intanto l'umanità tutta è caduta sotto la minaccia degli "asterischi", sorta di spore luminose che uccidono al tocco. Nel frattempo intelligenze artificiali impazzite danno la caccia a tutto quello che si muove e terroristi cercano, con la violenza, di riadere un'ordine alle cose.
Non c'è sostanzialmente niente di tutto questo negli altri 17 episodi della serie eppure in ogni puntata ci viene fatto vedere come tutto comincia ed evolve e noi non possiamo che osservare impotentità un'umanità che va verso la distruzione (e l'autodistruzione) mentre un gruppo di ragazzine cercano di trovarsi un fidanzato o magari semplicemente superare un livello particolarmente complicato di un videogioco. L'incombere di tutto ciò che deve venire è una delle chiavi di lettura di Dededede così come l'impotenza dei personaggi che intuiscono cosa sta per succedere.
Preso da un altro punto di vista, invece, Dededede è un opera metaletteraria, o meglio, è la rilettura di alcuni trope del mondo degli anime piuttosto radicati nell'immaginario collettivo giapponese. Il fumetto di Isobeyan a cui è appassionata Kadode non è altro che una riproposizione di Doraemon e di tutto quel filone di anime che vedono dei bambini venire in possesso di oggetti prodigiosi e usarli nelle maniere più assurde. Anche in questo caso la rivisitazione è terribilmente cupa perché nella timeline alternativa che Ontan riscriverà (condannando forse l'umanità) Kadode entrando in contatto con gli alieni entra in una spirale che la porta prima a uccidere e poi a uccidersi, il tutto in un tentativo di decifrare una vita che evidentemente è carente di affetti, visto che si vedono entrambi i genitori lasciarla sola con sé stessa e con i suoi dilemmi morali, perduta.
Tutti gli intrecci di Dededede chiudono perfettamente sui suoi diciotto episodi complessivi. Lo so, l'espediente del multiverso e dei viaggi nel tempo fa sempre un po' storcere il naso, ma qui almeno è usato in maniera piuttosto sapiente e funzionale a certi temi trattati. Fate però attenzione che, sebbene narrativamente io abbia trovato l'impianto solido e completo, dal punto di vista del suo universo l'anime lascia ampissimi buchi in ciò che accade, senza darne spiegazione. C'è sicuramente almeno uno shift temporale in più rispetto a quelli narrati, c'è tutta la questione degli asterischi e delle "dita" che è solo accennata e forse c'è anche molto che andrebbe scoperto sull'origine degli alieni. Se siete di quelli che avete l'ossessione di capire tutto potete anche arrabbiarvi con Dededede oppure correre su youtube a vedervi ore e ore di spiegazioni da parte di tizio e caio. Io credo invece che queste aperture, anche loro così ben fatte, aggiungano uno strato di fascino alla storia, una serie di misteri irrisolti in un mondo che è emotivamente assurdo e che non credo siano lì perché qualcuno ne dia risposte o anche solo per suggerire eventuali seguiti, sono lì per dimostrare una volta di più che non tutto è sotto il nostro controllo, che forse sotto il nostro controllo non c'è proprio niente, nemmeno la nostra vita o il nostro ruolo di spettatore.
Dededede ha avuto una storia produttiva bizzarra. E' uscito in due film al cinema poi è stato rimesso in cantiere e con l'iniezione di dieci ore in più di girato è diventato una serie TV. Non ho fatto l'atto filologico di recuperare i film, ma dal mio punto di vista direi che non si capisce cosa sia stato aggiunto e come. In alcuni punti si rileva una qualità del disegno e dell'animazione di livello cinematografico, che è comunque sempre molto alta. Alcune scelte sono interessanti, per esempio nessuno dei personaggi dell'anime è sessualizzato come spesso (mmmmh quasi sempre accade). Kadode e Ontan, anzi, arrivano fino all'università che ancora si possono scambiare per bambine. Il disegno, in generale, mischia sia un certo tratto realistico con un tratto cartonesco caricaturiale che ricorda, per l'appunto, i Doraemon. Forse c'è una codifica che assegna a certi personaggi uno stile piuttosto che un altro, perché mi sembra difficile credere che sia stato lasciato al caso.
Per chiudere la disanima tecnica parliamo anche di una ottima opening di puro JPop, anche questa a testimoniare, come abbiamo già visto in altri casi, una timida ripresa del genere.
Come si sarà capito dalle dimensioni di questo editoriale (e non ho scritto tutto quello che ho in testa) considero Dededede un'opera enorme, che dovreste recuperare assolutamente. Se avete la giusta sensibilità fantascientifica potrebbe toccare tutte le vostre corde giuste anche se dovete mettere in conto anche una buona cifra di angoscia. Non è necessario che tutti gli anime siano così, non è necessario che siano molti, ma è bene che ogni tanto un prodotto del genere emerga, per ricordarci quanto in alto possiamo andare.
Cymon: testi, storia, site admin“Ma tu volevi solo / cuoricini, cuoricini / Pensavi solo ai cuoricini, cuoricini / Stramaledetti cuoricini, cuoricini / Che mi tolgono il gusto di sbagliare tutto / Poi mi uccidi, poi mi uccidi / Quegli occhi sono due fucili, due fucili / Che sparano sui cuoricini, cuoricini / Persino sotto alla notizia / Crolla il mondo”