Strip
serie
1094, 24/12/2022 - Natale 2022
1094
24 . 12 . 2022

Goblin natalizi

Fuori non c'è né gelo né brina, non c'è neanche un Caldo Fuori Stagione: non c'è una slitta tirata dai lupi sopra un metro di neve, e non c'è un babbo natale grigliatore in mutande su una spiaggia assolata... c'è solo un cielo grigio, normale, del colore di un antichissimo schermo a tubo catodico, una bassa nuvolaglia monocromatica che si confonde con lo smog delle ultime furibonde battaglie stradali per andare a far spese, e sembra di stare in un film in b/n con Greta Garbo (senza Greta Garbo), il suo volto evocato dalle nebbie come il fantasma di un natale passato.
Forse avete ammucchiato sotto l'albero sacchi e sacchi di denaro contante, mazzette di banconote e monete e gemme rare come se fosse passato un Goblin dei tesori di Diablo III, e avete trasformato il vostro salotto nel Reame dei Tesori, nell'Abisso d'Oro dove regna Brama, la regina dei goblin.
Forse correte coi lupi, fuori nel freddo normale e nel brutto tempo normale. Col dopobarba che sa di pioggia, ovunque stranieri, trascorrete nei non-luoghi di passaggio come aeroporti e stazioni, diretti verso posti senza legami di sangue. Circondati dai goblin nomadi di un GDR da tavolo.
O forse siete diventati goblin voi stessi: siete regrediti a una condizione meno che umana, disonorevole, annidati sul divano circondati da mezi panettoni artigianali alle pere e cioccolato, tra macchie di zabajone e nocciole ricoperte di cioccolato che sembrano caccole di coniglio. Banali fin nella tragedia, avete incarnato la Parola dell'Anno 2022 pur di non far mai nulla di originale: che schifo di parola dell'anno.

Ma noi qui siamo goblin nostro malgrado. I meno scelti tra le razze fantasy, usati come miccia per cannoni e strofinacci da pavimento in Warhammer e Warhammer 40K. Il goblin è la creatura senza qualità.
Vorremmo tanto essere non dico Elfi Tolkeniani Letterari, ma almeno orchi fatti e finiti, con una loro trucida dignità. E invece rimaniamo sempre noi stessi, ingobbiti su una tastiera meccanica che costa come un biglietto per Doha, scherniti dai giochi di luci delle lucine festive che brillano in un angolo alle nostre spalle, indifferenti. Scriviamo su un sitarello sperduto nel deserto che non legge nessuno, in una Fortezza della Solitudine che resiste da vent'anni perché nessun nemico si è preso il disturbo di assalirci.
Coltiviamo una Libreria di Steam (a cui per le feste si aggiunge una Libreria di Epic) che non abbiamo tempo di sfruttare davvero. Ci deprimiamo per i Premi di Steam 2022 perché sollevano il velo sul volto orripilante dell'umanità più meschina e animalesca (chi può essere tanto bestia da nominare Spider-Man per il miglior Stile Grafico? Ma vi si è rotta la fantasia?).

Ma abbiamo anche dei difetti. Uno è quella debolezza tipica da goblin di comperare oggetti non essenziali, e nemmeno da regalare ad altri, ma proprio da tenerci. Nel mio caso, questa debolezza si combina all'antica ossessione per Frank Frazetta. Il risultato è che stringo tra le mani The fantastic Worlds of Frank Frazetta.
Un tomo di taglia colossale tanto che deve stare esso in poltrona, e tu inginocchiato sul tappeto.
Un tomo di taglia colossale che produce un incantesimo solo ad aprirlo, magari accanto a un focherello vero o simulato, e fa ritornare bambini e spalancare la bocca per la meraviglia. Un libro che l'editore ha deciso di inserire nella categoria: “Sex”. Colori, immagini, parole, mondi fantastici. Fantasie da goblin.

Un momento così patetico, così vulnerabile, doveva essere coronato da una strip adeguata: un'illustrazione di Terra Branford, per l'occasione vestita come un regalo natalizio. L'avevo promessa quando ho fatto la sua collega Celes Chere per le festività pasquali, ed eccola qua: così, senza un perché, se non l'amore imperituro per Final Fantasy VI.

“When he was young, and he was young for a very long time, he ran with the wind, danced between raindrops to stay dry, hit baseballs so far that he laughed at their disappearance. And when he drew, the Italian Renaissance lived in his hands.He painted in smoke so soft it looked like real light, not paint.”

Lo-Rez: arte, storia, web design
24 . 12 . 2022

Un cielo stellato

Sono stato indeciso per un po' di tempo se fare o no un editoriale su Andor perché alla fine l'avrei scritto scrivendo quello che hanno già scritto tutti. Mi sono convinto perché, in un certo senso, tra le altre cose, Guerre Stellari è anche Natale. E' Natale per i suoi cieli pieni di stelle, è Natale perché su Hoth nevica, è Natale perché c'è stato un periodo (non so se sia ancora così) che Italia1 a Natale lo riproponeva sempre. Guerre Stellari, per molti, è una festa dei bambini e le feste dei bambini stanno sempre bene a Natale.

Abbiamo parlato bene di Rogue One da quando è uscito, non potete rinfacciarci nulla. Se credete che siamo qui a fare dello sterile gatekeeping tranciando via ogni progetto legato alla saga di Lucas che ci si para davanti vi state sbagliando di grosso. Rogue One era un ottimo progetto, era anche collocato bene in mezzo alla saga, funzionava. Ci riconciliò col mondo Star Wars nel cuore della campagna dell'odio e in qualche modo ci ha aiutato a tirare avanti. Da allora sotto i ponti è passata molta acqua, la campagna dell'odio, nata sul più puro scintillante pregiudizio ha visto avverarsi le sue più terribili paure e, in coda a questo, Disney ha deciso di perpetrare nuovi sacrilegi, continuando a spremere e spremere dall'universo di Star Wars nuovi rivoletti di soldi al costo di progetti discutibili. Non ho mai messo gli occhi su nessuno di questi progetti, non mi sono lasciato mai sedurre, i loro intenti erano troppo chiari perché mi lasciassi fregare, mi passava tutto davanti senza che mi sorgesse mai una voglia, promettessero scontri con Darth Vader, spiegazioni di punti oscuri di trama inesistenti o creature pucciose,
Non mi aspettavo niente di diverso da Andor, ma nelle grandi produzioni accade ogni tanto che si vengano a creare delle sacche creative, delle specie di giardini chiusi impermeabili ai grandi movimenti di soldi e popolarità, dove la gente continua semplicemente tutti i giorni a fare quello che sa fare, seguendo la sua idea e proteggendola da ingerenze esterne. Ecco quindi che Andor discende direttamente da Rogue One non solo come personaggi, ma anche come filosofia creativa. A questo aggiunge un'abilità non da poco nel costruire una serie TV, costruire una serie TV, una roba che ormai, nei tempi moderni, nessuno fa realmente mai.

In Andor non c'è praticamente nemmeno un easter egg, un riferimento, un ammiccamento. Persino i costumi appartengono, volutamente, a dei reparti di poco conto dell'Impero e delle varie fazioni coinvolte. Ci sono giusto un paio di scene accessorie con Saw Gerrera che non interessano a nessuno e addirittura potrebbero essere funzionali per la trama futura. Invece, di contro, c'è una storia, intesa come una linea che va da un punto A a un B e non solo questa storia, vista dall'alto, è compatta, ma riesce anche a dire qualcosa di interessante sull'universo di Star Wars e riesce a delinearsi sfruttando quattro ambienti e situazioni completamente differenti, il che non solo è piuttosto ardito, ma anche credo, piuttosto costoso. Eppure, ecco, visto tutto, ognuno di questi aspetti funziona, a dimostrazione che non si tratta mai di seguire il manualetto precotto di come si fa una serie TV di successo per fare qualcosa di bello, si tratta sempre di avere un'idea e mettersi lì a realizzarla bene.
Andor non è fatta di episodi particolarmente lunghi, non si arriva mai alla martellata sulle palle che sono l'ora e dieci a cui si sta abituando Amazon, ma al di là della sua lunghezza non stanca mai, ogni volta sono arrivato in fondo all'episodio facendomi cogliere di sorpresa dal fatto che finisse, a dimostrazione che il tempo era volato. L'esatto contrario di quando guardo tanti altri prodotti e nel momento in cui controllo, sfinito, la barretta dell'avanzamento, mi accorgo che l'episodio in corso è più o meno a metà.

Un po' di tempo fa, parlando proprio di un'altra serie dell'universo Star Wars, ci chiedevamo dove fosse la cura alla terribile piaga che infetta i nostri schermi da ormai troppo tempo. Ecco, il problema è che no, Andor non è la cura, perché alla fine tutta la sua capacità produttiva è affondata dentro l'universo di Star Wars e sebbene un fan antico e arcigno come me ha avuto il battito accelerato, in certi punti, a ripensare come certe cose vanno a comporsi nella saga originale, il fatto che ancora siamo qui a sfruttare il racconto solo per scavare in universi pre-esistenti dal fato sempre più corto non ci porterà da nessuna parte. Pensate cosa potrebbe fare il gruppo dietro un prodotto come Andor se gli venisse concesso di dedicarsi a qualcosa che riguardi un universo completamente originale, magari un universo a cui concedere il beneficio del dubbio di poter diventare qualcosa, di aprire un nuovo angolo di immaginario. Quello sarebbe la cura, quello è ciò di cui abbiamo bisogno oggi. Eppure siamo ancora ben lontani dal vederlo.

In other news ho visto anche Maverick, la nuova iterazione di Top Gun. C'è poco da dire, a parte che è difficile fare un film sul tempo che passa quando il tuo protagonista ha ancora la faccia da ragazzino e si rifiuta per contratto di ammettere di essere vecchio. Rimane il fatto che la cinematografia anni 80 è una calda coperta che ti avvolge e ti rassicura che andrà sempre tutto bene e che il mondo è ancora pieno di eroi. E fa bene a fare così.

“I d-d-don’t want to be alone. I want M-M-Maarva.”

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