Egyptian Queen
Se vi siete scandalizzati un paio di settimane fa per il linguaggio scurrile della strip, inorridite ora! Perfino il Diabolico Direttore, che di queste cose se ne intende, è messo a disagio dalle volgarità profferite da Gödel... del resto, se avete mai avuto a che fare con l'informatica, sapete bene a quanta frustrazione è sottoposto l'utente durante la tipica sessione di lavoro.
Spesso gridare insulti impronunciabili verso lo schermo è l'unico sfogo che ci resta: pensate se lo schermo ci rispondesse per le rime, una volta tanto!
Questa settimana è morto Frank Frazetta (09/02/1928 - 10/05/2010). Frank Frazetta ha disegnato le illustrazioni di copertina più grandiose che si siano mai viste nella storia delle copertine, e ogni sua opera suscita in me, inspiegabilmente, una passione talmente intensa che ora, nella malinconia del lutto, posso passare ore a fissarle e a commuovermi e a perdermi in quegli universi semplici e perfetti... guerrieri muscolosi e femmine inermi ai loro piedi, mostri idioti e feroci, pistole a raggi e asce da battaglia, castelli e pianeti, scimmioni e grossi felini in catene.
La strip di questa domenica su Multiplayer.it è dedicata a lui, ma non è la prima volta che mi ispiro al buon vecchio Frazetta: l'illustrazione delle vacanze estive 2009, tanto per dire, l'ho copiata senza vergogna da un suo quadro. Vorrei anzi celebrarlo molto di più, ma ultimamente disegno soltanto lo stretto indispensabile per questo fumetto. Rimedieremo.
Frazetta aveva concluso la sua carriera già da vent'anni, da quando la malattia gli ha impedito di mantenersi ai livelli dei tempi d'oro, e da allora la sua vita è stato un lento decadimento: ma io non conoscevo lui, io conosco solo l'artista, e quello è diventato Immortale intorno agli anni '60. Non c'è malattia per l'artista, non c'è decadimento che può toccare i corpi perfetti dei guerrieri e delle loro femmine: niente può intaccare la loro gloria eterna. Almeno quella.
E adesso quando guardo “Egyptian Queen”, quando fisso quello sguardo che FF diceva di aver dipinto e cancellato per quattro giorni interi, sempre insoddisfatto, finché una notte all'improvviso non si è svegliato e in due colpi di pennello ha creato il mito eterno della Regina Egiziana più sexy e misteriosa della storia, quando fisso queste opere da milioni di dollari sbattute su giornaletti da 5 cent per adolescenti sfigati, nerd e arrapati, che perdevano la testa dietro a femmine fantasy piuttosto che alle ragazze della Vita Reale™, mi ritrovo gli occhi lucidi.
Nessuno al mondo sapeva disegnare donne nude come faceva Frank.
Risveglio
Si, sono in ritardo. Mi risulta tutt'oggi difficile gestire il venerdì sera e quando ritardo io, oltretutto, gli effetti sono macroscopici. Avendo in mano le chiavi dell'aggiornamento, se io manco salta tutta la puntata, non solo l'editoriale. Che ci crediate o no, però, anche il ritardo è in tema con l'argomento del giorno.
Non ero sicuro di voler scrivere un editoriale su Alan Wake, almeno non ero sicuro di voler scrivere un editoriale oggi, che è uscito e che è sulla bocca di tutti. Il buon Alan ha colpito la mia immaginazione, inutile negarlo. Ha già avuto almeno un editoriale e almeno una strip (di quelle polemiche, quelle che mi rimangono più care), poi però lo ho un po' perso di vista e come in tutte le infatuazioni (ben diverse dal Vero Amore) questo ha spento il mio interesse per lui quindi arrivo a oggi abbastanza freddo (e inquieto... questa frase non andrebbe usato con un videogioco il cui titolo è anche il nome proprio di un maschio).
Ovviamente quando parlo di qualcosa che mi colpisce non parlo quasi mai (ormai) del gioco in sé, ma della sua storia editoriale che spesso, per quanto mi riguarda, è interessante quanto il videogioco. E altrettanto spesso ciò rende questi editoriali assolutamente privi di attrazione per il videogiocatore medio.
Alan Wake nasce da uno degli esperimenti cinevideoludici più riusciti di sempre, ovvero Max Payne. Cinevideoludici perchè il gioco ha raggiunto il grado di capolavoro non secondo i parametri di un gioco, visto che dopotutto era solo un action adventure classico, ma secondo parametri quali i dialoghi, la spettacolarità, la resa delle scene. Il nuovo titolo Remedy doveva fare lo stesso, un'eredità pesantissima, considerando che non è roba copiabile come può essere il gameplay immediato o la grafica fotorealistica.
Ma Alan Wake ha anche vissuto la tipica storia editoriale del gioco mai pronto e sempre lì lì per uscire, con l'aggravante che spesso si sceglieva il silenzio per colmare l'attesa. E' un gioco di cui ci sono state per lungo tempo solo alcune affascinanti foto di panorami e qualche primo piano e la cui descrizione era sempre la solita mezza cartellina su Stephen King e l'orrore. Trascinandosi negli anni ha perso la versione PC (quando invece forse era quella che avrebbe trovato il mercato più compiacente, per quanto povero) e ha finito con lo staccarsi dal mito di Max. Fuori dalla sua luce è divenuto progressivamente sempre più un gioco qualunque e se provate a scorrerne le descrizioni e le vicende ora vi accorgerete che più che essere l'innovativo nuovo film per videogiocatori è solo un cuginetto degli ultimi Alone in the Dark, magari più curato, magari scritto meglio, ma in realtà un gioco qualunque, anonimo, cosa che ovviamente stride con l'attesa sopportata.
A posteriori, senza più essere abbacinati dal hype possiamo credere che la scelta sbagliata, a monte, sia stata proprio quella di entrare nel solco degli horror. I giochi legati a questo tipo di storie già di per sé hanno una maggior cura in ambientazione, atmosfera e regia, la hanno dai tempi del primo Resident Evil. Difficile quindi credere di poter fare il meglio del meglio e primeggiare sul resto del pianeta. Con Max Payne la musica era stata ben diversa, lo stilema hard boiled era praticamente vergine, quantomeno parlando di Action Adventure e difficilmente si poteva ricadere nel già visto.
Eppure qualcosa di inquietante c'è, qualcosa di strisciante. Sono andato a riprendere il mio vecchio editoriale e a leggere come mai ero così entusiasta. Mi sono trovato davanti a un gioco diverso, profondamente, un gioco che effettivamente aveva del potenziale innovativo. Avevo frainteso io quello che se ne diceva? Ci stavano ingannando i Remedy? O forse il tempo, col suo scorrere, ha corrotto il coraggio e l'innovazione e ha appiattito un progetto ambizioso? Non lo sapremo mai, ci hanno veramente dato troppi pochi indizi in questi anni per capire se c'è stata un evoluzione (involuzione) del prodotto o solo un'abile campagna di marketing. Quello che è certo è che allora mi aspettavo un film interattivo e oggi abbiamo in ogni caso un gioco qualunque. C'è da riflettere anche su questo.
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