Cosa c'è che non va
Siamo passati dal sole alto fin dopo cena all'autunno bigio sferzante di pioggia: mi pare che ci sia un detto da vecchi per descrivere questa situazione... ma noi qui siamo giovani, super-giovani! E dobbiamo parlare dei giochini che fanno bip-bop che ci piacciono tanto.
Mica abbiamo tempo per le riunioni accidentali come quelle che coinvolgono Neo nella strip odierna
L'editoriale scorso era la Vigilia della famigerata Presentazione di Novanta Minuti™ di Kojima al Tokyo Game Show. Alla fine si son degnati di tradurre i sottotitoli, e il frullatore internettiano ha rigurgitato brandelli di informazione, non necessariamente quelli più salienti (ché per fare una cernita sensata bisognerebbe avere una testa pensante, e darsi un po' di tempo per riflettere prima di pubblicare, e queste sono le due grandi mancanze della nostra epoca).
Ad esempio è stata presentata la Canzone dei Titoli di Coda (“una delle”, considerato che i titoli di coda di Death Stranding si ripetevano tre volte e duravano un paio di orette piene): è una roba di un tizio giapponese che mi piace molto meno dei fantastici CHVRCHES che cantavano l'eponima “Death Stranding” nel primo titolo.
Ma tutto il resto... oh, sì! Tutto il resto convince e ci lascia ancora una volta stupefatti al cospetto del genio e dell'inventiva del Maestro.
Delle giacche abbiamo già parlato.
Ma potremmo parlare del fatto che il personaggio di Elle Fanning si chiama Tomorrow (!), il che è un indizio non troppo sottile che ci riconduce con la memoria all'immagine copertina di Death Stranding, con lo slogan “Tomorrow is in your hands” e Sam che tiene tra le mani, ehm... il piccolo BB?!
Kojima, vecchio volpone!
O potremmo parlare, a seconda della nostra sensibilità personale, di ciascun singolo fotogramma che è stato mostrato (pochissimi, in verità!). Ad esempio un Photo Mode che, invece di essere la solita banalità presente per forza in tutti i giochi, è stato completamente rivoluzionato e trasformato in una vera e propria sessione di fotografia, con Sam che scatta foto con una Polaroid alle tre ragazze in posa, che si muovono continuamente. Il flash violento e l'asciugatura chimica della Polaroid sono perfettamente riprodotte da questo motore grafico mostruoso, che si colloca ai vertici assoluti della tecnologia videoludica. Per non parlare delle animazioni delle protagoniste.
Pare che le foto che facciamo avranno delle misteriosissime ripercussioni di gameplay.
E insomma ci dà più da sognare qualche secondo di Death Stranding 2 ripreso da uno schermo su un palco, piuttosto che l'intero magnum opus di Ubisoft, quell'Assassins Creed con i Ninja e i Samurai 2024 che, a quanto pare, fa così schifo che Ubisoft stessa lo ha fatto diventare Assassin's Creed 2025.
C'è voluto il totale tracollo delle azioni in borsa, per spingere la nostra casa editrice del cuore (?) a prendersi un po' di tempo per rifinire magari un po' meglio il suo gioco di punta.
Prima di darlo in pasto ai maiali, come al solito.
Perché il maiale, si sa, è un animale straordinario che mangia qualsiasi cosa gli si pone davanti.
Ecco, i giochi Ubisoft degli ultimi 15 anni hanno fatto passare la voglia di mangiare persino al maiale.
O comunque gli hanno instillato un po' di sana diffidenza: ricordiamoci che solo un mesetto fa Ubisoft vendeva a CENTODIECI EURO l'edizione completa di Star Wars Outlaws con la possibilità di giocare in accesso anticipato di una settimana... se non che, a causa di un bug i progressi di quella settimana sono stati cancellati. A farlo apposta, uno non sarebbe riuscito a costruire una beffa più crudele di questa!
Un paio di settimane fa ci siamo lanciati in una minima e superficialissima analisi dell'industria videoludica attuale. Ci sono stati casi di successo che ci riscaldano il cuore, altri casi di successo che ci fanno impazzire di rabbia bavosa, ma ci interessano sempre di più gli insuccessi, perché siamo cattivi.
E dunque mi devo soffermare ancora un istante sul declino di Ubisoft. Ho già riassunto poco tempo fa i nostri sentimenti nei confronti di questo editore che amiamo odiare da una quindicina d'anni. Ora pare che anche il grande pubblico si sia accorto che qualcosa non va, e le vendite cominciano a risentirne, e di conseguenza Ubisoft stessa ha dovuto prenderne atto.
Cosa c'è che non va? C'è che chiunque abbia giocato un qualsiasi singolo gioco Ubisoft negli ultimi due decenni, dopo aver visto l'orrido gameplay di Assassin's Creed Shadows poteva chiudere gli occhi e immaginarsi con assoluta precisione CENTOCINQUANTA ORE di gioco.
(Centocinquanta pallosissime ore di gioco, ça va sans dire.)
Questo è un problema. Ed è un problema il fatto che in questi due decenni non c'è stato un solo centimetro di progresso, né di design (il cielo non voglia!!!) né tecnologico (i bambù tagliati che svaniscono lampeggiando come i funghetti in Super Mario Bros nel 1985).
Non parliamo poi di una trama o di una sceneggiatura o di una storia: l'abuso commerciale ha ridotto questi gioconi a contenitori vuoti; e hanno provato allora a riempirli con le bubbole sulla Colpa dei Bianchi Occidentali che vanno di moda a Hollywood negli ultimi anni, ma anche nel far questo sono stati talmenti incompetenti che in AC Valhalla hanno finito con lo scrivere inavvertitamente un'apologia del nazismo (!!!). Dovevano sbattervi tutti in galera, Ubisoft maledetta, altro che lasciarvi fare un altro gioco!
Meno male che i maiali mangiano tutto con grande golosità, ma non si soffermano più di tanto a riflettere sulle implicazioni di quello che stanno guardando. E dunque, poco danno.
E allora vedi, Ubisoft del mio cuore, che noi qui siamo in fondo quelli che ti hanno voluto più bene. Voce che grida nel deserto, abbiamo tentato per quattordici anni di avvertirti che qualcosa non andava.
Hai avuto tanto tempo per correggere la rotta, ma l'orgoglio (francese) ti ha accecato, ed ora eccoti qui a un passo dal baratro.
Oggi come oggi non servi a nessuno, e sei soltanto un danno per il medium videoludico. Ma continuo a sperare che ti riprenderai e farai ancora cose belle: se non è amore questo.
Dovete mangiare i piselli
La notizia che ha scosso il mondo dell'intrattenimento questa settimana e ha scosso soprattutto me è questa ovvero il fatto che l'industria dell'intrattenimento sta cercando di attrezzarsi contro l'utenza tossica dell'internet approntando dei focus group che gli indichino le parti a cui i social justice warriors possono aggrapparsi per far affondare un progetto così da intervenire e scongiurare il problema. Questo perché l'industria dell'intrattenimento è convinta che il problema sia quando gli utenti appartenenti alle frange disagiate dell'internet si arrabbiano e non il fatto che usualmente il livello di qualità della scrittura e realizzazione dei loro prodotti è sotto gli standard della decenza. Costa meno, insomma, riunire un gruppo di tiktoker ipersensibili e instagrammer integralisti che trovare qualcuno che sappia fare un lavoro vero, tipo quello dello sceneggiatore.
(oh dear, Cymon è in completo ranting, l'internet finirà per offend... no aspè, l'internet non sa che esistiamo. Che benessere.)
Potete trovare in rete un sacco di commenti su questa scelta, ma quello che sicuramente è più interessante è che questo ruolo di censori verrà affidato a quelli che vengono definiti "superfan" che poi è un altro termine per rappresentare "la base", "il fandom", "quelli che ci tengon", "noi". E' questo esattamente il worst case scenario eppure per esserne consapevoli bisogna avere una certa maturità, anche come pubblico, una maturità che ti da una interessante visione dei decenni passati, in retrospettiva.
Tutte le opere d'intrattenimento che oggi sono considerati miti inviolabili hanno sempre frustrato i fan, scientemente, non gli hanno mai dato quello che volevano. Guerre Stellari (intesa come la trilogia originale, quella che si chiama Guerre Stellari) avrebbe dovuto darci, nelle logiche dei fan, uno scontro finale tra Darth Vader e Luke Skywalker in cui quest'ultimo si ergesse come super-jedi e facesse il cattivo a pezzi. E' questa la naturale idea di soddisfazione che hanno i fan. Lucas invece ha complicato tutto con l'inserimento dell'imperatore, ha depotenziato lo scontro tra Luke e Vader e alla fine lo ha trasformato in un momento di redenzione e riconciliazione che finisce come tutti sappiamo che finisce. Si ok, hanno detto i fan, molto bello, ma ci è rimasto quel qualcosina, qui sul fondo dello stomaco: noi volevamo più spade laser, più duelli, più persone che si scontrano!
Tra gli anni 70 e gli anni 90 abbiamo il culmine del cinema d'intrattenimento, diciamo, mitopoietico, quello cioè che ha costruito tutte le leggende che tutt'oggi sono al centro del nostro immaginario: Alien, Terminator, Ritorno al Futuro, ma anche grandi leggede del piccolo schermo come Supercar, Hazzard, A-Team. Se ci pensate in retrospettiva tutti questi brand, al loro culmine, hanno mancato di darci l'esplosione finale, la soddisfazione definitiva, avevano tutti un quid prezioso, qualcosa che ci piaceva veramente tanto eppure stentavano a darcelo in abbondanza, tutti, a un certo punto si tiravano indietro.
I superfan dei focus group di cui sopra, sicuramente verrebbero a spiegarvi che questa specie di limitatore che avevano addosso le produzioni del tempo era dovuto a problemi tecnici che gli impedivano di mostrare più di quello che hanno realizzato. Tutto quello che voleva il fandom era certamente presente nelle sceneggiature originali, ma con grande rammarico veniva tagliato per ragioni di costi, perché non avevano la CG, perché si rompevano le balle di intagliare cinquecentomila modellini di astronave nella balsa, perché non c'era l'IA.
Tutte grandissime balle, signori.
Le produzioni dell'epoca d'oro non ci hanno dato tutto quello che chiedevamo perché il pubblico di allora come il pubblico di adesso è formato da una massa di stracazzo di bambini e anche se il bambino ti dice che vuole il gelato a pranzo e a cena se tu hai un briciolo di maturità non gli dai gelato a pranzo e a cena. Il bambino deve mangiare i piselli.
La frustrazione che provavamo all'epoca (e che ci siamo portati dietro per anni) era una frustrazione sana e legittima, da innamorati, la frustrazione di avere avuto qualcosa di bello e vivere nel miraggio che bisognerebbe avere illimitate quantità di cose belle, senza morigeratezza. E' qualcosa di fisiologico, inarrestabile, infantile perché in certi contesti non usciamo mai dalla nostra fase infantile, ma così legato strettamente all'entusiasmo e all'amore che non si può stigmatizzare. C'è, è fisiologico.
Questo freno che ci impediva di nuotare nel gelato è stato nei decenni così tangibile che, tra le altre cose, è stato l'humus su cui è tanto il mondo delle fanfiction, ovvero quel luogo dove ti prendevi tutto ciò che i tuoi genitori non ti avevano dato, anche esagerando, anche dimenticando alcuni basilari principi della narrazione e della messa in scena. Va bene. E' giusto così. Per questo le fanfiction, in molti casi, sono da considerare come un genere a sé. Non tanto perché il materiale di partenza che usano è stato creato da altri, ma proprio perché giocano con i desideri e le frustrazioni del pubblico, più che col desiderio di narrativa, quindi si comportano spesso in maniera diversa da come si comporta una storia propriamente detta, anche qui perché è la sua stessa natura a portarlo in altre direzioni.
Quando un bambino fa i capricci, ma è in presenza di genitori coscienziosi non c'è un reale problema. Il bambino smetterà di fare i capricci, il genitore gli darà quello che va bene per lui, il bambino voltandosi indietro, una volta adulto, accetterà che le cose sono andate esattamente come era meglio andassero. Questo è quello che oggi pensiamo di tutte quelle opere che ci hanno frustrato in passato: che sono perfette così, sono perfette anche per quello che non ci hanno dato. Siamo cresciuti forti e sani perché abbiamo mangiato sempre tutti i piselli. E poi si, proprio perché abbiamo mangiato i piselli, ci hanno dato anche il gelato.
Ma oggi ci troviamo nell'età oscura.
Il bambino è diventato ancora più grande e urla ancora più forte, internet è diventato un gigantesco asilo con poche maestre in cui tutti i bambini sono ammassati e appena uno comincia a piangere una dozzina gli vanno a dietro unicamente perché il piacere di sostenerlo, così che quando smette uno comincia un altro e poi un altro ancora in una catena ininterrotta di frignamenti. Posso fare del male i bambini? Non agli adulti, se gli adulti continuassero a fare il loro lavoro e a farlo in un contesto sano, che lo rispettasse, potrebbero andare avanti. Non farebbero smettere di piangere i bambini, ma gli farebbero comunque bene. Invece no, quello che l'industria ha deciso, oggi, è che bisogna dare ascolto ai bambini e allora invece di dargli una nutrizione corretta bisogna sommergerli di gelato finché la dolcezza stucchevole del caramello non sarà tale da avergli intorpidito la lingua, saranno diventati tutti grassi, lenti e stupidi e non saranno più capaci di distinguere un sapore da un altro.
Questo è quello che vediamo oggi e lo vediamo espresso in una maniera così capillare da far paura. The Acolyte è fallito perché è il settantaduesimo progetto legato a Star Wars in cui gli easter egg e le rivelazioni clamorose sul mondo di Star Wars sono più importanti di narrare una storia, gli Anelli del Potere è fallito perché oltre a essere stati completamente irrispettosi nei confronti del materiale letterario di partenza si è costruito un gigantesco affresco con sessanta trame parallele senza avere la minima idea di dove dovrebbero andare a parare. Questi sono i problemi delle serie TV moderne e basterebbe essere adulti, per accorgersene. Invece no, l'importante oggi è dare retta ai bambini.
Non ne uscirà granché di buono.
Uff. Sfogo concluso. In realtà avrei voluto usare questo editoriale per parlare di Prince of Persia. In occasione del suo trentacinquesimo anniversario hanno voluto dedicargli tutti un pensiero e dicerto avrei trovato bello farlo anch'io. Facciamogli comunque gli auguri, magari che il regalo (bah) di un editoriale a riguardo gli arrivi settimana prossima, siamo abbastanza sicuri che i saltellanti principi da mille e una notte non si formalizzano tanto riguardo le date.
Voi invece statemi bene. E mangiate tutti i piselli
Cymon: testi, storia, site admin“Certe volte si è contenti di essere vivi, ma non esattamente entusiasti” - Sportswriter, Richard Ford