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451, 20/02/2010 - Amicizia su Facebook
451
20 . 02 . 2010

Digital Rights Management

Clara PR è un'inesauribile fonte di ispirazione per le strip della nostra serie Jobs. Possiamo affidare a lei tutte le più spregevoli meschinità, tanto lei non si lamenta. E intanto le sue amicizie su Facebook lievitano a cifre astronomiche... dipenderà anche dalla foto?
Nonostante tutto però non riesco a disprezzare chi è invischiato nel settore delle Pubbliche Relazioni, in particolare nell'industria videoludica... sono poveri stracci umani, in fondo, costretti a sopprimere qualunque traccia di umanità quando trattano con il prossimo; sono mentitori di professione, odiati e disprezzati e derisi.

Come mai ce l'ho con le Pubbliche Relazioni? A dire il vero non è una novità, ma stavolta ho una ragione in più per agitare la mia manina pacioccosa contro di loro: la sporca faccenda di Ubisoft e il DRM.
Non è mi abitudine salire in cattedra e riempire questa colonna con invettive e proteste rivolte alle politiche degli editori videoludici... ci sono quasi 9 anni di archivio a dimostrarlo. O meglio, spesso e volentieri mi arrabbio contro l'Industria, ma per ragioni tutte mie, che le grandi masse non condividono e non comprendono (ad esempio, voglio più giochi 2D, e copertine con un design migliore).
Piccole ossessioni personali, insomma.
Ma stavolta è diverso.
Stavolta mi trovo unito a milioni di videogiocatori indignati, e partecipo alla sollevazione popolare causata dalla recente decisione di Ubisoft di includere una forma di DRM estremamente molesta nei suoi prossimi giochi. Il guaio, vedete, è che quei giochi mi piacciono. Stiamo parlando di Assassin's Creed II e Splinter Cell Conviction. Oh, se mi piacciono.
Mi piacciono, e li avrei comprati. Ma quando, per poter usufruire comodamente del gioco che ho legittimamente comprato per denaro, mi trovo costretto ad usare un dannato crack, violando la legge ed esponendomi al rischio di scaricare .exe di dubbia provenienza... ebbene, Ubisoft, significa che tu hai fatto uno sbaglio.
Mi sono quasi adattato all'idea di prendere in affitto le mie opere multimediali, senza possederle davvero, sempre ostaggio della Casa Editrice che può in qualunque momento togliermi il diritto di fruirne. Potrei forse quasi accettare questo sopruso contro natura, quando il prezzo è quello di un affitto, non di un acquisto intero. Ma quando il tuo gioco costa 49.99 euro, Ubisoft, e io lo compro in negozio dentro una scatola, ebbene Ubisoft io mi aspetto che la mia copia del gioco sia di mia proprietà. Mi sottometto al tuo contratto, e faccio giuramento di tenermela per me senza distribuirla in giro. Ma è mia. È il mio tesssoro. E una volta che hai avuto i miei soldi, Ubisoft, non puoi più riprendertela indietro.

Assassin's Creed II è il primo titolo contaminato da questa malattia, e perfino il giornalismo videoludico ha avuto qualcosa da ridire sulle misure di protezione. Pur essendo esclusivamente single-player, infatti, AC2 richiede una connessione a internet costante e ininterrotta durante ogni istante di gioco.
Ora, io sono seduto su una banda piuttosto affidabile, e mi ritrovo raramente abbandonato dall'ADSL... però sorrido pensando a Cymon, qua di fianco, che invece vive nel terrore costante della perdita di connettività, e ogni notte di luna piena sacrifica piccoli animali alla dea Alice, per propiziarsi il suo favore. Soltanto la settimana scorsa il povero Cymon si lamentava della connessione a singhiozzo: è giusto che uno nella sua situazione non possa giocare ad un gioco single-player, soltanto perché il gioco fa i capricci e vuole una connessione a internet che non gli serve affatto. Eh? Eh? E meno male che Cymon sa che AC2 ha questi requisiti... ma tutti quei poveri bimbiminkia sbavanti là fuori? Che brutta sorpresa quando il gioco che hanno appena comprato si rifiuterà di partire perché il server oggi è in manutenzione, o quando dopo aver sconfitto il boss saranno sbattuti fuori dal gioco di botto, senza la possibilità di salvare, perché il gatto ha inciampato nel cavo di rete.
Per difendere una decisione del genere, da parte di Ubisoft, ci voleva davvero un'arte da PR estremamente raffinata, ed infatti prontamente le voci ufficiali si sono fatte sentire, recitando risposte preparate attentamente parola per parola dal reparto legale. Bisogna leggere queste risposte per farsi due risate. In sostanza Ubisoft si sente sicura di agire per il nostro bene, e queste nuove misure sono indispensabili per fornirci numerosi servizi aggiuntivi. Servizi come, ehm, la possiblità di giocare senza tenere il disco nel PC, o di reinstallarlo a piacimento. Come dire che grazie a questo nuovo sistema di DRM, non sono più necessari i sistemi di DRM precedenti. Santo cielo, grazie, Ubisoft!

Spesso su queste colonne abbiamo parlato di giochi vecchi, giochi che i nostri antenati giocavano nelle caverne. Cymon si è entusiasmato nella riscoperta di un antico amore, The Ripper, un gioco che risale a 14 anni fa.
Ubisoft ha sguinzagliato i suoi PR dai sorrisi smaglianti per assicurarci che anche loro amano i giochi PC, e hanno tutta l'intenzione di tenere accesi i server da cui dipende la vita di Assassin's Creed II per gli anni a venire. Quanti anni? Mah. E se cambiassero idea, io pagando il denaro dovuto ho sottoscritto un contratto, ma dov'è il contratto che vincola loro? E se Ubisoft finisce a gambe all'aria, cosa che in molti in questo momento le stanno augurando, avrà il buon cuore di rimuovere dai suoi giochi quel male oscuro che li tiene appesi a un filo? O piuttosto avrà altro a cui pensare?
Non so se tra 14 anni qualcuno potrà provare la gioia di rispolverare un antico classico come AC2, e giocarci ancora legalmente. Perché tutto in fondo si riduce a questo. Queste misure istigano alla delinquenza, non servono a difendere la legalità: ma a te non è mai importato davvero della legalità, Ubisoft. Quel che rode la tua anima nera non è la pirateria, è un altro male inconfessato e segreto: è il mercato dell'usato.
I mille milioni di miliardi che, dici tu, la pirateria ti sottrae non sono mai esistiti, sono un esercizio intellettuale: ma l'usato sì, che muove montagne d'oro e fa ricche le catene di negozi come Gamestop. È quell'oro che tu vuoi reclamare.

Lo-Rez: arte, storia, web design
20 . 02 . 2010

Building web: alcolisti anonimi (2)

Riassunto della puntata precedente di Building Web: è partito Apache. Dove è andato?

Quando eravate sul vostro computer locale e sviluppavate avevate un tastino (o uno script) carinissimo. Bastava pigiarlo (o lanciarlo) ed ecco come per magia la possibilità di vedere il vostro sito internet su un browser, come se fosse un sito vero! Bhe, nel mondo reale, altrimenti detto ambiente di produzione, le cose non vanno esattamente così.
Apache è un commesso a uno sportello. Se qualcuno gli si avvicina "serve" pagine. Checche ne diciate non fa nient'altro, il grosso della fatica la farà sempre il vostro codice quindi potreste pensare che non ha bisogno di attenzioni. Un pochino invece ne dovrete avere, nei due fronti a disposizione: quello verso il cuore del vostro sito e quello verso la Grande Rete.
Innanzitutto verso la grande rete: come si arriva al vostro sito? Chi ci arriva? Come? Perché? Quanti siete? La birra la porti tu? Vi fermate a dormire? Pochi punti da fissare subito. Apache può fare molto per voi, tipo anche gestire più domini, fermare gli estranei, evitare giri inutili. Ma dovete avere ben chiaro chi siete e cosa volete fare, soprattutto in questo contesto.
Sul fronte interno delle applicazioni devo naturalmente ricordarvi che vi siete affidati a Catalyst quindi le decisioni da prendere in questo contesto dipendono da ciò. Innanzitutto diciamo che Catalyst è figo (ovviamente), ma ha bisogno come tutti di un'ottimizzatina al motore, considerate che il WWW è una brutta bestia. A livello Apache questa ottimizzatina si realizza con un apposito plugin che predispone il server a usare il vostro codice al meglio. Ci sono molte soluzioni, mod_perl era molto diffuso ai tempi degli unni, ma FastCGI è qualcosa di cui di questi tempi si parla con più entusiasmo, è più versatile (non riguarda solo perl) e svolge bene il suo lavoro. Dovete vedere plugin come questo come... uhmm.. una equip epic del vostro server, un power-up, un funghetto rosso, un componente di Jeeg Robot. Montato questo oggetto quello che vi rimarrà sarà sostanzialmente solo agganciargli il vostro software. Catalyst mette a disposizione uno spinotto apposta per cui anche questo aggancio potrebbe risultarvi facile, il tutto si ridurrà probabilmente a taaaanto copincolla di stagione.
Vi direte che abbiamo finito. L'ho fatta tanto lunga e invece ecco fatto, una gugolata lì, quattro righe copiate là, una modifica suppergiù. Adesso pigio qui e...
CINQUECENTO!
Questa è Spaaaaaaaaaaarta!
No, quelli erano 200 in meno... un sistemista deve sempre essere pronto alla rifinitura. Se anche avete seguito i manuali in ogni loro dettaglio qualcosa si metterà tra voi e il funzionamento del sistema. Non dovete prendervela, non dovete nemmeno sentirvi in difetto, questo è lo stato delle cose, uno step necessario per chiudere le vostre attività. Voi farete un primo avvio e questo primo avvio andrà in 500, che è l'urlo di dolore di Apache che vi comunicherà che qualcosa, dietro le quinte, ha preso fuoco appena avete inserito l'url per vedere il vostro sito. Visto che Apache è un grigio impiegato delle poste piuttosto preciso oltre a farsi prendere dal panico si prenderà anche la briga di segnarsi giù le caratteristiche del problema. Bhe, lo farà in modo un po' vago, quindi non è detto che basti leggere i suoi appunti per venirne fuori, ma sempre meglio che affidarsi ai tarocchi.
In un sistema Catalysta cosa può andar male? Innanzitutto ci sono le librerie Perl. Perl ha tante buone caratteristiche, tra cui non è compresa la compattezza del suo apparato di librerie. Se il sito non parte controllate subito se non avete installato qualcosa, se questo qualcosa è in conflitto con qualcos'altro, se questo qualcosa va upgradato o downgradato per farlo sentire a suo agio.
Il secondo imputato più probabile di errori riguarda i permessi. Come sapete i sistemi *NIX hanno un sistema di permessi strutturato e rigoroso, cosa che rende facile gestire gli accessi, ma che deve essere anche tenuto in considerazione sempre e comunque. Il vostro webserver, anche se è vostro, probabilmente avrà un utente tutto suo quindi pretenderà che i vostri file, il vostro codice, i posti dove magari andrete addirittura a scrivere siano simpatici a questo utente, altrimenti sarà il vostro sistema stesso a rigettare l'applicazione che state cercando di far girare.
Un terzo tipico intoppo in cui si capita riguarda le differenze tra l'ambiente di sviluppo e quello di produzione. Non sono uguali, lo sappiamo tutti e due, in realtà non devono proprio esserlo, ma non sempre ci si ricorda in cosa differiscono. Quindi è spesso un giochino da settimana enigmistica scoprire cosa cambia passando da un sistema all'altro. Io personalmente, proprio per questo motivo, dedico un po' di tempo a pacchettizzare come si deve quello che produco e a scrivere opportuni script di deploy che lo mettono online. In questo modo ogni volta che correggo un problema dato dalle variazioni di ambiente so che quel problema sarà corretto per sempre perchè verrà gestito ogni volta, grazie, allo script. In realtà questo mi dà fama di particolarmente pignolo, ma vi assicuro che così mi basta lanciare un paio di comandi per aggiornare o rilasciare modifiche.
Quando ogni tipo di problema sarà gestito (possibilmente anche gli stupidi warning) allora potrete dire di aver varato il vostro sito con successo.
Building Web smette di annoiarvi anche questa settimana. Anche l'editoriale chiude. E' un momento un po' così, quindi non fate caso alle mie sudate carte. O fateci caso un po' di meno. Cosa che probabilmente rasenta il nulla.

“He holds him with his skinny hand, / "There was a ship," quoth he. / "Hold off ! unhand me, grey-beard loon !" / Eftsoons his hand dropt he.” - Samuel Coleridge, The Rime of the Ancient Mariner

Cymon: testi, storia, site admin