Happy hour
La malìa della Spezia fa ancora presa sui nostri Neo & Gödel nella strip di oggi: sarà perché anche loro, da bravi Ingegneri delle Tenebre fedeli allo stereotipo, hanno conosciuto Dune coi libri ben prima che coi film, e la loro passione ha dunque radici più profonde.
E ora che ci siamo palesati come Quelli Che Hanno Letto Il Libro™, potremmo anche andare fino in fondo. Pipa in radica, occhiali di tartaruga, giacca di fustagno che sa di canfora... sì, noi siamo quello antipatico che vi rovina l'apericena sul rooftop in questi primi scorci di bel tempo, quando siete lì tutti belli e giovani e sorridenti con le dentature perfette come in una pubblicità di un prodotto per giovani, e tra un succo vegan-bio a km zero e uno spinello in spregio al patriarcato, chiacchierate delle vostre serie Netflix preferite.
Abbiamo già riportato il sottile disagio che ci prende a sentir la Gente Comune che parla di zombie, draghi, alieni e mutanti radioattivi, in tutti i posti e le occasioni sociali in cui si ritrova di solito la gente comune.
Era l'epoca in cui la gente spasimava per Dany + Jon. Game of Thrones fu una delle prime serie televisive a sfondare il guscio che da sempre avvolgeva i, ehm, nerd per diventare fenomeno di massa. Oggi è la norma: ma a me fa ancora strano sentire un'espressione come “Il Problema dei Tre Corpi” che esce dalle labbra di vostra zia sessantenne, povera donnetta.
Ne parlava Cymon qualche settimana fa: non sembra ma noialtri due autori, più spesso che no, ci troviamo d'accordo nostro malgrado. Veramente sentiamo tutti addosso una pressione sociale che ci sospinge a guardare, se non proprio ad apprezzare, la Serie del Momento. I deboli soccombono: e poi ci siamo noi, gli Asceti Impenetrabili! Cani bastonati che hanno vissuto per anni ai margini della società, ostracizzati proprio a causa della loro passione per certe opere di narrativa fantastica... e quindi sapete cosa ce ne facciamo oggi della vostra Serie del Momento?!
Detto questo, coi miei tempi mi sono accodato alle altre pecorelle (???) e ho guardato anch'io Il Problema dei Tre Corpi. Tempo fa avevo parlato dei libri di Cixin Liu, in quel raro editoriale annuale in cui qui si parla di libri.
Certo che questo Problema me lo ricordavo molto più intelligente... Ma non è che questo adattamento televisivo fa un po' schifo? Ci sono un paio di belle immagini, assolutamente, ma tanto valeva usarle come copertine per una nuova edizione dei libri, senza prendersi la briga di costruirci attorno la solita serie Serissima™ e brutta. E poi sarà un caso, ma le parti che funzionano meglio sono quelle più aderenti alla storia originale, mentre i nuovi personaggi coprono tutto l'arcobaleno dall'inutile all'insopportabile.
“Indurci a sperare che i protagonisti finiscano molto male” ormai è uno dei punti cardine su cui si fondano le sceneggiature originali di Netflix e Amazon.
E già che ci sono, tanto vale rovistare fino in fondo al cestone di Netflix: prometto che settimana prossima mi sciacquerò la bocca e tornerò a parlare d'altro.
Di tante serie siamo tentati di dire che hanno un'ambientazione interessante ma la sfruttano poco: PLUTO invece è il contrario. PLUTO è il cartone animato giapponese basato su un certo albo di Atom Boy, e come a volte capita quando Netflix si limita a metterci i soldi, è realizzato in maniera eccellente. Ma l'ambientazione è davvero poca cosa, solo un paravento davanti al nulla di un cartone animato per piccini. I robot esistono perché sì, guerra brutta pace bella, e tanti ma tanti bambini (robot) che frignano.
Peccato, perché l'indagine per scoprire chi vuole uccidere i sette robot più forti del mondo sarebbe anche ben raccontata.
Ma almeno Atom Boy non è argomento di discussione agli happy hour.
Maghette punk
Sono molto contento che settimana scorsa Lo-Rez abbia fatto il discorso su etica e estetica. Io un discorso del genere non sarei stato in grado di farlo, quando ho visto in giro le immagini di Stellar Blade il massimo che ho pensato è "cosa ci fanno tutte queste chiappe su schermo" e morta lì. Sono molto contento invece che lui abbia affrontato il tema di petto perché proprio questa settimana esce il mio nuovo Segretissimo (ridalli) e la copertina la potete vedere qui.
Già.
Etica e estetica dicevamo. Non la appenderete nella cameretta dei vostri figli, immagino. Non ne faremo un dramma.
Dovete sapere che ho un backlog di anime da recensire lungo così perché sono pigro nel realizzare i receditoriali, quindi mi sono deciso di fare un receditoriale su quattro editoriali FTR finché non avremo esaurito il pregresso. Oggi quindi ci occupiamo di Magical Destroyers che ho guardato perché è un anime di maghette, ma in fondo, sotto molti punti di vista, non lo è. Stavolta non sarà una roba semplice.
La trama di Magical Destroyers parla di una distopia in cui in Giappone prende il potere una faccina con la testa a televisore che decide di dichiarare guerra agli otaku di ogni tipo, perseguendoli e distruggendo l'oggetto delle loro passioni. Contro di lui si solleva Otaku Hero che però, essendo un otaku, è sostanzialmente un fallito senza arte né parte. Fortunatamente al suo fianco si schiera un gruppo di bizzarre maghette uscite un po' dal nulla che mettono al suo servizio i poteri che, loro sì, possiedono in abbondanza.
Non ci vuole Christopher Vogler per dire che la trama è un pochino assurda e vi assicuro che il livello della sua implausibilità non si abbasserà mai, fino alla conclusione, con, a rincaro, una componente acida inquietante e autodistruttiva. Le tre maghette infatti sono un'anarchica che non disdegna la violenza e il parlar sboccato, una pervertita e una dedita alle droghe di ogni genere. In generale l'anarchia è la nota dominante di tutta la storia in un senso metaletterario ancor più che letterario, con situazioni che volutamente spiazzano lo spettatore e lo mettono a disagio. La stessa opening (per una volta degna di nota) è un vero e proprio trip acido difficilmente digeribile.
Se vogliamo mettere un po' di ordine in queste informazioni possiamo dire che l'anime dipende da una visione artistica che è un po' più ampia della realizzazione di un semplice anime e che si può riferire a Jun Inagawa. Visto in questi termini il prodotto ha più il sapore dell'avanguardia, della demolizione degli schemi e della messa a nudo di certe pulsioni che esistono sottopelle al mondo degli anime. In un certo senso è vero che Magical Destroyers è un analisi molto schietta del mondo otaku, senza eccessiva celebrazione, ma con una fotografia della situazione a tutto tondo che ne evidenzia pregi e difetti. Il grande imperativo di "dichiarare che ci piace ciò che ci piace" unito alle numerose sottolineature del fatto che un otaku non è solo qualcuno a cui piace qualcosa, ma qualcuno che nella sua passione ci mette l'anima sono tema preponderante e forse maggior pregio dell'opera che riesce a rendere la sua dichiarazione di intenti a tratti commovente. E' bello anche come il concetto di otaku non sembri avere limiti per cui viene compreso l'amante delle maghette, profilo abbastanza classico, come anche l'amante degli orari dei treni, che forse non vi aspettavate.
Bisognerà però a questo punto mettere un punto di giudizio a questa sconnessa disanima. Com'è, realmente, Magical Destoryers? Eh. Anche se ne rispettiamo gli intenti non possiamo andare oltre gli evidenti difetti. E' un anime disegnato male e non è molto chiaro quanto questo essere disegnato male sia voluto. E' un anime che trova per la sua trama la spiegazione più semplice e banale disponibile. E' un anime che vi lascerà l'amaro in bocca per quello che riguarda il finale, non perché questo sia incompleto, ma per le scelte fatte. E anche se questo amaro in bocca va un po' tutto con quel bolo di sensazioni interessanti di cui sopra comunque di certo non contribuirà a farvelo amare alla follia.
Non credo nemmeno che si possa parlare di anime di maghette, se vogliamo esser precisi, perché la demolizione dei topos è tale lungo tutta la serie che alla fine rimane poco più dei costumi, delle sequenze di vestizione e delle bacchette bizzarre. E' un anime che parla di maghette, anche, come parla di molti altri temi, ma esula dal metterle al centro della narrazione.
In conclusione non sento moltissimo di consigliarverlo, forse anche perché è andato a scontrarsi con un mio gusto che è molto molto molto lontano da quello degli autori. Se magari certi dei suoi elementi risuonano maggiormente con voi potreste invece trovarlo interessanti, non lo escludo, anche perché, come ho detto, mi è sempre sembrato di intravedere, dietro la sua realizzazione, un progetto intelligente. Un progetto che però non mi ha smosso niente o non è stato realizzato appieno.
Cymon: testi, storia, site admin- No, non sono così sottile. Sono solo un umile soldato.
- Non sei né umile, né solo un soldato. Hai studiato ingegneria al MIT.