Etica ed estetica
La blasfemia è divenuta peccato secolare.
Quelli che scrivono su internet oggi a volte confondono l'etica con l'etichetta. Di più: l'etica con l'estetica.
Uao! Volano parole grosse oggi su FTR! Ma non più del solito: di solito però mi impegno a ricamarci intorno almeno un pochino di contesto. Il contesto di oggi è il videogioco coreano che han tutti sulle labbra, Stellar Blade.
Se uno legge queste pagine da un po', ora potrebbe farsi tutto rosso in faccia e agitare i pugnetti nel buio della sua camera: “Ma come!!!” dirà tutto indignato, “Tu pure ora ti getti nella mischia della Polemica Quotidiana?! E io che venivo su FTR reputandolo un'oasi felice, una Fortezza della Solitudine, ultimo rifugio di Asceti Impenetrabili...!”
Ma non avertene a male, o ipotetico Lettore: perché vedi, noialtri qui abbiamo sempre parlato di roba come Stellar Blade, e sono gli altri che invece oggi vengono a invadere il nostro orticello con torce e forconi.
Noialtri qui parlavamo di Hyung-Tae Kim già nel maggio 2003. Ovvero seguiamo il lavoro di questo artista sudcoreano da ventun anni. Mi hanno sempre colpito la sua inventiva nei chara-design bizzarri, i suoi meravigliosi accostamenti cromatici e il suo stile esotico tecno-fantasy.
Ricordo di aver perfino stampato a colori e appeso certe sue illustrazioni. Invece di tante altre mi vergognavo e mi mettevano a disagio, già allora, per l'erotismo a tratti volgare.
In questi anni ne ho parlato spesso, e come sempre questo prezioso archivio è una cronaca fedele: non potrei rinnegare nulla neppure volendo, perché questo sito non dimentica.
E dunque quando nel 2019 venni a sapere che Kim era diventato il director di un titolo ad alto budget, mi ripromisi di tener d'occhio quel “Project EVE”, uscito oggi come Stellar Blade.
Non l'avessi mai fatto! Mi sarei risparmiato la mortificazione di assistere alle polemiche che hanno accompagnato l'uscita di questo titolo: non uno di quegli opinionisti ignoranti che abbia fatto cenno alla carriera del direttore artistico... no, pare che un generico “coreano” (!) con la faccia da maiale sia sbucato dal nulla nel 2024 per offendere la nostra superiore morale occidentale con le sue donnine nude.
Questi santimoniosi sacerdoti secolari hanno intenzionalmente confuso etica ed estetica, mettendole sullo stesso piano. Il più eminente di costoro ha esibito un tale concentrato di perfidia, pregiudizio e razzismo che l'editore è stato costretto a ritirare l'articolo e porgere le scuse.
Mi rattrista questo stato di cose e non vorrei abbassarmi a parlarne perfino qui, su questi sacri lidi. Parlo di direzione artistica nei videogiochi da ventitre anni, e il chara-design dell'androide (ginoide) EVE, degli altri personaggi e dei mostri che combatte sono tutto quello di cui vorrei scrivere anche stavolta.
E cosa scriverei, se fossi chiuso in una bolla ermetica? Scriverei che certi costumini pervertiti mi fanno tristezza, così come appunto me la facevano già tanti anni fa quando ero appena uscito dall'adolescenza, figuriamoci! Ma il gioco dimostra una notevole consapevolezza e autoironia, e come avviene in Nier (la sua ispirazione autoriale) la protagonista svela a poco a poco una tridimensionalità insospettabile a prima vista.
Certi costumini (non tutti!) sono scemi, alcuni sono perfino imbarazzanti per chi li guarda: Hyung-Tae Kim lo sa e il gioco stesso lo sa. Peccato che certi scribacchini accecati dall'ideologia non se ne siano neppure accorti. EVE, da vestire come una bambolina collezionando accessori cosmetici, è il delirio delizioso dell'arte per l'arte, ma è anche meta-narrativa, e diventa un gioco nel gioco se contestualizzato.
Stellar Blade non è quindi un gioco goffo o disagiato: è solo un gioco sincero. Peccato mortale, di questi tempi!
Un gioco che non si prende sul serio, ben consapevole che la sua adorazione (direi quasi l'idolatria) per un ideale di bellezza femminile lo condanna ad un'eterna adolescenza. E quindi si limita ad essere competente e curato in ciò che fa, perfino nella narrativa (che si ispira appunto a Nier Automata, ovviamente senza raggiungere le vette altissime del capolavoro).
Mi offendono di più certi titoli (come certe serie serissime) approssimativi e superficiali che vestono l'indignazione da capo a piedi come un'armatura che li rende invulnerabili alla critica artistica.
EVE si spoglia ma così facendo prende più danni (il triplo, per l'esattezza). E così anche il gioco di cui è protagonista non ha paura di mostrarsi per quello che è, scopertamente, e di rendersi vulnerabile agli occhi del mondo.
Radioactive
Non ho ancora visto la serie TV di Fallout di cui tutti parlano benissimo, ma non è colpa sua, è colpa mia che in questo periodo non riesco a stare fermo abbastanza davanti alla televisione per adempiere ai miei doveri di teledipendente. Sono rimasto un sacco indietro pure con Shogun, che pure sto guardando e non avete idea cos'altro debba recuperare di bello, brutto o trascurabile.
Non ho mancato di fare però l'altra cosa che hanno fatto tutti in questo periodo, ovvero installare un Fallout. Personalmente ho scelto il meglio che Epic mi ha regalato in questi anni, ovvero New Vegas, che è una generazione indietro, vero, ma pur sempre un capitolo importante della saga. Non venitemi poi a fare gatekeeping su Fallout, eh, io giocavo Fallout quando la maggior parte di voi non erano ancora nati, con la grafica isometrica, i combattimenti a turni e un sacco un sacco di testo. Vi dirò di più, prima che questa fregola del Fallout prendesse tutti mi sono anche installato, non molto tempo fa, Tactics, che anche se è stata un'operazione magari un po' economica era un gioco tattico interessante, sebbene come sempre l'abbia mollato dopo un paio di missioni.
New Vegas invece è il classico gioco di esplorazione Bethesda come si facevano un tempo, è strano tornare a questo tipo di narrazione dopo aver attraversato Death Stranding perché in un certo senso Death Stranding è la stessa cosa e qualcosa di completamente diverso. Anche in New Vegas ti sorprendi a guardare l'orizzonte pensando che un giorno lo raggiungerai eppure la pressione data dalle missioni e dallo svolgimento RPG classico ti impedisce di goderti l'idea come nel capolavoro di Kojima. (non sto dicendo che da una parte sia meglio e dall'altra peggio, come appunto specificavo sono esperienze diverse)
E' veramente interessante il fenomeno di ritorno sulle vendita dei videogiochi di Fallout che sta verificandosi al seguito della serie, che credo non abbia avuto un tale precedente nemmeno ai tempi di The Last of Us. In un'epoca in cui i giochi divorano troppe risorse per essere sviluppati e le case di produzione licenziano gente perché non ci stanno dentro nei costi figuratevi cosa vuole dire avere un videogioco che è lì, ormai a fine ciclo, distribuito da tutte le piattaforme, che improvvisamente torna in cima alle classifiche senza che sia stato necessario fare niente. Persino l'aggiornamento next-gen sembra poco sforzo in confronto agli introiti che ne stanno venendo.
In modo magari un po' macchinoso possiamo ricollegare questo evento a quanto dicevamo settimana scorsa. Certo, sarebbe un giro bello largo credere che Bethesda abbia chiesto ad Amazon di produrre una serie così che questa poi desse pubblicità di ritorno al videogioco e così prendersi sia i diritti che i risultati di vendite, però sicuramente quello che è successo è esattamente l'effetto di come funziona l'ecosistema delle serie in questo periodo, una storia (buona o cattiva, non la sto ora giudicando di per sé) diventa veicolo di messaggi commerciali che, per un breve ma intenso periodo di picco possono spostare mercati appoggiati su specifici target come quello dei videogiochi.
Se i tempi di rilascio dei videogiochi fossero un po' più predicibili sarebbe quasi da pensare a una strategia in cui si pianifica il videogioco e la serie TV così da avere una pubblicità che funzioni a doppio senso. Addirittura, in un mondo capovolto rispetto a molti anni fa, potremmo avere network che producono serie TV a basso costo per promuovere videogiochi. Non è così assurdo, abbiamo anime e video promozionali già di diversi generi che hanno più o meno quella funzione e se veramente ci stiamo lanciando in un'epoca in cui una serie TV ha più valore perché fa parlare di sé rispetto a quanto ne ha per ciò che racconta non dovremmo nemmeno scandalizzarci per operazioni del genere.
Negli elefantiaci budget sempre sfondati dei videogiochi ormai i costi di produzione di una serie forse ci stanno e bucherebbe in maniera piuttosto violenta l'immaginario dell'utenza. Volete un gioco by service che scalzi tutti gli altri? Volete il prossimo Fortnite? Non cercate le vostre legioni di giocatori tra quelli che giocano Fortnite, cercateli tra quelli che guardano la televisione.
(curiosità, nel 2013, in piena fregola per i MMORPG, questa serie serviva esattamente a quello scopo, ma non andò benissimo. Era però un'altra era geologica.)
Esaurito il settimanale volo pindarico chiudiamo con un paio di note di colore. Questo articolo, con i toni apocalittici che piacciono a me, racconta un altro pezzettino della crisi del settore di cui vi aggiorniamo da settimane. Molto interessante, soprattutto perché il framerate è la toxic masculinity degli sviluppatori di videogiochi, ovvero la pulsione a eccellere in qualcosa che non importa fattivamente a nessuno.
Vorrei invece fare giustizia del Playdate, la console a manovella che, sembra, sta facendo davvero i suoi bei soldini. Sia io che Lo-Rez ne parlammo non entusiasticamente 5 anni fa. Come sapete, il bello di FTR è che si vive proprio tutta l'evoluzione del mondo del videoludo con tanto di prese dirette e momenti in cui bisogna ammettere di essersi sbagliati. Playdate è ancora qui, la sua azienda da da mangiare a delle persone e, evidentemente, c'è gente che si diverte con la manovella. Ci sia di insegnamento e ci ricordi, che tutti, ma proprio tutti, possono fare soldi in questo mondo pazzo pazzo.
ù
Beh, tranne noi, ovviamente.
Cymon: testi, storia, site admin“Era strano pensare, mentre ero seduto lì, con tutti i suoi colleghi, che persone così ben educate e professionalmente civili si fossero lasciate abbindolare con tanta facilità dal sogno venerando di una situazione in cui un uomo può rappresentare l'incarnazione del male. Ma questo bisogno esiste, ed è profondo e immortale.”