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918, 25/05/2019 - Timestamp
918
25 . 05 . 2019

La manovella

Ora che le ceneri si sono posate, la neve ha finito di cadere e spuntano i teneri germogli della primavera, ora che ci siamo finalmente levati dall'anima la serie di Game of Thrones e l'agghiacciante, mortificante visione di vostro zio cinquantenne che si scalmanava per cose come i draghi o i non-morti... ora che tutto è ritornato all'ordine naturale delle cose, e la Gente non parla più di Daenerys Targaryen (!) all'aperitivo, anche noialtri possiamo riprendere il nostro posto.
Questa surreale inversione di ruoli, per cui quelli come noi si chiudono in un silenzio sbigottito mentre i nostri mondi fantastici vengono colonizzati dalla gente comune™, non finirà semplicemente qui, possiamo starne certi. Oramai la cultura popolare è diventata anche questo, dobbiamo farcene una ragione. Dobbiamo cercare di tollerare tutti i maestri sopraffini dell'introspezione che sono spuntati nell'ultima settimana: è tutta la vita che si allenano ad indignarsi nei campionati del mondo di internet, e così si sentono in diritto di vedere, ciascuno di loro, esattamente il finale che volevano.
Non hanno ben chiaro come funzionano i racconti: dilettanti allo sbaraglio, utili solo a generare visualizzazioni di pubblicità. Compatiamoli.

Ma in fondo non è poi così tragica, questa situazione per cui le opere di fantasia con cui da sempre ci trastulliamo anche più del dovuto diventano di dominio pubblico, sono accolte dalle masse invece di essere ostracizzate come è sempre successo nell'ultimo secolo.
Certo fa un po' impressione l'isteria perfettamente sincronizzata di un miliardo di persone per procioni parlanti e giganti pelati color malva: ma mi pare che la passione per il fantastico, per il mito, per le storie sia sempre stata parte dell'umana natura. Forse l'anomalia è stato solo l'ultimo secolo, che ha dovuto occuparsi di questioni un po' più pressanti e concrete dei giochi di potere nel continente di Westeros o degli obiettivi settimanali di Fortnite.
Negli occhi della gente non c'è più traccia dello sguardo sussiegoso che disapprovava i manuali di Dungeons&Dragons. Questo non è più il mondo in cui siamo cresciuti noi, gli Ur-Nerd, gli Sfigati Originali. Dovremo abituarci.

Spero tanto che dalla prossima settimana torneremo anche su queste pagine ad occuparci delle consuete frivolezze, a zappare qua e là il nostro orticello ben curato, senza l'imbarazzo di vicini invadenti.
Il mondo videoludico non ci sta aiutando, privo com'è di eventi significativi. Eppure proprio in questi giorni è stata presentata una nuova console, piccina piccina e stupida stupida. C'è perfino una manovella! Non so se sia più l'ironia o l'entusiasmo genuino, e forse non m'importa neanche più come una volta. È buffa, è gialla, è un giocattolo. Sono sempre stati tutti giocattoli.

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25 . 05 . 2019

Perhaps I can find him

Non abbiamo parlato molto di GoT in questo sito, dovete darcene atto. Perché allora dovremmo ora spendere due editoriali consecutivi sull'argomento? Il fatto è che GoT non è affascinante tanto per la sua storia fantasy, quanto per l'impatto che ha avuto sulla psicologia delle folle e, come tanti prima di lui, ha colpito un punto vulnerabile dell'immaginario collettivo, diventando un fenomeno al di là della storia che racconta.
Solo settimana scorsa, ancor prima che finisse, abbiamo voluto ricapitolare il dramma umano di milioni di fans che si sono sentiti traditi dal voltafaccia di Daenerys nei confronti della bontà e che quindi hanno deciso, improvvisamente, che gli scrittori che avevano osannato fino a due secondi prima erano diventati degli idioti. Anche in questo hanno giocato molti fattori che esulano dall'effettiva capacità di giudizio della gente e che riguardano il fatto che ci sia stato un "virtuale" passaggio di testimone tra George RR Martin e D&D nella scrittura della trama, che li avrebbe lasciati scoperti dell'amore cieco dei fan che avrebbero avallato tutto. In pratica si sarebbero ritrovati linciati perché lo zeitgeist ha deciso che era lecito farlo, cambiando gli elementi al contorno, indipendentemente (again) dalla qualità del racconto, questo non sarebbe stato possibile.
Oggi però non vogliamo tornare a sviscerare la psicologia delle masse e i cristalli attorno a cui si raccolgono irrazionalmente, oggi forse possiamo pure spendere due righe su questo finale e, chissà, sulla serie tutta.

Perché il problema è che a me questo finale è piaciuto.

No, non sono soddisfatto della chiusura della maggior parte degli archi narrativi. Il rage di Daenerys è troppo isterico, Jaime avrebbe meritato un destino migliore, Bran è salito sul trono senza fare un cazzo e il Night King muore a metà strada quasi per caso. Non va bene niente di tutta questa roba, siamo d'accordo, ma sugli archi narrativi mica vorrete dirmi che abbiamo cominciato ora ad andare bananas, dai! Cioè, ve lo ricordate Ditocorto, quello che è riuscito a portare a termine almeno tre complotti in barba a tutti i sette regni e che poi, ops, sbaglia a mandare due lettere e si ritrova con la gola tagliata? Vogliamo parlare di Melisandre e il tizio del dio senza volto, tutti ammiccamenti e profezie mancate, pieni di piani segreti e che, oggettivamente, non si capisce bene né cosa volessero né cosa abbiano effettivamente ottenuto, se non dare un po' di pepe mistico a alcuni passaggi della storia? Voglio dire, ma voi c'eravate quando la metà dei misteri dei Sette Regni era racchiusa nella frase "Valhar Morghulis" e così è stato finché non si è scoperto che è poco più di "buona giornata" dovunque tranne che a Westeros? Gli archi narrativi non si sono mai potuti chiudere, perchè quando ne hai sessanta, ve lo ho già spiegato, è già tanto se ne riesci a tagliare una ventina con l'accetta, qualcun altro devi semplicemente lasciarlo andare a puttane.
"Si, ma poi vedi che faranno lo spin-off in cui spiegheranno..." frega cazzo, siamo adulti qui, questi trucchi da bambini teneteveli per la serata del dilettante, grazie.

E allora perché alla fine solo io ho apprezzato quanto è accaduto? Bisogno di essere bastian contrari fino al midollo? Forse. Ma anche un senso del dramma e dello spettacolo che naturalmente, come dovrebbe essere sempre, va sempre al di là della trama.
Mettiamola così, archiviamo questa ferita più o meno aperta del Night King dicendo che, se pensavamo che dovesse essere lui il big boss, non abbiamo capito lo spirito di GoT. GoT è una storia di uomini che si menano e soffrono e intrecciano i loro destini a sangue. I nostri pregressi nel fantasy ci hanno fatto credere che dovessimo concentrarci sulla notte nera degli zombie, perché di solito si fa così, ma in questo caso quello era un orpello. Ok, nella mia cameretta continuerò a esternare la sensazione di essere stato preso per il culo, ma in pubblico vi passo questa tesi.

A questo punto, dovendo giudicare il "finale vero" c'è in lui una drammaticità molto forte, con anche richiami piuttosto nobili. Da una parte è innegabile che quello che ha fatto Daenerys, come spiega Tyrion, è sempre stato lì. Daenerys ha sempre bruciato viva la gente che ha creduto cattiva e ci è sempre andato bene perché concordavamo che era proprio gente cattiva, perché la storia ce la proponeva come cattiva. Ma, a parte questo, è innegabile che bruciava la gente. Il suo sogno era, sempre a causa di una scrittura zoppicante, un po' nebuloso, perché da una parte voleva liberare la gente dalla schiavitù, e può ancora starmi bene, dall'altra non si capisce perché vuole abbattere i sette regni per instaurare... un regno. Possiamo però derubricare questa logica al delirio di onnipotenza, ma comunque aveva un sogno che da subito assomigliava a una dittatura illuminata.
Insomma, da un punto di vista di intreccio la costruzione della follia di Daenerys manca di diversi passaggi, se vediamo at-large la sua realizzazione, invece, è una delle parabole più significative e interessanti. Oltretutto, nel lungo discorso al suo popolo ho visto gli echi del finale di Dune, in cui Paul Atreides, ormai sconfitto il barone, invoca il Jihad per la conquista della galassia. Anche in quel caso parliamo di un imperatore illuminato, di cui non vediamo i punti oscuri perché non erano interessanti per Herbert, ma che a sua volta, dopo aver salvato la propria vita e il proprio retaggio, decide di pensare in grande.

Jon Snow non si è mai innamorato di Daenerys, altro punto su cui possiamo concordare tutti senza pensarci troppo. La parabola della storia con Ygritte aveva un senso, come aveva senso la morte stessa di Ygritte, qui invece c'era proprio bisogno che i due personaggi finissero uno accanto all'altro per non generare troppa confusione all'avvicinarsi del finale, ma l'intreccio ha abdicato in favore delle necessità di produzione. SE PERO' accettiamo che Jon ama Daenerys e soprattutto sposa il suo sogno (come fa, con maggior costrutto, Tyrion) allora la figura tragica di come lui contempla la distruzione portata dalla sua donna, anche con sue grosse responsabilità, emerge con potenza. E la chiusa di tutti i problemi, con lui che uccide lei e il drago che distrugge il vero nemico, ovvero il trono, ancora una volta centra tutti i punti che era il caso di esprimere. Io, nel frangente, ci ho visto l'amato Gundam e le parabole del genere dei real robot, dove un personaggio endemicamente buono sposa la causa di un personaggio ambuguo e esaltato fino quando, all'estremo finale, dopo aver constatato la distruzione portata da quest'ultimo, deve distruggerlo. Purtroppo casi che si sovrappongono precisamente a questo ora non mi vengono in mente, ma concorderete con me che il dualismo tra personaggio in mezzo alla gente volto a proteggere tutti e personaggio che vuole demolire a ogni costo l'ordine costituito per un mondo migliore è un tema ricorrente.

Infine, il malinconico finale per la restaurazione dei sette (sei) regni è anticlimatico e mette sul trono Bran, che non è esattamente il personaggio più trascinante disponibile, ma è, sostanzialmente, il Kwisatch Haderac (altro riferimento a Dune) che vede il futuro. Oh certo, potrebbe essere insensibile nei confronti dei bisogni della popolazione e distruggere città per ripiantare foreste e alberi diga, ma magari anche no. Dopotutto, sul finale, sembra quasi mostrare del senso dell'umorismo. Il meccanismo del re a elezione, però, la storia insegna, non va mai a finire bene. In questo caso, dopo aver accettato di non poter chiudere tutto con una grande battaglia e il trionfo di un eroe, possiamo dire che abbiamo indugiato su una delle caratteristiche comunque più belle della serie, ovvero lo scambio di battute e scontro di psicologie. Il discorso di Tyrion non sta in piedi, ma la malinconia con cui è reso non può non toccare.

Si conclude così, insomma, soprassedendo su Arya Cristoforo Colombo, altri finalini di seconda categoria ridicoli e sbavature che passano tranquillamente in cavalleria. Ecco, per esprimere al meglio la mia idea direi che la storia raccontata da questa ultima stagione mi è risultata soddisfacente in sé, non in quanto montata sulla broda scollacciatella della serie in generale, che comunque non ha mai generato in me grande entusiasmo. Visto che il mio amore in generale per la saga non è mai stato bruciante, non ho avuto bisogno di più di così.

Bronn: The master of coin looks forward to helping the master of ships. But first he has to ensure we're no wasting coin, or soon there won't be no more coin.
Davos: Any more.
Bronn: You're master of grammar now too?

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