Di che parliamo
La luce abbonda e ci sembra quasi uno spreco lasciarla scivolare via così, inutilizzata, mentre siamo chiusi nelle nostre caverne: vorremmo farci investire dalla luce, assorbirla sulla nostra pelle... ma forse è solo astinenza da vitamina D.
I Laghi di Montagna esercitano ancora il loro richiamo, come se fossero dimora di sirene, e quest'estate verranno visitati con una frequenza almeno pari a quella dei loro omologhi in Zelda: Tears of the Kingdom. Insieme a certe architetture brutaliste assai ardite appollaiate sulla cima delle montagne come covi di un cattivo di James Bond.
Tutto questo ci distrae dal nostro dovere sacro e inviolabile, che sarebbe fare FTR... anche in differita, da qualsiasi punto del globo, basta una banda di pochi kilobyte e la magia si compirà anche questa settimana.
Spesso (???) ci viene chiesto perché andiamo in ferie, se FTR è la nostra gioia e il nostro sollazzo... Ma perché le energie creative sono inaridite sotto questo solleone, sciocchini, e perfino noi che siamo Ingegneri D'Acciaio dobbiamo ricaricarle ogni tanto.
Potrei dar retta alle polemiche che ronzano attorno a Final Fantasy XVI, e invece no. Ho riportato le mie impressioni su questo gioco per anni in questi editoriali, fino ad arrivare al culmine. Ora però l'opera va consegnata nelle mani della Storia: sarà la Storia a giudicare, quando tra vent'anni saremo ancora qui, schiena curva e barba bianca, a enumerare con passione i nostri Final Fantasy preferiti, sgranandoli uno ad uno. Chissà se ci sarà anche il XVI.
L'importante è che ciascun regnante di questa dinastia venga ricordato per qualcosa, venga amato almeno da qualcuno. Persino il XIII, irriso e detestato da molti, io trovo che ci abbia offerto una delle grafiche dei menu più belle di tutta la serie.
Capirete dunque quanto siamo disinteressati noi alle polemichette trite e melense che spuntano fuori dieci volte al giorno, alimentate da un vasto circuito di siti che sono soltanto concime per far fiorire la pubblicità e i relativi guadagni. Non mi interessa rimestare con le mani nel concime: tanto più, come dicevo, per un Final Fantasy che si deve giudicare nelle prospettive aeree della Storia.
Ok, Final Fantasy XVI no, ma allora di che parliamo?
Potrei sputare un po' di veleno su Baldur's Gate III, ad esempio, o su Starfield. Giusto per fare contrasto: sono infatti i campioni degli RPG Occidentali, e si vantano di offrirti infinite possibilità di scelta e personalizzazione.
...Ma io non la voglio! Io, che sono ossessionato, ogni volta che mi metti davanti a una scelta avverto una stretta al cuore perché scegliere una cosa significa non sceglierne un'altra, rinunciare a un'esperienza e a un contenuto che nel gioco c'è, ma che tu non vedrai (perché un gioco da 200 ore sarà rigiocabile solo quando avremo la vita eterna).
E allora io mi trovo più a mio agio negli RPG orientali, quelli che tradizionalmente puoi completare al 100% spremendone tutto il succo, lappandone tutto il nettare senza sprecare nemmeno una goccia.
Mi pare che questa malattia mentale abbia anche un nome.
Oppure potrei parlare infine delle vicende giudiziarie che da un anno ormai appassionano e dilaniano la Comunità Videoludica... ma sarebbe quasi una resa: ho resistito fino ad ora perché credo sia il nostro sacro dovere mantenere FTR un'isoletta felice, scevra dalle polemichette di cui sopra che crescono come erbacce nel resto di internet. Certo, potrei parlare non delle polemichette ma di ben più sostanzione analisi dell'industria videoludica attuale... ma fa troppo caldo.
E poi qualsiasi cosa io dica ora rischia di diventare vecchia molto in fretta, dato che la tanto osteggiata Acquisizione ancora in effetti non è avvenuta.
E dunque, andando per esclusione, mi rifugerò negli argomenti con cui FTR è nato vent'anni fa. Tra i pochi punti fermi sopravvissuti a questi vent'anni di internet, uno dei più fulgidi è Penny Arcade: il webcomic senza il quale FTR non esisterebbe. Capirete quanto sono emozionato nel dire che in questi giorni Penny Arcade sta pubblicando una nuova miniserie (inutile dire che anche noi ne abbiamo fatte perché le faceva Penny Arcade).
È proprio bella, ma soprattutto è una cosa giusta. C'è chi prosegue con noi questo viaggio impossibile attraverso le decadi, facendo sempre le stesse cose, e sono cose che ci piacciono oggi come allora.
Mettere un punto rovente
L'internet ci ha avvicinato la gente, ce l'ha avvicinata troppo, ci siamo risvegliati un bel giorno e la gente era lì, intorno al nostro letto, a guardarci scivolare fuori dalle lenzuola in pigiama, andare in bagno, guardare perplessi la nostra immagine riflessa e lavarci. Eravamo ridicoli, ma lo sguardo dell'internet non ci interessava perché anche se ci era proprio incollato apparteneva a persone che ci erano lontane e questa situazione ci ha confuso abbastanza da non farci capire cosa stesse realmente succedendo. E quando abbiamo cominciato a capirlo l'internet ha cominciato a esprimere opinioni su di noi, opinioni non richieste.
Un attimo dopo c'era qualcuno che investiva in una cosa chiamata metaverso e poi andava a cercare quell'altro che voleva andare su Marte per picchiarlo.
Bei tempi quando il massimo massimo che ti capitava era trovare uno che misurava quanto era lunga la tua firma nel forum.
Mentre l'occhio rovente dell'estate lambisce il suolo portandolo a temperature mai viste prima e l'estate arriva a dichiarare guerra a noi nerd pellebianca quello che sentiamo un po' tutti, oltre il desiderio di fuggire via e fuggire meglio, è il bisogno di chiusura, completamento, mettere un punto a quello che abbiamo fatto nell'anno passato. Perché l'anno finisce ad agosto, non importa quello che dice il calendario. Così vogliamo avere i nostri nuovi manoscritti completati (eh si, pure quelli), almeno per quello che riguarda la prima stesura, vogliamo le serie TV concluse a costo di bingiare qualche episodio e pure i videogiochi ci piacerebbe chiuderli, perché magari li stiamo portando avanti da così tanto che ormai piacere e dovere si mischiano in maniera confusa.
Abbiamo quindi finito Silo, persino dopo avergli dedicato una strip e ne siamo stati compiaciuti. In gran parte i temi trattati da Silo e quello che mette in scena non è niente di particolarmente nuovo, la vera novità è aver potuto godere di una realizzazione solida, una buona regia, buoni attori e nessuna sbavatura di trama. Ormai quando si parla di adattamento mi vengono sempre i brividi visti i recenti stupri, io il libro di riferimento non l'ho letto (Wool) ma spesso ho constatato che i deragliamenti non sono nocivi solo per i puristi della fedeltà alla fonte, ma vanno proprio dove l'economia del racconto non dovrebbe andare rovinando anche chi sente la storia per la prima volta. Per quello che ho sentito, invece, Silo è piuttosto aderente al materiale di partenza. Dal mio punto di vista ho potuto constatare che fila via liscio per tutti i suoi episodi arrivando a un climax particolarmente straniante, che non è clamoroso, ma lascia interessanti porte aperte per il futuro.
Ancora una volta Apple+ si è rivelata una buona piattaforma di streaming, di livello enormemente superiore alle sue dirette concorrenti. Non una competizione impegnativa da vincere, visto quanto le varie Netflix e Amazon si impegnano a puntare verso il basso con i loro prodotti, ma anche a causa di questo contesto generale mi chiedo come mai proprio Apple riesca così bene a centrare successi, tra tutte le piattaforme di streaming moderno. L'unica risposta che mi sono dato è che Apple ha centrato un gruppo dirigente con un po' di cervello che invece di sdraiarsi completamente sulle cosiddette indagini di mercato per scoprire cosa vuole la gente, ha semplicemente inventito in dei buoni professionisti del settore e gli ha lasciato fare il loro lavoro secondo le regole del loro lavoro. Nessuno chiede all'attuale industria solo dei geni visionari, molto spesso quello di cui l'industria manca è del sano mestiere per collegare da A a B nella maniera più semplice e efficace possibile.
Nessuno mi toglierà dalla testa che il grande sciopero degli sceneggiatori dipenda anche da questo, da una categoria che non solo non viene pagata il giusto, ma non viene pagata il giusto nell'illusione che in realtà non serva, che basti interpolare algoritmicamente delle idee, mettere già a tavolino un viaggio dell'eroe e roba del genere. Il lavoro creativo è un lavoro che si ha sempre la tentazione di svilire perché non è misurabile, un problema con cui l'economia non riesce a venire a patti. Ciò che non è misurabile si crede abbia un valore arbitrario e nell'immediato si riesce anche a dimostrarlo. E' alla lunga che la qualità ottiene la sua vendetta, tutto comincia ad avere lo stesso sapore, l'entusiasmo muore, manca curiosità. Esattamente quello che provo io all'annuncio di nuove serie su certe piattaforme.
L'estate però non è tempo di crociate e battaglie campali, volevamo usarla per chiudere i conti in sospeso. Il conto con Death Stranding è aperto dalle ultime Grandi Vacanze, quelle natalizie. Sta forse venendo il tempo di chiuderlo? Solo Kojima sa. Devo onestamente ammettere di non aver fatto nulla per rusharlo, anzi, mi ricordo intere settimane a incaponirmi su stupidaggini mentre la trama principale attendeva in un angolo. Forse però siamo vicini allo showdown finale, ora bisogna vedere se mi limiterò a correre verso la meta o se mi lascerò comunque attrarre da imprese come convincere il primo prepper a partecipare alla rete o altre cose del genere.
Anime? Ne abbiamo, ma verrà il loro tempo. Confesso però che intanto ci sono cascato e si, sto riguardando, facendo proprio un rewatch, della prima stagione di Symphogear. E' incredibile come non ricordassi quanto oscuro e cupo era, anche rispetto alle stagioni che sono venute dopo. Symphogear, in prima istanza, era un erede diretto della terza era delle maghette, anche con tutto l'ottimismo che ha messo nel suo finale, glielo riconobbi ai tempi, quando scrissi il receditoriale, poi lo dimenticai a causa dell'evoluzione della serie. E' sempre un gran bel vedere (ma lo so che voi non lo capite).
Cymon: testi, storia, site admin“Prima il padron di casa / saluto, bacio e abbraccio. / Lo stesso cordialmente / colle signore io faccio... / Come? non s'usa forse / le donne qui abbracciar? / Ohimè! che usanza incomoda! / Che brutto conversar! / Benedetta sia la nostra / innocente libertà! / Sans facon tra noi si mostra / cuor aperto, amica faccia: / sì si bacia, sì s'abbraccia, / né s'offende l'onestà. / Benedetta sia la nostra / innocente libertà! / Donne belle, donne care, / più buonine per pietà. / Non mi fare ritornare / senza gusto in Canadà.”