Indonesia
Apriamo scrivendo di noi stessi che stiamo scrivendo, come nel monologo dello sceneggiatore su schermo nero che apre Adaptation (2002).
Ma meno intimo, ci mancherebbe! La nostra relazione con queste pagine è “strettamente professionale”, come dicevano la Principessa Padmé e Anakin Skywalker.
Che cosa potremmo mai scrivere, giunti ormai al largo nel mare placido di questa estate 2023 che sta battendo tutti i record di calura? Non aiuta neppure rifugiarsi sul cucuzzolo delle montagne, a 2200+ metri di altitudine: l'Occhio di Sauron nel cielo ci scruta implacabile, e anzi è ancora più vicino.
Forse dovremmo tuffarci in acqua e mettere sotto la testa, e se state giocando Dave The Diver (forse dovreste!) non vedete l'ora... ma se invece vi state dedicando a quell'altro gioco di pesca marittima, Dredge (forse dovreste!), allora invece capisco i vostri terrori ancestrali.
Di videogiochi neanche l'ombra, anche se all'orizzonte si stagliano ombre gigantesche che ingombreranno tutta la seconda metà dell'anno. Ma sì, ci sono le belle fanart di Final Fantasy XVI, ma mi sembra proprio il minimo! Lo ripeto ancora, voglio vedere ancora tra venticinque anni persone che si fanno tatuare dalla testa ai piedi gli artwork di Clive e Jill: questo è Final Fantasy e Final Fantasy esige questi atti di devozione. Sennò sarebbe un gioco normale.
Oppure potrei rifugiarmi nel Cinema, da sempre consolazione degli afflitti... ma anche qui parleremmo solo di ombre, ombre meravigliose stagliate all'orizzonte. Quello con l'esplosione mi fa venir caldo solo a guardare il poster, e oramai l'abisso in cui è precipitato il doppiaggio italiano mi fa quasi dire che per i film più belli mi riservo la visione casalinga, perché sono sprecati visti al cinema. Paradosso amaro!
L'altra ombra che intravedo è questo The Creator, che pare un Film di Fantascienza™. Negli ultimi anni si son visti tanti tentativi indie piccini piccini, ma ben pochi filmoni ad alto budget capaci davvero di rendere giustizia alla loro visione: magari uno sarà questo.
E però in realtà una cosina ci sarebbe.
Un giochino indie piccino piccino, troppo modesto per farsi pubblicità da solo. Uscito un po' di tempo fa in sordina, nonostante l'autore abbia un certo lignaggio. A Space for the Unbound.
Un gioco ambientato in Indonesia ma (sorpresa!) anche fatto in Indonesia: un particolare che fa tutta la differenza di questo mondo.
Non è infatti la solita stucchevole cartolina paternalistica, come siamo ammaestrati a vedere da Disney, Netflix, Amazon e gli altri Spettri dell'Anello che stanno succhiando la nostra fantasia e imbruttendo la nostra anima. Questo gioco non si preoccupa di Spiegare l'Indonesia al Resto del Mondo e non si bulla di aver pescato i suoi protagonisti tra le “Minoranze” (???), come farebbero a Hollywood.
Questo gioco ci presenta la sua realtà come un dato di fatto, quotidiana e banale per quelli che la vivono, e gli altri si arrangino pure con le guide fotografiche e i bignami se vogliono cogliere qualche riferimento. Proprio come un grosso film indiano come RRR, o come un film coreano di un qualsiasi regista il cui nome contiene la parola “Park”.
Ecco, questa è la scintilla di Grazia che rende super-affascinante A Space for the Unbound. Per coincidenza a me poi piacciono molto la mitologia indonesiana e soprattutto la sua estetica: fiori di loto che si schiudono in galassie luminose, nobili regine delle oche con diademi d'oro, e tantissimi gatti. Gatti dappertutto.
È un gioco non-violento, anche se poi di fatto una delle meccaniche principali è fare a pugni con la gente usando le combinazioni di tasti di Street Fighter: una contraddizione molto ingenua ma anche molto tenera, naturalissima per chi è cresciuto negli anni '90 guardando gli schermi della sala giochi in penombra mentre fuori ci sono 45° e umidità 99%. Ma soprattutto si va in giro e si leggono dialoghi, e si entra letteralmente nel cuore e nella psiche delle persone ferite che incontriamo, per guarirle proprio come i Ladri Del Cuore metafisici di Persona 5.
Come andare in vacanza senza prendere l'aereo.
Non è il caldo ma...
Sarebbe interessante uno studio di marketing che ponesse al centro della strategia di YouTube l'istintiva propensione dell'uomo a fissare i cantieri. Ci sono moltissimi video con quantità enormi di visualizzazioni, in rete, che non fanno altro che mostrare all'opera presse, seghe circolari, bulini e altri oggetti, magari non di uso comune, ma nemmeno fantascientifici, semplici attrezzi che chi è del settore ha davanti tutto il giorno, mentre l'uomo della strada non vede mai.
Mi ci metto anch'io nell'audience di questo tipo di filmati, perché secondo me è comunque affascinante vedere cosa possono fare veramente le macchine e come le loro grandi capacità permettono effettivamente di plasmare il mondo. Quando pensiamo a questi oggetti molto spesso nella nostra testa li limitiamo a quello che vediamo usualmente, quando invece, fisiologicamente, le loro possibilità vanno molto oltre. E' in questo, secondo me, che c'è la fascinazione, ovvero nel vedere che a questo mondo accadono più cose di quante ci aspettiamo accadano, nonostante con l'internet e il resto ora ne abbiamo viste accadere molte di pi.
Questa colonna non è abbastanza Ken per essere andata a vedere Barbie oppure non è abbastanza rosa, visto che altrimenti sarebbe ovviamente il 14 Febbraio. Non sono ancora andato a vedere il film e non so se o quando andrò, ma il fenomeno, sull'internet, si sta espandendo tanto da costringermi a scrivere anche per non averlo visto. Vedo del potenziale, in Barbie, non sarei io se non avessi fiducia in un progetto del genere, sapete che uno degli ambiti che più mi attira è proprio quello in cui si cambia punto di vista su oggetti banali fino a trarne lezioni nuove. Visto che però non ho visionato la pellicola non ci tengo ad aderire agli sperticati commenti della rete, anche perché, sempre perché sono io, non posso fidarmi.
Quello di cui invece non ne possiamo proprio più è l'accordo Activision/Blizzard. Lo-Rez se ne è sempre tenuto lontano, ma io sapete che un po' il naso ce l'ho messo perché nel vil denaro e nei movimenti di soldi si nasconde l'anima oscura del settore, quella che dobbiamo guardare in faccia prima che ci divori. La vicenda si è fatta squisitamente legale, ma labirintica fino al tragicomico. Non si capisce bene se è il settore tutto che ha paura di questa fusione e quindi gli sta mettendo i bastoni tra le ruote per fermare un progresso che però secondo me è già inevitabile o se tra Activision e Blizzard sono una tale manica di mentecatti, dal punto di vista societario, da non essere riusciti per mancanza di capacità a fare un buon lavoro nel chiudere questo accordo, lasciando un mucchio di buchi aperti. Nessuna delle due ipotesi dice bene del settore dei videogiochi, ma non so se dispiacermene. Abbiamo per anni coltivato il mito oscuro dei grandi dirigenti delle società che giocano con le figurine delle nostre anime senza scrupoli e freddamente come se vendessero olio motore e invece magari no, anche ai vertici delle grandi aziende dell'Industry ci sono dei poveri nerd casinisti che vorrebbero fare più soldi a partire da più soldi, ma spesso non gli è chiaro come si fa. Anche questo ha una sua carica di romanticismo.
Su The Games Machine (online), prende il via questa settimana Facce da TGM, column di opinione sul mondo dei videogiochi. Il primo articolo parla di acquisti in app, un argomento che qui avete visto trattare un sacco di volte. Al di là dello specifico, anch'io come Lo-Rez cerco sempre di coltivare e promuovere questo tipo di materiale. Dove ormai le recensioni videoludiche (e forse cinematografiche) sono ormai inutili oggetti ovvi questi pensieri liberi potrebbero essere invece interessanti per trovare spunti di dibattito, dibattito che naturalmente morirebbe, visto che non ci sono più i forum dove svilupparlo, ma che almeno vedremme la luce per un fuggevole secondo. E poi TGM questo mese è fuori con il numero 400, essendo una rivista che ho preso per tantissimi anni posso ancora trovare il piacere di festeggiarla.
Si vede che un po', con la testa (e con le mani con le mani con le mani cià cià), siamo in ferie, anche questo editoriale è solo una carrellata di facezie senza un Grande Argomento o una Ficcante Disanima o un'altra roba pomposa. Questi piccoli articoli di attualità sono quelli che rileggo meno volentieri, quando poi li vado a rivedere sul sito a distanza di anni, però secondo me non sono sbagliati perché anzi, se effettivamente ci fosse un pubblico di FTR che ci seguisse, credo che avrebbe piacere, ogni tanto, a scoprire che la nostra orbita non è così distante dalla loro. Che insomma non siamo solo dei vecchietti che giocano ancora agli ottobitti perché credono che ormai il mondo faccia schifo.
In realtà siamo dei vecchietti che credono il mondo faccia schifo, ma non abbiamo voglia di giocare agli ottobitti e così veniamo qui in rete a lamentarcene.
E anche i (cosa a piacere) dei videogiochi non sono più quelli di una volta!
Cymon: testi, storia, site admin“Dunque sono riuscito a concludere, posso ritenermi soddisfatto. Ma non sarò stato troppo edificante? Rileggo. Strappo tutto? Vediamo, la prima cosa da dire è che quella del Sangiorgio-Sangirolamo non è una storia con un prima e un dopo: siamo al centro d'una stanza con figure che si offrono alla vista tutte insieme. Il personaggio in questione o riesce a essere il guerriero e il savio in ogni cosa che fa e pensa, o non sarà nessuno, e la stessa belva è nello stesso tempo drago nemico nella carneficina quotidiana della città e leone custode nello spazio dei pensieri: e non si lascia fronteggiare se non nelle due forme insieme. Così ho messo tutto a posto. Sulla pagina, almeno. Dentro di me tutto resta come prima.” Italo Calvino - Il Castello dei destini incrociati