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1064, 07/05/2022 - Ballmer videos
1064
07 . 05 . 2022

Acquerelli

No, Primavera, non mi convincerai a usare l'ombrello! L'ombrello rappresenta la sconfitta suprema per un adepto dell'Abbigliamento Tecnico... al punto che persino quando è una pioggia letale come in Death Stranding il nostro eroe non cede.
Ma il Videogiocatore anela alla pioggia come la vegetazione primaverile: la pioggia gli è amica, anche quando lo scroscio improvviso spegne il fuoco delle sue grigliate.

Ci risvegliamo al dolce sussurro della pioggia dopo aver sognato Final Fantasy (un numero inferiore al 7!) nelle ultime settimane. Ancora confusi nel dormiveglia non distinguiamo sogni e realtà, possiamo continuare a credere di essere avvolti nel candido mantello di Celes, nella sua cascata di capelli biondi, o tra le piume sgargianti del costume di Kefka Palazzo, il cattivo più agghiacciante di tutti i Final Fantasy... o tra gli strass e le perline e le frange e le sete svolazzanti nei colori della primavera di Terra Branford (ma disegnerò anche te, prima o poi!).
Mi fa sempre un po' impressione pensare che i chara-design di Final Fantasy VI sono stati fatti da Yoshitaka Amano: un po' come le pubblicità della Coca-Cola disegnate da Norman Rockwell, o le reclame delle camicie da uomo di Leyendecker, o le decorazioni art-decò di Alfons Mucha per le scatole di biscotti al liquore.
Dove finisce l'arte e dove inizia la prestazione commerciale? Gli acquerelli commissionati ad Amano da SquareSoft hanno meno dignità degli acquerelli che dipingeva per conto suo? Anche Michelangelo dipingeva su commissione, e dietro pagamento. E dunque i ritratti 32x32 pixel dei personaggi nel menu di Final Fantasy VI sono arte vera, qualunque cosa significhi, nel filone di queste collaborazioni prestigiose.
Riportavamo la volta scorsa le dichiarazioni d'intenti di Final Fantasy XVI, che vuole rinverdire i fasti di questa dinastia trentennale: ma davvero? Sicuri sicuri? Perché noi vecchiardi che ci ricordiamo questa roba sappiamo essere amanti molto esigenti.

La SquareEnix moderna ha appena svenduto tutte le sue softwarehouse occidentali per concentrarsi sugli studi orientali (troppo bello per essere vero!), oppure per prepararsi all'acquisizione da parte di un altro gigante del settore (più probabile, purtroppo).
E credo che abbia davvero bisogno di un po' più di concentrazione, vista la roba che butta fuori nell'ultimo periodo, in primis Stranger Of Paradise (schitarrata elettrica): Final Fantasy Origin. Fin dal suo esordio abbiamo tutti definito questo titolo come l'apoteosi del trash. Il capolavoro, il trionfo del trash. Quattro coglioni conciati come se ti avessero appena spaccato il naso davanti a una discoteca di Riccione, più una Principessa trasformata in una bambola siliconata messe lì come esca per adolescenti... altro che “chara-design di Yoshitaka Amano”!

I delicati acquerelli di Amano? Ci pisciamo sopra!

L'atmosfera kitsch che avvolge questo titolo è stata facile preda dei meme: il più popolare è questo, in cui il nostro protagonista interrompe lo struggente monologo della fanciulla che gli sta aprendo il suo cuore... per esclamare “Pupù!”, “Popò!” e altre volgarità da maschio alfa, e spararsi nelle cuffie un'altra schitarrata elettrica.
Roba da non credere, ma è tutto vero: è tutto in una cutscene autentica di un videogioco vero che porta il sacro nome della dinastia celestiale, che ha un logo (molto bello!) disegnato da, ehm... Yoshitaka Amano.
Peraltro, i menu sono molto belli. E il gameplay è più che dignitoso, nel suo genere: ma serve ben altro per fregiarsi del Sacro Nome.
Tutte le famiglie reali hanno i loro membri reietti, caduti in disgrazia, la vergogna della dinastia... finché riusciamo a riconoscerli e isolarli va tutto bene: sarebbero guai seri se a un certo punto scoprissimo che ormai sono tutti così e la dinastia non ha più vergogna.

Avremo modo di risollevarci lo spirito negli editoriali futuri, se ci saranno, e di volare alti sopra queste miserie. Ma intanto ridiamoci su. Sono solo giocattoli.

Lo-Rez: arte, storia, web design
07 . 05 . 2022

Piangere sull'astronave

Questo editoriale sulla seconda stagione di Picard non è una recensione, ma un atto d'amore. Avevo parlato di Picard ai tempi della prima stagione, ma quello era dovere d'informazione. Non volevo scrivervi anche di questa seconda, ma quando il cuore batte è in FTR che bisogna farlo battere, il cuore è una lucciola e FTR il suo lampione (questa se non la capite è meglio, altrimenti fate finta di niente, grazie).

La seconda stagione di Picard parte forte-forte-forte: una distorsione spaziale si apre non lontano dalla Terra e da questa esce un cubo borg a forma di vag... di forma bizzarra. Il cubo stesso ha chiamato Picard al suo cospetto e una regina dal volto coperto si presenta sul ponte dell'astronave su cui l'ha raggiunto. Vedendo che i borg stanno avendo ragione della flotta Picard decide di far saltare per aria la sua astronave per salvare tutti, ma Q interviene nella solita maniera alla Q: fermando il tempo e rimescolandolo.

La vera avventura di questa seconda stagione di Picard è quindi, in realtà, un viaggio nel tempo indietro fino... all'anno prossimo per impedire che una modifica temporale trasformi la federazione in un impero del male. La vicenda però sarà intrecciata nientemeno che con l'infanzia del nostro capitano preferito oltre che con altre interessanti questioni/temi/easter egg.
Da qui in poi SPOILER. Ve lo dico perché certe sorpresine di cui parlerò secondo me è giusto che ve le godiate, se siete veri trekker.

Picard ci ha sorpreso assai, nella sua prima stagione, per la profonda startrekkosità e nel riuscire a evitare diversi dei problemi delle serie TV moderne. E' stato, ai tempi, confort food, anche con tutte e sue le sbavature, una serie-cuoricino a cui si perdona tutto perché ti scalda come una coperta morbida. In un certo senso questo mood è conservato. L'astronave su cui sale Picard all'inizio si chiama Stargazer (non ve li spiegherò i riferimenti. O li sapete o non li sapete) e il mood che si respira è proprio quello di TNG. Quello che un po' da fastidio, in generale, nella parte centrale, è che secondo me si sente che la scrittura di questa storia è una scrittura ottima per un glorioso episodio doppio di TNG, appunto, ma non sa come reggere dieci episodi. Gli easter egg, che già erano ruffiani ai tempi, qui diventano anche scarsamente funzionali alla trama, tutto il personaggio di Guinan, per esempio, sembra scritto esclusivamente per far fare una comparsata a Whoopie Goldberg. Oltre a ciò, sempre nel tentativo di tenere botta per un tempo molto lungo, ci sono alcuni trick stucchevoli, come la puntata ambientata nella mente di Picard, l'orribile parodia di X-Files e alcuni repetini cambi di setting. Il McGuffin al centro del viaggio temporale è liquidiato rapidissimamente e il Soong evil genius è ripetutamente buttato a calci al centro della scena soltanto per dare minutaggio al (pur ottimo) Spiner. Quelli di voi che, come me, back nell'epoca d'oro pensavano che l'idea di dotare i Borg di una regina non era una buona idea immagino che oggi sarebbero pronti a scendere in strada coi forconi, se non avessero altro da fare (tipo una famiglia, un lavoro o altre cose da adulti) al pensiero che una regina si possa convertire a essere "buona" con uno stucchevole pep talk.

Abbiamo, però, parlato di amore. Perché allora una tale sfilza di critiche? Diciamo che quello che avete sentito nel paragrafo precedente è il Cymon all'incirca fino al penultimo episodio, quando l'impressione era che la serie si trascinasse avanti di colpo di scena in easter egg. L'ultimo episodio ha fatto sì però che qualcosa facesse clac, nel mio intimo, girasse un interruttore, non tanto un interruttore per perdonare certe brutture, ma proprio qualcosa che mi facesse vedere tutto nella giusta prospettiva, ovvero notare che, sotto il vestito in acrilico dozzinale e pacchiano di una serie TV 2022 si trovava ancora il corpo e il cuore di Star Trek, lo Star Trek vero, quello bello, quello amato.
Al di là della sconfitta dei cattivi l'ultimo episodio di prende una lunga fetta di tempo per tornare al confrontro tra Picard e Q e si, siamo di nuovo, lì, dentro "All the good things...", con Q che sta morendo e Picard che alla fine viene guarito da Q dai fantasmi del suo passato. Viene quasi da chiedersi se la skeleton key che deve essere rimessa sotto il sasso per avviare la dolorosa sequenza di eventi che ha segnato Picard per sempre non fosse il vero punto di cambiamento con cui Q ha testato il nostro protagonista, se magari nel caso la chiave fosse andata distrutta lui sarebbe diventato lo spietato sterminatore di mondi che invece non è diventato. Si capisce che c'è un motivo se Q ha abbandonato Picard alla fine di TNG (perché tutte, tutte le cose belle devono avere una fine) ed è poi tornato di nuovo. Quello per cui piangemmo allora era il finale di un'avventura, semplicemente, quello per cui abbiamo pianto stavolta è stato il finale di una creatura, Q, che nella sua onnipotenza e arroganza ha ammesso di aver avuto uno e un solo amico ed è tornato a trovarlo prima di esplorare l'ignoto che noi creature inferiori chiamiamo morte.
E nel momento in cui quella cosa dentro ti fa clac ti accorgi che è vero, nessuno ha citato la frase finale di All Good Things, ma l'episodio si chiamerà pur Farewell per un motivo. Ti accorgi che si, anche se Wesley Crusher compare completamente accazzo (ma rigorosamente in continuity) non è solo un dozzinare Easter Egg perché Wheaton passava dal set, ma un momento in cui rivederlo e accettare che tanto lo abbiamo odiato (ma tanto) trent'anni fa quanto siamo pronti a volergli bene adesso. E poi ami, ami della nerditudine vera, il fatto che il professor Soong venga collegato a Khan perché sai che l'hanno fatto perché, in un momento di pigrizia o troppo sentimento, l'eugenetico a petto nudo era stato ai tempi battezzato come il padre di DATA per quella storia del pilota coreano amico di Roddenberry.

Picard è questo. Amore e nostalgia. Se andiamo a vedere la scrittura, in generale, con anche la corretta chiusura sulla vicenda dei borg iniziali (e un probabile teaser per la terza stagione) siamo davanti a una storia solida con alti e bassi nella realizzazione. Sopra questo, però, Picard è soprattuto amore, quell'amore che credevamo nessuno più provasse nell'industry, quel segnale, lanciato nel cosmo da una distanza siderale, per urlarci che non siamo soli, nel vuoto del cosmo.

(poi c'è l'altro eco, quello della REALTA' VERA che ci funesta sempre, ultimamente, negli editoriali. La serie è ambientata nel 2024. Nella continuity Star Trek pochi anni dopo scoppia la terza guerra mondiale che quasi ci estingue. Il contesto sociale presentato è orientato a quello, ma non si discosta per niente dalla nostra realtà. Fa venire quel niente i brividi)

Racconta la rete che Strange New Worlds sarebbe una serie procedurale come gli Star Trek di una volta. Sarà vero? E' uno spin-off dell'odiata Discovery, la serie del piccolo odio, quindi sono piuttosto reticente ad avvicinarmicisi. Chi lo sa quanto forte sarà in me il richiamo della flotta.

Editoriale finito, stiamo per scrivere uno stucchevole "beam me up!" con cui andare a casa. Sulla vicenda riportata settimana scorsa c'è un comunicato che ridimensiona la questione. Noi però più della bagatella legale ci eravamo concentrati sui soliti argomenti che ci piacciono, la storia e la passione, quindi poco cambia.

Beam me up!

Q: Farewell, mon capitaine. It's time for me to go.
Picard: But not alone. Isn't that the point of all this?

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