La paura del saggio
Piove come ne Il Corvo (1994), e le strade delle nostre città fanno schifo e sono lerce come ne Il Corvo (1994).
È il tempo giusto per orrori veri o presunti: difatti il povero Gödel si trova ancora nell'antro del suo Direttore dalla settimana scorsa, a rispondere a domande sempre più imbarazzanti.
Lasciamolo lì ancora un po', perché vorrei tornare un attimo a Il Corvo, stavolta quello del 2024. Dopotutto è un sacco di tempo che non parlo più di cinema su questa colonna... tristissimo dunque riprendere con un film che non consiglierei proprio a nessuno. Eppure non l'ho trovato nemmeno così disperatamente brutto come taluni insistevano a dire nei 5 minuti di fama che ha avuto il film sulla Grande Autostrada Informatica. Si tratta di un film inutile, anzi dannoso per la memoria dell'originale, stupidissimo e con un finale insulso, con una colonna sonora che sembra la mix tape di un quattordicenne alla ricerca dei propri gusti personali che ascolta roba a caso sperimentando di qua e di là...
...Ed è comunque meglio di certe cosucce che ci propongono i più famosi servizi di streaming: allegria! Questo Corvo perlomeno mi è parso sincero nel suo tentativo (peraltro totalmente fallito) di aggiornare la storia ai costumi dei giovanotti di oggi: meno rock e più, ehm, trap. Ma apprezzo come si prende sul serio.
Basta così. Nei prossimi editoriali, se ci saranno, avrò ben altre visioni da commentare, sia sullo schermo piccolo che sul grande (ma viste comunque sempre sul piccolo).
Anche la Letteratura, poverella, manca da un po' su queste pagine. Ma nel suo caso è normale: ne parliamo raramente tutti e due noialtri autori, e io di norma solo per l'editoriale estivo. Anche a questo intendo porre rimedio presto.
Ma non oggi, sebbene il mio titolo potrebbe trarre in inganno: “La Paura del Saggio” di cui vorrei parlare non è infatti il secondo libro della serie di Patrick Rothfuss, devo dire uno dei pochissimi cicli fantasy che non mi provocano violente convulsioni e secchezza delle fauci (nonostante il fantasy sia in teoria il mio genere preferito).
No, la paura del saggio è questa: giocare i giochi appena escono. Soprattutto se vi piacciono e ci tenete.
Il saggio ha paura di fare questa cosa perché è sempre, invariabilmente un errore madornale.
Non importa quanto bruciate di fomento: il saggio trattiene i cavalli, e aspetta con pazienza.
Un gioco appena uscito si trova nella sua forma peggiore: è una cosina misera e fragile e tutta appiccicosa di roba schifosa. Certi giochi, è vero, rimangono così per sempre, ma tanti altri iniziano una vera e propria vita, un percorso di crescita che, patch dopo patch, li porterà a raggiungere infine il loro pieno potenziale.
La Forma Ultima di un videogioco si manifesta solo mesi o addirittura anni dopo l'uscita.
Questa è una triste verità sin da quando gli aggiornamenti online hano reso possibile correggere la tua copia del gioco senza per forza entrarti in camera e scambiarti la cartuccia (o il CD) a mano.
Prendiamo ad esempio quel giocazzo di Guerre Stellari di cui abbiamo già parlato un po'. Star Wars Outlaws è uscito quest'estate, ma la cara Ubisoft ha reso noti dei piani di aggiornamento piuttosto ambiziosi che arriveranno ben oltre questo natale. Certo, l'ambizione di questi aggiornamenti è direttamente proporzionale allo stato malandato in cui versava il gioco all'uscita... ma sono un bello schiaffo nel didietro a quegli stolti che hanno speso CENTODIECI euro per giocare il giorno stesso dell'uscita, se non in accesso anticipato.
Oltre alle correzioni, doverose ma magari trascurabili se proprio uno ha la smania di giocare subitissimo, vengono anche aggiunti contenuti del tutto nuovi, e il gameplay viene ribilanciato e limato. Risultato: siamo al paradosso che chi paga di più ottiene il privilegio di giocare di meno e peggio.
Ma non voglio infierire su Ubisoft, povera bestia ferita (forse mortalmente): lo stesso accade per quasi tutti i giochi, grandi e piccini. Io ad esempio mi sto ancora trattenendo dall'iniziare Sea Of Stars, nonostante la sua grafica 2D meravigliosa che mi attira come il canto delle sirene. Mi sto trattenendo perché anche qui, a un anno e più dall'uscita, sono stati annunciati nuovi contenuti gratuiti e arricchimenti del gioco base: tutta roba che mi perderei a giocarlo adesso.
Perfino un titolo come Space Marine 2, tutto single-player e ignoranza, riceverà aggiornamenti per almeno tutto il 2025... e se io mi facessi le mie 30 ore subito, dovrei poi rigiocarmelo tra un annetto per cercare le differenze? Assurdo, non ho tempo di giocare nemmeno un frazione di tutto quel che vorrei, figuriamoci rigiocare più volte lo stesso titolo solo perché lo hanno migliorato.
Questa caratteristica è peculiare dei videogiochi: i film e persino la roba in streaming escono fatti e finiti, come sono sono, prendere o lasciare.
(Ma sì, ci sono le scene tagliate e le vere o finte “Director's Cut”, e nei cartoni animati qualche volta ridisegnano qualche fotogramma per l'uscita in home video, ma sono solo rare curiosità per cinefili.)
Tra gli altri effetti, gli aggiornamenti continui ai giochi rendono ben poco sensate le recensioni all'uscita, e ancora più vuoti i famigerati Voti che scatenano tante guerre tra fanatici.
Ma soprattutto, rovinano la festa a me, che volevo godermi un bel gioco ancora caldo, appena sfornato, e invece questa Saggezza mi condanna ad aspettare, aspettare, aspettare finché si fredda, in attesa che il cuoco venga a mettermici sopra l'uvetta e la granella di cioccolato.
Lo-Rez: arte, storia, web designLi mortacci
E' di ieri la notizia che il formidabile sistema anti-pirateria messo in piedi per impedirvi di guardare le partite di calcio a gratis noto come Piracy Shielf ha bloccato Google Drive. Una tragedia annunciata e attesa, considerando che come al solito quelli che hanno progettato il sistema non hanno veramente progettato il sistema, hanno solo creato un pretesto per una ottusa caccia alle streghe. In pratica si tratta di prendere a campione dei computer sparsi per il mondo e immergerli nell'acqua. Se smettono di funzionare erano computer buoni, se continuano a funzionare sono computer del demonio e vanno bruciati. In entrambi i casi capirete che i servizi che vi girano sopra non necessariamente potranno garantire continuità.
Oggi però non volevo annoiarvi con cose barbose e brutte, ma parlare di videogiochi giocati. Il vincitore dell'estate, proclamato a ottobre, per quello che riguarda la mia cameretta, è sicuramente
Death's Gambit che mi ha visto proprio oggi uccidere l'ennesimo boss e che a oggi conta 28 ore di gioco, cifre vertiginose per quel che mi riguarda.
Come al solito il motivo di tanto affetto è inspiegabile, ho installato DG probabilmente attirato dalla grafica 2D a pixel di poche pretese e devo dire che nemmeno sapevo di essere davanti a un soul-like. Dopo le prime cinquanta-cento morti, corredate di improperi al video e gag spassose da parte della Morte in persona, ho cominciato ad avere il sospetto di essere finito nel genere croce e delizia della maggior parte dei videogiocatori. Non ho però abbandonato l'impresa e alla fine, come raccontano tutti, ho visto diminuire le mie lagnanze ad alta voce (molto alta) e aumentare i risultati fino al giorno di oggi, dove ancora la fine è lunga a venire, ma intanto il viaggio è proseguito per un buon tratto.
Come Lo-Rez sottolinea sempre, senza mai stancarsi, l'importanza della direzione artistica nella realizzazione di un buon videogioco sapete che io amo porre l'accento sulla narrazione. Death Gambit è una vicenda fantasy grimdark come dicono i giovani d'oggi, dove abbiamo un protagonista che, partito per conquistare la fonte dell'immortalità, trova la sua fine e viene ingaggiato dalla Morte in persona per riprendere la crociata in suo nome, per abbattere il regno ormai corrotto e decadente degli Immortali di Aldwyin, nonché scoprire, a contorno, il destino di sua madre, scomparsa in un'impresa molto simile anni prima.
Il gioco è subito simpatico perché completamente tradotto (qualcosa di preziosissimo, ascoltate me). Questo ci permette di godere appieno di una delle dinamiche che più ce lo fanno apprezzare, ovvero il dialogo tra Morte e il protagonista. La Morte di Death's Gambit non è il personaggio surreale di Pratchett, ma è comunque dotata di una forte componente ironica (e auto-ironica) che la renderà un'insopportabile commento delle nostre disfatte e una fonte di dialoghi brillanti. C'è n'è abbastanza per montare quell'atmosfera che comunque, anche quando hai la vena del collo che è lì lì per scoppiare, ti dà l'impressione di star passando delle ore liete.
Il mondo di gioco, poi, seppure 2D, non manca di profondità. La mappa, che dovrete affrontare in lungo e in largo man mano che si sbloccano le abilità, mostra scenari molto diversi, dal puro borgo medievale fino a segrete infernali inondate di sangue passando per una curiosa parentesi fantascientifica che apre molti dubbi su quel sia il fondamento della storia. Il tutto è gestito con sottile, ma sorprendente carisma, come dovrebbe essere per i videogiochi il proseguo introduce personaggi senza dare loro moltissimo spazio di approfondimento, facendo sì che li si scopra man mano, andando avanti, aggiungendo piccoli frammenti che di volta in volta ne danno un quadro sempre più completo. Alcuni di questi sono già molto belli per il semplice design, altri si rivelano, al pari di Morte, delle fonti di ottime interazioni.
Ovviamente grandissimo lavoro sui boss che, come in ogni soul-like, sono una specie di opera a sé stante. La diversità di situazioni e design li rende tutti molto affascinanti, anche se, sempre secondo le regole del genere, insopportabili da combattere.
Non c'è secondo me molto da dire, invece, sul gameplay del gioco che è la solita variazione dei Soul, in salsa 2D, con armi che impongono diversi stili di combattimento, abilità da acquisire e integrare nella battaglia e diverse statistiche per cui farmare minion tra un boss e l'altro. Come ho già spiegato oggi anche in giochi molto belli vediamo principalmente variazioni minime su gameplay assodati piuttosto che reali studi e, in un certo senso, va anche bene così. Il combattimento risulta solido e i comandi non ti mettono i bastoni tra le ruote.
Riuscirò a finire Death's Gambit? Difficile dirlo, ho sempre paura di trovarmi davanti la situazione troppo complicata da gestire capace di scorarmi una volta per tutte. Eppure ho affrontato diversi momenti difficili che ho superato e di solito quando questi si accumulano finiscono con "rompere il fiato" permettendoti di mantenere il passo di marcia a lungo fino alla vittoria. Se lo finirò certamente ve ne riparlerò.
Cymon: testi, storia, site admin“Death is a matter of principle, neither good nor evil. And like all children they are legacies of their parents, a mirror into their past to remaind them what it is like to live for the sake of life and no survival.”