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1184, 26/10/2024 - La città vampira
1184
26 . 10 . 2024

Ann Radcliffe

Il vampiro è il nostro Mostro Classico™ preferito. Gli zombi puzzano. Frankenstein è tutto rotto. La Mummia è noiosa. Il Lupo Mannaro è un vampiro che non ce l'ha fatta.

Spesso poi i vampiri sono protagonisti di storie horror che non fanno paura, di film che persino io posso guardare. Hanno questa tendenza a mischiarsi con altri generi che titillano ben altre sensazioni, da Buffy L'Ammazzavampiri andando giù giù fino a certe puerili fanfiction... i nostri gusti sono proprio noiosi, proprio da, ehm, normie!
Ma non possiamo farci niente. Abbiamo già omaggiato ad esempio le “Amanti Gemelle di Dracula” in sottoveste trasparente di Twins Of Evil (1971), quando un decennio fa ho fatto quest'illustrazione.

E mi vergogno un po', rivedendo quella illustrazione, a proporne oggi su queste pagine una nuova: mi sembra di essere peggiorato invece di migliorare. È quel che capita quando prendi in mano il pennino una volta l'anno.
Ma l'ispirazione, quella brucia ancora più ardente che mai: e mi spinge a sfidare il ridicolo e a mettere insieme con le mie poche forze un'immagine disegnata con tutti i trucchetti più sporchi e le scorciatoie più indegne che sono riuscito a trovare (tranne usare l'IA generativa, che quella ancora non l'ho approfondita).
E insomma eccola qua in formato più grande: Ann Radcliffe (ovvero La Città Vampira).

Oh, Ann, meritavi ben altro omaggio! Quasi ti immagino che ti rivolterai inquieta nella tomba come Anna Falchi in Dellamorte Dellamore.

(Ma anche un po' meno!)

Il tuo omaggio però l'hai già ricevuto da ben altra mano che la mia, nel romanzo in questione: La Città Vampira (o La Sventura di Scrivere Romanzi Gotici), di Paul Féval. Un'opera di un secolo e mezzo fa, dedicata da un grande autore francese a una grande autrice inglese morta cinquant'anni prima.
Mi ha stupito, a me coniglietto ingenuo, scoprire che un romanzo dell'Ottocento aveva già avuto l'intuizione di costruire una storia di fantasia con protagonista una figura storica, una scrittrice nientemeno, famosa già all'epoca per le sue opere di genere gotico...
M-ma quindi non è Netflix che ha inventato le Donne Protagoniste Forti™?! Ma pensa un po'!
E invece basta scavare un centimetro fuori dall'orticello ben curato della Letteratura Mainstream, sfruttando le potenzialità della Grande Autostrada dell'Informazione che abbiamo inventato appunto per questo, per trovare ad esempio questo romanzetto breve (pubblicato in italiano da Urania in “Cerimonie Nere”).
Protagonista: un'eroina cerebrale coraggiosa e intraprendente che si imbarca in un'avventura attraverso mezza Europa per salvare il promesso sposo della sua migliore amica, rapito da un vampiro.
È un libro di 150 anni fa, scritto per gioco, ma è comunque molto meglio di una sceneggiatura Amazon Prime: pensa come siamo messi.
Il nostro Paul Féval probabilmente era affascinato come tutti dalla figura di Ann Radcliffe: com'è che una tranquilla signora inglese, riservatissima casalinga, d'un tratto s'è messa a produrre romanzi best-seller super-spaventosi e super-pervertiti (per l'epoca: oggi fanno ridere)?
Uno capisce ad esempio H. P. Lovecraft, povero nerd sfigatissimo, ma una così? In realtà io non ci vedo proprio nulla di strano o anormale, ma così non era divertente. E dunque l'autore si immagina questo episodio nella vita di Ann, quando da giovinetta proprio alla vigilia delle nozze la sua vita viene sconvolta dalle trame di un perfido vampiro, che dopo il lieto fine le lascia la voglia di scrivere qualcosa del genere.

“La Sventura di Scrivere Romanzi Gotici”, appunto.
Mi piaceva l'idea di riprodurre una copertina marmorizzata dell'epoca insieme a una locandina di un film horror della Hammer, con lei (non ancora scrittrice ma già avida lettrice) che prende uno zaino e parte in treno per la Serbia per dare la caccia ai vampiri.
il vampiro poi è ben lontano dai canoni classici letterari (Bram Stoker era un ragazzino quando è uscito questo libro), e ha poteri bizzarri e originalissimi, per non parlare della Città del titolo, che mi piacerebbe davvero vedere ritratta in un film fatto bene.

Ma se proprio dobbiamo accontentarci dei film che esistono già, allora un film di fantasmi molto appropriato per Ognissanti è Personal Shopper.

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26 . 10 . 2024

Pendolari dell'assurdo

Quanto è lontana la provincia da una grande città? La risposta più facile da dare è "poche fermate di treno (o di bus)" solo che questa risposta è ingannevole, perché non significa la stessa cosa in tutte le parti del mondo. Intorno a Londra, che si vanta di avere i trasporti pubblici tra i più efficienti d'Europa, anche vivere molto lontano da Londra significa comunque salire su un treno, in qualsiasi ora del giorno e, dopo un tempo relativamente breve, arrivare in città. Nei dintorni di Milano, soprattutto in certe zone d'ombra, è invece noto come cercare di raggiungere la città utilizzando i mezzi pubblici sia una specie di avventura, con un esito sempre diverso tutti i giorni.
La risposta, per le ragazzine di A train to the end of the World è ancora differente.

La trama dell'anime parla dell'installazione del 6G (sic!) in tutto il Giappone. Salutata come un enorme passo avanti tecnologico in verità l'attivazione della nuova rete porterà un disastro apocalittico che deformerà la nazione (o il mondo intero chissà) trasformandolo in una landa di assurdità e personaggi bizzarri. Tra i tanti suoi effetti renderà enorme la distanza tra Shizuru, una ragazzina che abita un sobborgo di Tokyo e Yoka, la sua migliore amica, che nel momento del disastro si trovava a Ikebukuro. Questa distanza sarà in realtà anche una ferita aperta perché Shizuru e Yoka, la notte prima del disastro, si sono lasciate on un furioso litigio.

E' per questo motivo che appena Shizuru scopre di poter raggiungere Ikebukuro usando lo stesso treno locale che l'ha sempre portata in città prima del cataclisma non esita un secondo a salirci a bordo e decidere di guidarlo verso la sua ultima fermata, portandosi dietro, volente o nolente, le sue tre migliori amiche, da quel momento compagne d'avventura e sostegno alla sua missione.

A train to the end of the world (che è piaciuto pure a Kojima) è un racconto di viaggio con quella punta di assurdo che ricorda Alice nel Paese delle Meraviglie e forse anche con altrettante metafore che però la mia ignoranza non è riuscita a cogliere. Le quattro ragazzine del titolo, di puntata in puntata, raggiungono diverse stazioni della linea che collega il loro paesello a Tokyo e affrontano le bizzarrie che il 6G ha generato di luogo in luogo, dalle persone entrate in simbiosi coi funghi a quelle che vivono secondo le regole di un popolare Manga fino al popolo degli Zombie che esplodono se si eccitano sessualmente (long story). Mentre la storia va avanti così in modo un po' procedurale, però, approfondiamo anche il rapporto tra Shizuru e Yoka come anche il rapporto tra Shizuru e le altre ragazze del gruppo, mettendo a nudo, come capita spesso, le problematiche dell'amicizia e dell'adolescenza.
Nella parte finale della serie il ricongiungimento con Yoka e lo scontro con l'assurdo cattivo che si trova alle sue spalle, che arriva a un'abbastanza prevedibile conclusione.

A Train to the End of the World è un bell'anime, realizzato piuttosto bene, alcuni passaggi tra i più strani non sono molto dettagliati, ma il grosso delle vicende sono ben disegnate e realizzate. La sua forza sta nella psicologia delle quattro ragazzine che tengono in equilibrio la tensione narrativa mentre le avventure si susseguono una dietro l'altra. E' un anime a cui avremmo chiesto di scavare un po' di più nel sentimento, anche con tutto il suo contorno di assurdità perché è evidentemente questo il suo maggiore punto di forza. Questa cosa però gli riesce solo fino a un certo punto e il finale, di non grandissimo impatto, impedisce di catalogarlo come capolavoro. Per una volta però rileviamo una closing song degna di nota come ci capita sempre meno spesso di vedere.

Nonostante i suoi difetti rimane un anime consigliato, perché le protagoniste sono kawaissime e alcune delle scelte narrative decisamente interessanti. E' un piacevole viaggio nell'immaginazione con un tocco di catastrofismo che impedisce di stare tranquilli. E' anche una riflessione romantica sul rapporto tra la città e i suoi sobborghi e i treni che collegano questi due luoghi così lontani però strettamente intercorrelati, qualcosa di cui non si sa molto negli anime e di cui in generale non parliamo, ma che contiene delle dinamiche che ci sono molto vicine.

“Prendo il solito / Vedo tutto un po' annebbiato, nero gotico / Mi piace quando lui mi guarda supersonico / Poi ci mette il carico / Pensavo fosse un gioco / Forse è un amore platonico / Ma è solo un gioco erotico / Sotto voce, sotto un cielo nero gotico / Mi piace quando lui mi guarda supersonico / Poi ci mette il carico / Pensavo fosse un gioco / Forse è un amore platonico / Ma è solo nero gotico (Nero, nero, nero, nero) / Solo nero gotico (Nero, nero, nero, nero)”

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