Due dischi
Il tempo è ciclico, o forse no, ma l'industria videoludica certamente lo è: tutti gli anni ci ritroviamo a ripetere gli stessi riti, negli stessi luoghi, negli stessi momenti.
Questo è il tempo delle grandi Fiere. Eppure, lo ripetiamo ormai come un mantra da molte settimane, le cose cambiano. Neppure i giochini e le loro fiere sono esenti dal cambiamento: l'E3 non esiste più ma altre manifestazioni sono sorte al suo posto, ballano sul suo cadavere losangelino di asfalto chiaro ombreggiato dalle palme. Noi all'E3 non ci siamo mai andati, e un video visto qui o là non ci fa poi tutta questa differenza, ma anche qui le cose sono cambiate, anno dopo anno... è quasi confortante.
Le fiere cambiano nome, le esposizioni si smaterializzano, si frammentano, si decentralizzano ma al tempo stesso sono sempre più omologate in un melenso omogeneizzato bio in cui tutti dicono le stesse cose e si presentano allo stesso modo per non essere marchiati come Devianti dagli algoritmi statistici che governano la visibilità digitale.
Io davvero vorrei parlare di giochini, ma quello che succede intorno, purtroppo, è ben più interessante. Ogni giorno è un passo verso il futuro distopico immaginato nei decenni passati (questa roba qui ad esempio si stenta a credere che sia stata presentata senza un briciolo di autoironia o consapevolezza).
Tutto è in trasformazione. Su questi eventi in realtà mista aleggia il fantasma di Hideo Kojima, probabilmente in giro per promuovere il suo documentario su se stesso (scritto, diretto e interpretato da?): uno che ha fatto della prescienza la sua cifra stilistica, e che oggi nell'anniversario di Metal Gear Solid 4 trova confermato nella vita vera un immaginario di milizie private e droni da combattimento.
La realtà insegue la fantasia, e a volte la supera.
Non avrei mai immaginato di dire questa cosa, io che sono fatto al 70% da Final Fantasy VII, ma avrei preferito per il filmato finale della Summer Game Fest 2023 un annuncio nuovo ed eccitante, non la conferma concreta dell'esistenza della seconda parte di un remake di Final Fantasy VII.
Incredibile.
Però vedere i luoghi della nostra infanzia rivisitati e tirati a lustro è sempre commovente. Così come mi ha fatto molta tenerezza l'annuncio orgoglioso che il gioco sarà “su due dischi”.
Il numero di dischi come misura del lusso mancava da troppo tempo in questa industria.
Permangono i timori relativi al completo annientamento di tutto ciò che ha reso magico questo gioco nei nostri ricordi dorati, e l'insinuazione sibillina di Sephirot su Tifa (!!!) mi ha ferito come se stesse insultando un mio parente stretto. Giù le mani da Tifa, mostro!
Ti amo cabinato
Non sembra anche a voi di essere tornati improvvisamente nel cuore degli anni novanta? All'orizzonte si profila una sfida che rigorda le epoche gloriose quando costosi cabinati avevano potenza di calcolo inferiore al vostro telefono cellulare. Da una parte abbiamo Street Fighter 6 che, come ha bene esposto Lo-Rez, ha fatto ammenda degli errori del passato e sembra essere tornato ai fasti di un tempo. Anche io, ammetto, sono rimasto un po' interdetto di fronte alla bad-boy Cammy proposta, in fondo la ragazza non ci piaceva solo per la sua agilità e le sue lunghe gambe, ma anche per il profondo senso del dovere (ok, inculcato mediante lavaggio del cervello) che dimostrava nei confronti della causa. Fortuna che, almeno, il suo costume originale è recuperarabile.
Dall'altra parte, ne abbiamo già parlato, sta tornando anche Mortal Kombat e il suo ritorno è così imperioso che ha fatto persino risalire le quotazioni dell'undicesimo capitolo, in giro già da un po'.
Mortal Kombat e Street Fighter hanno sempre rappresentato due chiese profondamente diverse nel mondo dei picchiaduro. Mortal Kombat arrivò sulla scena dei picchiaduro 1vs1 per fare il monello quando ormai la fama di SF(2) era già consolidata. Dove SF2 esasperava la tecnica, i tasti e le configurazioni ardite MK prometteva di picchiare forte, sempre, con tanto tanto sangue. Anche la direzione artistica, nel passato, era più evidentemente diversa che oggi. Da una parte la migliore arte a 256 colori del tempo, dall'altra delle foto sgranate di persone vestite da imbecilli. Due stili che si sono evoluti in un caso in un 3D fumettoso estremizzato molto interessante e nell'altro in un buffo iper-realismo che iper-realismo non è mai stato con toni cupi e un gran senso cinematografico delle scene.
In realtà della qualità dei due titoli, a questo punto della vicenda, mi interessa poco. Quello che amo è vedere come queste due vecchie glorie stanno infiammando la scena. Oltre a ciò una domanda è legittima: come mai adesso scopriamo che il pubblico è così affamato di picchiaduro? Abbiamo identificato con una certa precisione lo spettro in cui ricadono i giochi triplaA, che sono sempre più o meno delle avventure in terza persona esplorative. Qui stiamo parlando di tutt'altro. Delle due l'una: o il mercato ha cambiato il suo baricentro oppure esistono delle finestre, nello spirito del tempo, in cui il gioco mainstream cede il passo perché anche prodotti più particolari possano divertirsi. Nessuna delle due ipotesi è plausibile perché non abbiamo tutte le Grandi Case che voglio scendere in campo con un loro picchiaduro, ma è anche vero che SF6, per ora, sta vendendo un casino.
Per continuare a sentire il profumo di epoche passate ricordiamo anche Diablo 4 che è sceso in strada a sua volta. Anche in questo caso il look&feel è quello dei tempi andati e anche in questo caso sembra che tutto il mondo abbia bisogno di giocarlo. Diablo 3 non è un gioco uscito troppo tempo fa e anche se pure in quel caso si montò un invidiabile hype non ci sentiamo di dire che spaccò le montagne. Oggi invece anche questo titolo sembra vedere il rinascimento dell'hack&slash, un altro genere clinicamente morto e che non vede altri esponenti in nessuna direzione della scena.
Forse è l'estate che viene avanti e che vuole andiamo in vacanza anche dal videogiocare serio, come le relazioni si incrinano di fronte alla liceziosa libertà data dal sole e dalle vacanze anche la nostra rigida militanza nel mainstream videoludico cerca una via di fuga, un breve sogno di qualche settimana, o mese, prima della routine. E' bello, secondo me, che nessun genere possa dirsi morto, un po' meno bello che le serie che possono portare avanti molte cose siano quelle radicate nella storia del videoludo e nessuno voglia avventurarsi su una nuova IP usando un qualche genere che non siano quei due o tre che si vedono oggi. Non parlo ovviamente dell'indie, parlo di chi vuole investire soldi. La mente, in questi casi, mostra sempre scarsissima apertura.
Argomento di chiusura di questo editoriale è questo articolo su TGM perché mi ha ricordato alcune discettazioni che avevo fatto in passato. E' un articolo che tocca molti argomenti interessanti con grande razionalità eppure, esattamente come me, non riesce a trovare la quadra su un tema molto importante quale quello della rappresentazione delle donne (principalmente). Accettato che l'utenza videoludica NON E' PIU' solo maschile come vanno rappresentate le ragazze? Da detentore di una DonnaNudaInCopertina(TM) demonizzare la sessualizzazione non mi è possibile o meglio, forse è giusto sganciare la sessualizzazione dall'estetica. Un'esigenza narrativa che non possiamo toglierci di dosso è che i protagonisti dei videogiochi, anzi, i protagonisti in generale siano "belli" o, meglio, usando il termine inglese che meglio afferra il concetto "likable". Questo è parte del meccanismo che ci porta a sentirci a nostro agio mentre la storia viene narrata o mentre impersioniamo questo o quel personaggio. Ma la bellezza è qualcosa di molto più vario di quello che si può pensare. Aloy è bella, è un personaggio potete, fiero, non è affatto un buon esempio di personaggio "brutto" se non per persone con una mentalità ristretta. Tutti i personaggi protagonisti di videogiochi e storie saranno in un qualche modo belli e la bellezza, nel momento in cui incontra i nostri istinti, è spesso sessualizzabile.
La malizia è nell'occhio di chi guarda, indugiare troppo su questa malizia è, oggi, di cattivo gusto. Se parliamo di rappresentazioni di epoche diverse che avevano un altra concezione della donna e vogliamo richiamarla forse possiamo operare in deroga, ma farlo oggi senza un minimo di ragionamento è becero e giustamente riceve critiche dal pubblico. Non è il corpo che si sceglie di mostrare il problema, se lo fosse, come dice l'articolista, staremmo già discriminando. Quello che conta è come si sceglie di raccontarlo. Una sfumatura che molti purtroppo non colgono.
Cymon: testi, storia, site admin“Quando ebbi compreso cos'era che faceva dell'America una nazione così pericolosa e infelice di gente che non aveva a che vedere con la vita reale, decisi di evitare di scrivere romanzi. Avrei scritto della vita. Ogni personaggio avrebbe avuto esattamente la stessa importanza di tutti gli altri. A tutti i fatti si sarebbe dato lo stesso peso. Non si sarebbe lasciato fuori niente. Altri mettessero pure ordine nel caos. Io, invece, avrei messo caos nell'ordine, come credo di aver fatto.
Se tutti gli scrittori facessero così, allora forse chi è estraneo al mestiere di scrivere capirebbe che non c'è nessun ordine nel mondo che ci circonda, che dobbamo invece adattarci alle esigenze del caos.
E' difficile adattarsi al caos, ma si può fare. Io ne sono la prova vivente: si può fare.”