Sui generi
E dì, Clara, hai fatto un brunch, a quelle kermesse? Clara sempre trendy, sempre così influencer! Del resto Milano è la capitale dell'itanglese, e se mai ci fosse un evento del genere, quale posto migliore!
Ma ora immaginate lo sgomento di noialtri: noi siamo quelli per cui è sempre la Milano Wrong Week, ogni giorno dell'anno... e specialmente oggi.
La nostra condanna è essere vecchissimi nelle spoglie mortali, ma ancor più nella testa e nel cuore. Questi miei occhi hanno veduto la copertina verdeggiante della cartuccia di Secret Of Mana, e queste mie mani hanno stretto il CD allegato a Giochi Per Il Mio Computer con la versione shareware di Quake: ma queste e tutte le emozioni della mia storia personale scivolano via come le goccioline di nebbia sul parabrezza del tram che porta i giovinetti alla - ehm - “ Milan Games Week“.
Le generazioni si avvicendano nel mondo, e chi c'era prima deve far posto a chi ha da venire. Come gli Elfi tolkeniani, dobbiamo capire quando è il momento di ritirarci; altrimenti facciamo la figura di Mr. Burns con la maglietta di Stecco.
Detto questo, sia ben chiaro che il nostro ritiro riguarda soltanto la manifestazione milanese: i videogiochi conservano un posto importante nel nostro cuoricino, ora e sempre. Infatti oggi Follow The Rabbit, che è un sito da vecchi, vi deve esporre l'opinione di un vecchio sui - ehm - “The Games Awards 2022”.
I candidati nelle varie categorie tratteggiano uno scenario desolante. Non tanto per il videoludo: non sono inacidito a tal punto! No, il settore del divertimento elettronico gode di ottima salute, e mai come ora è stato tanto vitale. Si trova di tutto per tutti... soltanto, certe volte capita che... appena prima di dormire mi sembra di sentire un ricordo che mi fa male un po'... No! Gode di OTTIMA SALUTE. Basta. Non c'è altro da aggiungere.
Ehm. Ma dicevamo: è uno scenario desolante, non tanto per i giochi quanto per il giornalismo videoludico. Ah, ecco, il giornalismo videoludico! Facile, prendersela sempre con il giornalismo videoludico! Solo un paio di settimane fa gettavo fango sull'intera offerta editoriale in lingua italiana, comprese le iniziative che teoricamente quelli come me dovrebbero lodare: sono proprio incontentabile!
Be', sì. Però resta il fatto che quando le grandi menti della critica videoludica mondiale si riuniscono per esprimere i migliori candidati nella categoria “Best Action” (che, fate bene attenzione, è una categoria distinta da “Best Action / Adventure”) e mettono insieme Bayonetta 3 e Call Of Duty MW2, oppure Elden Ring e Triangle Strategy... ecco che si estingue in me ogni speranza di un mondo migliore.
Tanto per cominciare, le categorie stesse sono opinabili: faceva un lavoro migliore la rivista K negli anni '90. Ma siccome non siamo più negli anni '90, sarebbe ora di sbarazzarsi della prigione mentale dei Generi almeno quando si danno i premi: va bene premiare la Direzione Artistica, la Colonna Sonora, gli Attori... ma non addentriamoci nel campo minato dei Generi, per pietà! Al massimo dividiamo i giochi dove servono riflessi e polpastrelli dagli altri. Sennò poi è ienvitabile ricorrere a queste forzature.
Anche le candidature, poi, ci dicono tantissimo dei critici di settore nel 2022. Ignoranti, meschini, corrotti fino al midollo, spiriti pavidi e ignavi? Non tutti, certo, ma allora chi caspita ha potuto votare Stray come giochetto “indie” quando ha alle spalle la forza miliardaria di un publisher come Sony? È sciatteria, nel migliore dei casi.
Una volta il tratto distintivo dei “nerd” era che ci tenevano troppo, alle loro cosine. Ormai perfino il mondo fatato dei videogiochi non è più un rifugio per noi, e ci sentiamo fuori posto anche qui.
Lo-Rez: arte, storia, web designPokemon di tipo terra-terra
Dopo questa vignetta su tutti i siti di click-baiting che Google (Google, eh, non il portale "Brugole e Carnazza") si ostina a rifilarmi appariranno titoli "In che città è ambientato FTR? C'è una spiegazione che..." oppure "Clamorosa ammissione degli autori di FTR. Clara..." eccetera eccetera. Mentre scrivevo questo script infatti riflettevo che non abbiamo mai pensato a quale sia la città dove è ambientato FTR, anzi, a guardar bene le vignette sembra proprio che questa città non ci sia. Un po' come accade con Dilbert (a cui da anni, ovviamente ci ispiriamo) la vita dei nostri personaggi al di fuori del lavoro non esiste, ma non nel senso che non la descriviamo, ma proprio perché non c'è, la loro esistenza è limitata a lavorare per l'assurda azienda per cui lavorano. Ben vengano quindi tutti gli imprevisti che gli accadono quotidianamente, senza nemmeno quelli sarebbero completamente vuoti (come lo siamo, in fondo, noi lavoratori che viviamo la realtà). Grazie allo smartworking (con tante virgolette intorno al grazie) abbiamo visto uno scorcio, molto piccolo, anche delle loro abitazioni, ma tanto per cambiare era l'ambiente delle loro abitazioni dove lavorano, persino i loro assurdi plaid-baccelli-con-orecchie-buffe sono un dettaglio dell'intimità della loro vita privata, ma comunque un dettaglio che gli viene utile per lavorare.
A proposito dei plaid-baccelli-eccetera sembra ieri quando ci parevano fuori luogo nella lunga estate infinita, adesso invece, chiuso nel mio plaid plain senza orecchie e senza potere avvolgente, ammetto di invidiarglieli un po'.
Comunque, sia chiaro. Non stiamo dicendo che l'azienda di Neo e Clara ha sede a Milano. Non affermeremo mai niente del genere. Non mi importa che diciate in giro, facendovi gomitino gomitino che io vivo a Milano. Questa cosa di Milano non sarà mai canon per quanto mi riguarda.
Ma Clara ogni tanto va a Milano agli eventi trendy. Se ci pensate è perfettamente plausibile.
La notizia che più risuona in questi giorni, fino ad arrivare su questa colonna, è che pure in Nintendo sono esseri umani. Come tutti gli esseri umani impiegati nel mondo dell'industry dei videogiochi, anche gli omini Nintendo ogni tanto rilasciano dei giochi ancora quasi in beta, con dei glitch tecnici grossi così, che poi vanno a risolvere nel tempo spulciando il bugfixing dai forum di appassionati adirati. Credevamo di dover imputare questa pratica a altri imperi del male e invece anche la grande N segue le pratiche che tutti i manager condividono nelle riunioni di manager del videoludo malvagio. Non l'ha neanche fatto con un gioco qualsiasi eh, no no, ha deciso di farlo con la nuova iterazione del mondo di Pokemon, che non solo cerca una volta di più di forzare la palette per avere un dualismo nel titolo, ma è anche il primo approccio reale e genuino a un gioco pokemon open world, dove l'utente può vagare libero per il mondo a caccia di mostriciattoli. Quello, insomma, che fisiologicamente avremmo dovuto cominciare a vedere due o tre generazioni fa, ma che vediamo solo ora perché ok, alla Nintendo saranno anche esseri umani, ma in ogni caso esseri umani piuttosto strani.
Non ho abbastanza esperienza con i pokemon per parlarvi di questo o di qualsiasi altro gioco del genere. Ricordo di averci provato, secoli fa, con l'emulazione GBA, a giocare un titolo della saga e di avergli anche dedicato diverse ore, ma anche in quel caso non sbocciò l'amore. Il mio problema è che l'universo pokemon è così disgustosamente buono che non mi stimola. E' un pastrocchio in equilibrio su un'infinità di compromessi morale e etici in cui tutti sono così convinti di essere teneri e nel giusto che alla fine lo sono veramente, anche quando privano di libertà delle povere creature e poi godono a vederle battersi nelle arene.
Nonostante la mia insipienza voglio comunque consigliarvi un articolo sull'argomento dal titolo un po' forte apparso sulla Gazzetta dello Sport. Gli spunti trattati sono, incredibile dictu, interessanti. L'idea che un videogioco abbia successo in maniera indipendente dal livello di sfida è interessante, anche perché qui non parliamo di un gioco facile che "coccola" il giocatore, ma di un gioco dove effettivamente la competizione per il risultato finale non è in primo piano perché il giocatore stesso si dedica ad altro. Il meta-gioco costituito da comporre il pokedex, una caratteristica fisiologica dei Pokemon, ma che è completamente ortogonale al completamento degli obiettivi, prende il sopravvento sull'avventura e cambia il senso stesso dell'esperienza. Perché se è vero che finire questo Pokemon come finire qualsiasi altro gioco del genere non è complicato, completare invece il pokedex si, è una grande sfida per Veri Videogiocatori. Visto con questo taglio, quindi, qualsiasi gioco dei pokemon ha un senso e merita le ore che di solito vediamo giocarci sopra. Chi invece non viene assorbito da questa meccanica (che alla fine è quello che può capitare a un qualsiasi giocare casual che si avvicini al prodotto) probabilmente si annoierà rapidamente per la mancanza di stimoli.
Questa meccanica è un unicum, nel mondo del videoludo. Tutti i JRPG e giochi giapponesi puri di sorta hanno queste side quest da completisti con logiche da manicomio, ogni tanto Lo-Rez ne ha affrontata qualcuna, io non mi cimento mai manco morto, però sempre queste logiche estendono il gameplay, già valido, del sistema di gioco principale, non lo rendono irrilevante.
Pokemon Scarlatto & Violetto, quindi, sembra essere destinato a diventare l'ennesimo capolavoro della serie. Senza meritarlo. Come tutti gli altri capitoli della serie. E' quel grande potere, che il marketing non è mai riuscito ad affermare, di creare un qualcosa intorno a cui riunire le persone, un falò semantico, un icona comune che finisce col pompare passione anche quando tutti i valori usualmente considerati sono sbagliati. C'è, chi, corrente filosofica più corrente filosofica meno, lo chiama arte.
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