Il disagio
Triste ma vero. La strip di oggi trae le sue origini dalle esperienze dolorose di molti di noi, rigorosamente dal lato di Gödel: noi e lui tormentati da nemesi in tailleur che stampano le presentazioni Powerpoint e le distribuiscono sempre a tutti i presenti.
Del resto ci avviciniamo a quel periodo dell'anno che in certe culture lontanissime da noi è dedicato al brivido & all'orrore: la luce ambrata di settembre è ormai solo un ricordo, le messi sono riposte nei granai, e tutti si preparano all'avvento del freddo e del buio.
Non c'è tempo migliore per (ri)scoprire il Divertimento Elettronico, se siete inclini a questo genere di perverse delizie.
Gli scorsi editoriali sono stati dedicati proprio a questo: un tour settimanale alla scoperta di tanti giochi belli ma piccoli. Abbiamo iniziato da Eastward e poi siamo passati a Voice Of Cards (quest'ultimo sulla fiducia, dato che finora è uscita solo una demo), per soffermarci infine su Highfleet. Abbiamo saltato Astria Ascending molto a malincuore, ma un gioco non è fatto solo dalla sua arte (se lo dico io!).
Oggi voglio sparare altri titoli che mi tengo in saccoccia da tempo, proprio per occasioni come questa: il primo è There Is No Game. Eccome se c'è, il gioco. Non è il primo a sperimentare con un “meta-gameplay” che riflette su se stesso, ma è uno dei giochi meglio riusciti in questo senso; e poi c'è questa canzone, che da sola vale tutta questa breve ma intensa esperienza.
Sempre restando su un'esperienza autoreferenziale, che fa riflettere sull'atto del videogiocare e sulle convenzioni che accettiamo quando ci mettiamo davanti allo schermo, vorrei scrivere di un altro titolo ma sono un po' esitante.
Ma dai, sì, tanto chi ci guarda? Doki Doki Literature Club. Una roba vecchia, per cui chiunque voleva parlarne lo ha già fatto. Una robetta gratis, oltretutto, per cui potrei invitare il lettore esitante a provarl- NO! Ti prego non farlo, o Lettore esitante!
È vero, è proprio uno di quei giochi che vanno provati all'oscuro di tutto, per esserne sorpresi quando ti tira colpi bassi. Ma questo gioco in particolare ti tira dei colpi talmente bassi che sembra scorretto. Viviamo in un'epoca particolarmente stupida, per cui anche questo titolo ha avuto i suoi 5 minuti di popolarità in cui è stato definito come maledetto, deviante, criminale: ma no, è semplicemente una roba grezzissima fatta da un tizio solo con idee enormi, l'equivalente di un filmetto horror girato con due soldi.
Diciamo così: se voleva traumatizzare il giocatore poco accorto, ci è riuscito in pieno. Ognuno decida se e quando vuole subire lo shock.
(Ne esiste anche una versione a pagamento più recente, ma è una confezione patinata che sembra il remake americano ad alto budget del suddetto filmetto horror.)
Un medium maturo si distingue per la varietà delle sue offerte, e in questo senso un titolo come questo fa tanto bene all'industria videoludica... ma c'è già tanto disagio nella vita, che sono sempre riluttante a cercarlo anche nei giochi.
Lo-Rez: arte, storia, web designDifficulty level
Una delle polemiche interessanti di questa settimana è quella che ha coinvolto David Jaffe che ha aspramente criticato Metroid Dread, sicuramente uno dei giochi più in del momento, parlando della sua difficoltà e di come sia difficile, per esempio, trovare le parti di livello da rompere per sbloccare nuove aree. David Jaffe è uno degli autori di God of War e anche se è sicuramente molto troll il suo ignorare una delle caratteristiche base dei Metroid e esporla al pubblico ludibrio solo ora, in ogni caso la sua critica evidenzia due concezioni di videogame storicamente antitetiche.
Non è un mistero che Nintendo, nelle sue PI storiche, non si sia mai mossa troppo rispetto all'impronta originale. Certe serie si sono evolute e anche molto, ma l'atteggiamento dello sviluppo nei confronti del videogiocatore non è cambiato. Non è difficile quindi credere che ci sia una certa continuità tra Metroid Dread e tutti i suoi predecessori risalendo fino a videogiochi che hanno vent'anni sulle spalle. E risalendo la linea evolutiva non possiamo ricordare che certi giochi giapponesi sono punitivi per scelta, ovvero pensano che tu, giocatore, per andare avanti, devi essere pronto a metterci del tuo, spenderci delle reali energie, non semplicemente divertirti giocando.
Dall'altra parte God of War è invece l'apice dell'essere ruffiani, i GoW sono giochi soprattutto divertenti in cui tu, come giocatori, vieni messo in condizione di fare delle cose incredibili e di affrontare dei combattimenti epici, dove non è epica la bravura che devi mettere per averne ragione, ma è epica solo la rappresentazione. E' un principio che ha a che fare con la narrazione, con l'immedesimazione, con l'esperienza da far vivere.
Sono due visioni completamente diverse. In Metroid devi diventare "bravo" devi impegnarti per risolvere l'enigma che il gioco rappresenta. In epoca antica un gioco non poteva essere altro che un rompicapo, perché c'erano solo lineette e lucine e ogni tanto qualche faccia stilizzata. Non poteva esserci che sua maestrà il gameplay. I giapponesi hanno creduto che il termine gameplay fosse riduttivo, volevano anche un pezzetto della tua vita. Considerate poi che oggi si fregano anche loro, eh. Quando c'erano i vecchi Metroid se rimanevi bloccato potevi solo sperare che una qualche rivista ti dicesse come fare, adesso bastano veramente cinque minuti di google.
God of War ha bisogno di un livello di destrezza diverso, devi crescere nell'abilità in quello che fai e intanto puoi continuare a essere premiato con qualcosa che continua a dirti che sei uno strafigo dio della guerra. Puoi divertirti a fare il dio della guerra. Impossibile non rimanere sedotti da qualcosa del genere.
La ragione è da una parte? Naturalmente no. Come ci siamo detti è una questione di target. Un utente di God of War davanti a Metroid potrebbe sentirsi frustrato, un utente di Metroid, davanti a God of War, potrebbe non capire dove è il posto dove deve impegnarsi. I due giochi non sono sulla stessa scala, non sono uno più difficile o uno più facile o meglio, non è la loro difficoltà a determinare la loro qualità.
Non dobbiamo chiedere giochi più facili o più difficili, dobbiamo sempre e solo chiedere giochi bilanciati. Giochi, cioè, dove il gameplay e gli ostacoli che ti mette davanti siano in simbiosi e uno alimenti l'altro. Metroid è un gioco di esplorazione fisica, cioè non semplicemente esplorazione in cui ti muovi su una mappa, ma l'esplorazione paziente di chi affronta un oggetto ignoto e deve tastarlo per capire dove sono le parti preziose. God of War è un'esperienza epica, è la narrazione di un grande eroe distruggi-dei, un grande eroe distruggi-dei non può perdersi perché non ha capito che muro sfondare. Un grande eroe distruggi dei semplicemente sfonda tutti i muri.
Ma il discorso del bilanciamento non è affatto scontato, il discorso del bilanciamento è molto più complicato ed è realmente lì che va a perdersi la qualità dei prodotti. Molti videogiochi indie, anche blasonati, non sono "difficili", sono semplicemente "sbilanciati" e di solito hanno una componente rogue che ha lo scopo, quasi a gratis, di ribilanciarli lasciando quest'attività sulle spalle dell'utente. E' su questo, forse, che dovremmo aprire un dibattito più ampio.
In altro notizie XBOX ha veramente prodotto il suo frigo. Purtroppo, in quest'epoca moderna e arida, non posso non pensare all'ufficio marketing della Microsoft che riflette sul meme del frigo, fa un piccolo business plan, scopre che i costi sono limitati e mette un numerino accanto al ritorno d'immagine. A questo punto va dai capi, si fa approvare il progetto ed ecco che il frigo arriva nei negozi. Sarebbe bello invece che le cose potessero essere come una volta, con un gruppo di ragazzotti con le porsche parcheggiate sul vialetto perché il garage è la sede della loro azienda. Vedono sull'internet che la gente li prende per il culo per il frigo e allora escono in bermuda e camicia a fiori e vanno da un ferramenta gli vicino e gli chiedono quanto ci vorrebbe per fare fuori un frigo dallo chassis della loro console. Il ferramenta gli da dei pazzi, alcuni dei membri del team gli da del pazzo, poi cominciano a bere birra e si accorgono che un frigo sarebbe proprio utile. Non lo vendono veramente, lo installano nel garage e fanno delle foto online. Poi rispondon alle mail di quelli che lo vogliono come il loro. Solo allora arriva un'azienda vera e li produce.
Vi sembrerà una storia senza capo né coda, ma nel mio cuore so che una volta sarebbe andata così.
Cymon: testi, storia, site admin“Here's a little story about Tienanmen Square / The people rose up and said Life ain't fair / Now they're sweating in a shop making iPhones and / You stand in front of tanks, the tanks are gonna win!”