La flotta nel deserto
Il distanziamento interpersonale si sarà anche rilassato, ma quelle salopette integrali felpate sono ancora molto allettanti in questi primi freddi autunnali.
Siamo ormai abbastanza addentro ad ottobre che leggere all'aperto è un'opzione non più praticabile. E allora tanto vale ritirarsi, come Neo e Gödel, a programmare le macchine nei nostri antri oscuri: dopotutto è il Mese della Sicurezza Informatica (HA HA HA!).
Mi ripugna parlare di una cosa deprimente come la pubblicazione di tutti i dati di Twitch e le relative polemiche: lascerò qui un link perché credo che queste pagine ormai ventennali debbano preservare un diario e una cronaca di Internet, vissuta dal nostro punto di vista piccino piccino... e senz'altro quanto è accaduto in questi giorni ha lasciato un segno nella storia.
I giganti inciampano: non è ancora arrivata la Notte che Bruciammo Chrome, ma queste sono le prime avvisaglie.
Dicevamo la volta scorsa che i Giochi Belli crescono come funghi su un tronco di quercia in una marcita ad Ottobre. Abbiamo citato Eastward e poi Voice Of Cards: The Isle Dragon Roars.
Oggi avrei voluto includere nel novero anche Astria Ascending: lo avrei voluto con tutto il mio cuore, ma non posso. Non posso perché nonostante quell'arte favolosa e anche un sistema di combattimento solido, Astria Ascending è scritto dai cani e ha una storia talmente brutta da offendere lo spirito.
SquareEnix è così: con una mano dà e con l'altra toglie.
E allora passerò subito al Gioco Bello successivo: per fortuna, come dicevamo, di questi tempi abbondano.
Il titolo è Highfleet e mi ha tirato un colpo basso. Highfleet è uno strategico a turni mostruosamente complesso fatto da Microprose, un nome evocato dalle nebbie della memoria, senz'altro capace di risvegliare sentimenti intensissimi nei giocatori veterani con quarant'anni sul groppone.
Highfleet è il gioco da comprare confezionato in uno scatolone di cartoncino lucido, da stringere forte al petto, aspettandoti quasi di trovarci dei floppy disk in quella scatola, tanto è forte la nostalgia.
Sospetto che questo sia più territorio di Cymon qua di fianco che mio, però devo ammettere di aver versato una lacrimuccia anche se non sono mai stato un fanatico di strategici a turni per PC. Voglio dire, questo gioco ha un manuale di cento pagine, con le pagine vuote in fondo per scrivere le tue note!
Semplicemente non si può restare indifferenti di fronte a un tale atto d'amore.
E poi mi sta simpatico perché la direzione artistica è strabiliante, curatissima in ogni menu, sottomenu e schermata di intermezzo. Lo stile ricorda un po' Dune, a proposito, con questi pianeti sabbiosi e tempestosi e la gente vestita da ufficiali prussiani steampunk.
Un gioco in cui perdersi, un mondo completamente realizzato, una fuga via da qui: un antidoto contro l'oscurità e il freddo che avanzano.
Lo-Rez: arte, storia, web designMago-robot
Il rapporto tra questa colonna e gli anime di maghette è noto e, per me, motivo d'orgoglio. Abbiamo individuato ormai da annu Madoka Magica come punto di svolta dell'intero genere e anche un po' suo risveglio. Al di là di tutte le opere che hanno seguito le orme di Madoka in generale si è scoperto che anche oggi uno dei format più ingenui partoriti dall'immaginazione giapponese poteva essere studiato, anche per il suo modo tutto particolare che ha di flirtare con il mondo dei supereroi.
Granbelm invece è proprio un figlio diretto di Madoka Magica, quasi uno spoof, per certi versi, che non vuol dire né bene né male di lui (altro discorso che abbiamo già affrontato) però sarebbe abbastanza patetico provare a parlarne senza partire da questo punto.
Tutte le notti di luna piena le maghette eredi delle più grandi stirpi di stregoni del pianeta vengono richiamate dal Magiconatus (e qui si, qualcosa è andato storto col nome) a combattere nel Granbelm, una battaglia all'ultimo "sangue" (virgolette necessarie) per determinare chi sia la Princeps, ovvero la maga definitiva, che potrà riportare la magia nel mondo dopo che i maghi antichi avevano deciso di intrappolarla perché rischiava di devastare la terra.
Ovviamente Mangetsu non sa niente di tutto questo, ma una notte viene rapita con le altre e costretta a combattere. Da qui discende tutto quello che potete facilmente immaginare: l'amicizia con la tsunderina di turno Shingetsu, il rapporto complicato con le altre maghe, i plot twist.
Nonostante la premessa Granbelm è anche un anime di robottoni giganti perché la lotta tra maghette si svolge a bordo di enormi Armanox, creature apparentemente tecnologiche di forma umanoide e superdeformed. Se vogliamo cominciare da qui l'analisi dei pregi e dei difetti bisogna dire che, per quanto gli Armanox siano piuttosto cucciolosi, nell'economia della storia funzionano, anche se i combattimenti, da subito, sono delle sequenze ininterrotte di supermegaesplosioni che rendono l'azione rapidamente confusa. E' solo uno dei vari aspetti in cui l'anime dimostra la sua indole di vorrei-ma-non-posso: costruire un ambiente affascinante con una resa grafica molto accattivante e poi buttarlo un po' via in esplosioni di luce.
(da qui un po' di spoiler, perché andiamo sul personale).
Anche Madoka Magica, però, sebbene sarà ricordata negli anni per l'estraniante universo delle streghe, non aveva nei combattimenti il cuore della sua storia, che era invece nel rapporto tra i personaggi. Granbelm ovviamente fornisce la sua schiera di ragazzine tutte orribilmente traumatizzate dalla vita, tra quella che è stata abbandonata dalla madre perché sì a quella che vive con la sorella in coma da anni, passando ovviamente per Anna, la ragazzina ossessionata dal Granbelm, che arriva sull'orlo della follia per un mito di vittoria che in verità è sempre riflesso del bisogno di accettazione da parte dei propri genitori e della società proprio dell'adolescenza.
E Mangetsu? Mangetsu è ovviamente protagonista del mega plot twist, che arriva un po' presto nella serie. Come in Madoka Magica, anni fa, facemmo notare come Madoka era la protagonista, ma la storia interessante era quella di Homura, qui scopriamo esplicitamente che Mangetsu non esiste, ma è solo una proiezione della magia di Shingetsu e della sua solitudine. Shingetsu è la maga destinata a diventare princeps e il vero terminale di tutta la storia.
Se vuoi fare un Madoka Magica, purtroppo, devi spingere sull'acceleratore emozionale. L'unico modo per rendere accettabile il mondo delle maghette è suscitare un disagio esistenziale tale da trasformare il caramelloso in grottesco. Granbelm lo sa e ci prova, il destino delle maghe sconfitte e "uccise" nel gioco è di essere dimenticate dal mondo, la parabola di Anna, che arriva ad accoltellare la madre per la sua ossessione, è violenta, ma anche se tutti questi corollari funzionano manca la spinta finale che fa afflosciare la storia su sé stessa. Da quando si scopre che Mangetsu è solo una proiezione di Shingetsu la trama procede praticamente senza più colpi di scena verso un finale a dir poco fisiologico. Mangetsu accetta il suo destino, Shingetsu si scontra contro il villain finale, il Magiconatus, a seguito dell'ultima battaglia, concede a Shingetsu quello che effettivamente voleva, ovvero la distruzione della magia. E anche se il destino stesso di Shingetsu appare triste (scomparirà anche lei dal mondo) in realtà tutto è andato come previsto, il contesto si è rivelato "onesto" e non c'è stato bisogno di fare nulla di diverso che vincere il Granbelm, come richiesto dalla prima puntata.
Granbelm è un anime tecnicamente realizzato molto bene, con uno stile personale e immagini di ottima fattura. Non è però nient'altro. Il suo schema si adagia supinamente su Madoka Magica, forse proponendo un po' più personaggi interessanti, ma a conti fatti vivendo su un motore altrui. Quando gli si chiede il guizzo per guadagnarsi un'identità e un posto nel mondo manca di averlo, come se fosse lui la reale proiezione di qualcos'altro, piuttosto che la sua protagonista. Tutto questo ci impedisce di consigliarlo più di tanto.
Cymon: testi, storia, site admin- Conosci una ragazza chiamata Kuon?
- No, ma è un bel nome. Trovo che sia veramente un bellissimo nome.