Ottone
C'è una primavera smagliante sotto questa crosta di grigiore invernale.
Ma io, da appassionato (molto tiepido, per nulla fanatico, no davvero) di abbigliamento tecnico, apprezzo anche lo sforzo di questa Natura recalcitrante di mostrarsi ancora corrucciata, irrequieta e psicotica come certe persone che abbiamo conosciuto, pur essendo ormai quasi maggio.
Per cos'altro useremmo altrimenti l'ultima parte della collezione P/E 21 di ACRONYM? Eh, lo so, per mesi sono riuscito a tener lontano da queste pagine questa particolare ossessione... ma ora mi concedo una ricaduta, perché insomma questa collezione è davvero notevolissima, con quel verdino granito barra cemento barra pistacchio che loro chiamano “Alpha Green”.
Ancora una volta si è rinnovato il miracolo di giacche e braghe da 1700 euro che volano via in meno di 10 minuti, per non tornare mai più: stavolta impreziositi da dimostrazioni in video di Errolson in persona che sembrano kata di arti marziali (e in effetti a volte si vedono anche tirare dei calci).
Si capisce una volta di più perché questa roba possa affascinare designer e artisti in ogni dove, dal tizio che disegna i personaggi per Hideo Kojima, fino a William Gibson, che ha scritto la trilogia della Blue Ant ispirandosi proprio a questa bottega sartoriale clandestina che confeziona abiti fantasma in stile militaresco, introvabili e ricercatissimi (e senza etichette in vista!).
E finché siamo qui a confessare ossessioni materialistiche imbarazzanti, diciamo anche che sto scrivendo queste righe battendo sui tasti meccanici candidi come la neve della tastiera che ho assemblato personalmente a partire dalle particelle elementari. Con i tasti di controllo gialli e il cavo aviator tutto arrotolato: è quella che vediamo alla postazione di Gödel in tante strip. Ho cominciato a disegnare quella tastiera un anno fa, ora che ci penso, all'incirca quando ho iniziato a cercare i pezzi. Ha un clic-clac che fa schifo, nonostante la famosa piastra d'ottone, del resto sia i componenti sia la manodopera sono da principianti: speriamo che restino così.
Ci sono stati in queste settimane grossi movimenti sottotraccia nel settore videoludico: forse diremo qualcosa, come dovremo pur dire qualcosa su un certo anniversario particolarmente significativo per il Coniglio qui presente.
Ma oggi tutti gli occhi sono su Shermie in King Of Fighters XV. Il gioco fa schifo e ha già spezzato tanti cuori, così come il XIV prima di esso, ma almeno Shermie ritorna in grande stile, vestita da sgualdrina più che mai e con le stesse identiche animazioni di quando era solo un mucchietto di pixel (cos'era, il '97?). Lampi di nostalgia. Altro che le streamer di oggigiorno.
BaTtiScopa
Il K-Pop è un fenomeno di rilevanza mondiale i cui confini sono a dir poco inquietanti. Non ne parlo mai perché non ho mai avuto il coraggio (io, vi rendete conto?) di analizzarlo. Ogni tanto, più che altro per cautela, giro lo sguardo in quella direzione, tanto per controllare che non si sia avvicinato e non sia diventato aggressivo, ma quello che vedo è abbastanza per farmi venire i brividi. In realtà non c'è nulla di male, però il modo in cui è stato spietatamente ingegnerizzato il fenomeno, così come sono degli orientali possono fare, con una strategia comunicativa ad ampio raggio accuratissima, è degno di nota, è notevole e meritevole di rispetto, qualsiasi cosa pensiate della musica.
Ricordo ancora quando ingenuamente noi nerd ci rivolgevamo al J-Pop, principalmente perché i cantanti venivano impiegati nelle sigle dei cartoni animati e da lì, con le risorse internet del tempo, cercavamo di capirci qualcosa di più. Al di là delle derive date da ragazzine vestite da cameriere, gothic lolita e campi d'addestramento militari eravamo davanti a un fenomeno molto simile ma che, come tutte le cose sviluppate in Giappone, guardava a sé stesso, letteralmente volgendo le spalle al resto del mondo e quindi non poteva che rimanere un feticcio per noi disadattati. Che poi, diciamolo, non mi dispiaceva nemmeno particolarmente il JPOP e tutt'oggi certe opening fatte con un certo criterio le apprezzo, anche se difficilmente credo che arriverei ad ascoltare un intero CD di qualche improbabile gruppo di scolare o intonate assortite.
Il K-Pop però è un fenomeno differente. Forse anche musicalmente differente, sebbene l'ascolto fuggevole che ne ho fatto non mi permetta di essere preciso a riguardo. E' proprio il modo in cui è penetrato nella popolazione ed è andato a radicarsi in una generazione, il modo in cui si diffonde con metodologie quasi massoniche che gli permettono di espandersi anche senza consacrazione da parte dei canali tradizionali. Lo sottovalutiamo, magari, perché alla fine parliam sempre di ragazzine e musichette, ma ultimamente stiamo sottovalutando un po' troppe cose, a mio parere, non riusciamo più a cogliere i movimenti del mondo perché diamo tutto per scontato e crediamo che i movimenti che vediamo non siano poi così importanti. Forse anche questo significa diventare vecchi.
Ho provato, su Radio Garden, ovviamente, a vedere se esiste, in Giappone, qualche buona stazione per sintonizzarsi e trovare del JPOPpo genuino dritto dalla fonte. Come ho già avuto modo di dire questa roba mi fa venire sempre un po' i brividi. Ieri dovevi contrabbandare bit per bit roba da un lato all'altro della rete passando per luoghi semi-segreti in cui entravi solo se "conoscevi qualcuno" e tutto solo per avere qualche MP3 che andava nel Sollevante. Oggi, se sei annoiato, a meno del fuso orario, puoi sintonizzarti sulla stessa Stazione Radio che ascolta l'impiegato di Banca di Tokyo mentre lavora. Per ora ogni tanto provo a ascoltare questa, ma nulla toglie che possa esistere qualcosa di ancora più specifico.
Tempo di sbrigare un po' di varie ed eventuali. I soliti giochi gratuiti Epic mi hanno portato The Fall che ho giocato e finito. Avventura grafica blandamente action quello per cui voglio segnalarlo è la bellissima riflessione fantascientifica che gli è sottesa che fa sì che la sua trama possa essere senza troppa vergogna considerata un ottimo racconto di fantascienza, capace di consegnare più dubbi che certezze. Come tutti i low budget è un gioco che ha anche i suoi grossi difetti, ma sono in gran parte trascurabili e i suoi enigmi, lungi dall'essere insormontabili, hanno comunque bisogno di un certo impegno. Ha un finale aperto che esplicitamente invoglia a recuperarne il seguito, ma anche così l'arco narrativo può considerarsi soddisfacente. La verità è che usualmente sono in cerca di avventure grafiche più curate come meccaniche e carisma e magari anche più trascurabili per quello che riguarda l'effetto shock o la profondità di intenti, ma questo gioco va molto oltre con gli ultimi due, abbastanza per far soprassedere sui suoi limiti.
Stanno facendo un nuovo film di Mortal Kombat. Non si tratta ovviamente di una perla out of context come fu l'originale e nemmeno uno dei tanti baracconi che lo hanno seguito. L'impressione è che la produzione ben lo abbia collocato nello zeitgeist supereroistico odierno. Dopotutto si tratta comunque di personaggi in costumi buffi che si picchiano senza logica per ore. Cosa può andare storto? Praticamente tutto. Scordiamoci di avere nuovamente la resa filologica del capolavoro di PWA, anche perché ormai la stessa serie di Mortal Kombat è diventata un tale giocattolo autoreferenziale che probabilmente anche se lo facessero identico alle sue ultime incarnazioni comunque non vi vedremmo l'anima dei capitoli originali. Ci sono ovviamente troppi personaggi, troppa carne al fuoco, troppo bisogno di far vedere effetti speciali. Questo accettato, però, Mortal Kombat rimane Mortal Kombat, Sub-Zero dice "Sub-Zero" e Scoprion dice "Come here", nel trailer snocciolano alcune delle fatality più classiche disponibili. Insomma, finiremo col volergli bene lo stesso.
Questo editoriale di mezzo aprile finisce qui. Ha ripreso a fare quel frescolino che è fastidioso unicamente perché ci stavamo già abituando al caldo e, udite udite, al sole. Comunque sia il computer è sempre al sicuro nella sua stanzetta e l'unica variazione climatica che incide su di lui è la ventolina che ruggisce quando gli fate partire su quattro docker. Se questo deve insegnarci qualcosa, io non lo so.
Cymon: testi, storia, site admin“Quando ti sto vicino sento / Che a volte perdo il baricentro / Galleggio in una vasca piena di risentimento / E tu sei il tostapane che ci cade dentro / Grattugio le tue lacrime / Ci salerò la pasta / Ti mangio la malinconia / Così magari poi ti passa / Mentre ondeggi come fa una foglia / Anzi come la California”