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serie
968, 23/05/2020 - Convivenza col Roomba
968
23 . 05 . 2020

Diavoli polacchi

I nostri vecchi si ricordano ancora di quando il mero contatto umano non era sicuro vettore di morte.
Ma noi giovani amiamo da sempre il brivido di rischiare la vita ogni qualvolta mettiamo il naso fuori dalle nostre fortezze domestiche. E ci esalteremmo tantissimo in un mondo così, se solo non fosse per i morti e la rovina socioeconomica globale.
Perché noi siamo i Figli del Virus, nati e cresciuti aborrendo la vicinanza del prossimo, sereni soltanto in solitudine!

Le nostre vite sono scritte e dirette da Hideo Kojima ormai da mesi, dicevamo, ma il telelavoro forzato aggiunge un tocco di William Gibson nelle nostre dimore trasformate in uffici di fortuna, o viceversa.
Cavi serpeggianti tra cartoni della pizza, e tutto l'immaginario cyberpunk srotolato nelle nostre stanze, e noi che dialoghiamo con facce virtuali che spuntano da schermi sparsi ovunque.
È il contesto ideale per accogliere la venuta di Cyberpunk 2077, il gioco definitivo che a mesi dall'uscita ha proiettato il suo editore, CD Projekt, al primissimo posto tra le aziende polacche quotate in borsa (il che, a dire il vero, non suona poi così impressionante). E va bene che sono polacchi, e la vita laggiù non costa nulla tranne per le cose internazionali, che costano come dalle altre parti e quindi sono mostruosamente care per il misero złoty, ma credo che la notizia debba farci felici lo stesso.
Quando sono stato da quelle parti ho avvertito un entusiasmo che qui da noi si è perduto da sessant'anni, ed è molto bello che alla fine tutto questo gasarsi tantissimo abbia prodotto qualche risultato, e proprio nella scintillante industria del Divertimento Elettronico, tanto opulenta quando elitaria.
Oggi questi diavoli polacchi sono la casa videoludica più preziosa d'Europa, e chissà che prima o poi una scintilla delle loro energie creative non si posi anche qui, nella vicina e miseranda Italietta, e invece di spegnersi immediatamente inneschi un incendio grandioso anche da noi. Dopotutto non è forse il tempo dei grandi sconvolgimenti globali? Prima della fine, magari, mi piacerebbe vedere anche questa. Ma temo non resti abbastanza tempo al nostro sistema solare.

Stiamo parlando un sacco di fantascienza, insomma, e tanta fantascienza si tramuta in realtà tanto in fretta che ormai non ci stiamo più dietro. E allora è il momento propizio per WestWorld, una serie di fantascienza classica e ambiziosa (fin troppo) di cui abbiamo parlato sia io che il collega Cymon qua di fianco... caso rarissimo.
Vorrei tornare solo un momento sull'argomento per aggiungere che la mia scena preferita di questa terza stagione è stata quando sentiamo per la prima volta la voce di un'Intelligenza Artificiale (lasciamo stare gli androidi). Devo ammettere di essere trasalito al suono di quella voce saggia e aliena. È una scena emozionante nonostante il tema sia molto inflazionato. Stiamo per essere assaliti da una nuova ondata di moda cyberpunk e di parodie anni '80, ma anche la fantascienza classica ha molto da dire. E sarà ancora là ad aspettarci, al di là di qualsiasi prova ci metta davanti il momento presente.

“Don't touch me /
Don't kiss me /
Don't lick me /
Don't love me /
Keep it on your mind”

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23 . 05 . 2020

Il ritmo dei tempi

Abbiamo costruito le nostre case per non starci mai e adesso abbiamo fatto uno stress test di starci sempre. In realtà io non ho mai avuto la visione del mio nido come un posto solo dove appoggiarmi tra un luogo e l'altro dove avevo voglia di volare, per cui non ho sentito forte questa sensazione di cambiamento delle mie abitudini. Per un nerd la casa è da sempre un bunker, non solo nel senso di un posto con cui difendersi dall'esterno (quello, fortunatamente, diventa sempre meno fondamentale, si spera, vivendo), ma anche un punto di partenza da cui deve essere costruito tutto il resto. Dune 2 ci ha insegnato che non puoi andare da nessuna parte se non hai disposto abbastanza torrette accanto alla tua raffineria di spezia. Il roomba, quindi, in una casa nerd non potrà mai osare considerarsi la reginetta della casa, la sua sarà solo convivenza. Dopotutto è l'antenato dei cosini che corrono per guerre stellari per i corridoi e che servivano solo a far ridere i bambini.

L'altro giorno ho tirato in ballo Second Life. Il keylogger che Zuckerberg ha installato sul mio computer ha notato che battevo quei tasti e così, un po' di giorni dopo, mi è saltata fuori su Facebook la pubblicità del progetto che esiste ancora. Sono stupito non solo del fatto che questo mondo virtuale abbia ancora oggi qualcosa da dire, ma anche che sia completamente uscito dai miei radar, dimostrando che è andato probabilmente a cercare fortuna lontano dai videogiocatori. Dopo aver chiuso Westworld, come dicevo settimana scorsa, i suoi banner mettono un po' di inquietudine anche perché non si può negare che sono corredati da immagini accattivanti. Se il destino congiura così, sembra quasi che io sia destinato a provare ad andare di nuovo a farci un salto, per capire cosa è successo. Non so se ne ho tempo e voglia (risorse preziose che nemmeno di questi tempi possiamo sprecare), ma magari un giorno avrete mie notizie a riguardo.

I giapponesi hanno rifatto Holly e Benji e noi lo abbiamo re-importato, così abbiamo finalmente potuto dare ai personaggi i nomi originali e abbiamo potuto far fare a Cristina D'Avena una nuova sigla (non so nemmeno se possiamo considerarla la terza o la quarta a riguardo). A parte il paradosso per cui tanto io la gente continuo a chiamarla con i nomi vecchi (gne gne gne) il fatto più interessante è che questo bovino remake (nel senso che ripercorre pari pari la trama originale) nelle sue varie fasi dura esattamente la metà di quanto durava in originale, ovvero il computo degli episodi è brutalmente dimezzato. Voi che non capite nulla di narrativa ora vi starete tenendo la pancia dalle risa per raccontarci di come "finalmente non passano più ore a correre per il campo lunghissimo" oppure come "non rimangono più sospesi a mezz'aria per ore a parlare", tutte cose vere, tutte cose che dimostrano la vostra abissale insipienza. Dimezzare i tempi di Holly e Benji (che chiameremo in sfregio ancora così, ovviamente) non significa semplicemente rendere la serie più agile e facile da vendere, significa anche cambiarne completamente il ritmo e spegnerne il pathos. Il pathos è quella cosa di cui i giapponesi sono maestri per cui non importa quale sia la trama sottostante che tu stai usando come telaio, quello che mostri viene reso trascinante e epico, elevato e quindi porta allo spettatore un notevole piacere. E' esattamente la differenza tra "ha una trama interessante" e "è realizzato bene" che vale dalle Alpi alle piramidi e dal Manzanarre al Reno. Le cose con "trama interessante" non esistono. O la trama è sempre quella oppure la trama non c'è e voi venite abbindolati da degli scappati di casa che fanno finta di essere geniali, ma in realtà si sono persi alla terza pagina dello script. Assodato questo è evidente che conta la realizzazione. Il veccchio Holly e Benji era una struggente vicenda epica che ricamava e scavava su una sofferenza sovrumana di personaggi iconici, questo nuovo, semplicemente con questo colpo di salumiere è "delle partite di calcio tra ragazzini". Poi ci potete trovare ancora molti dei punti di forza dell'originale, ma il ritmo, sappiatelo, è molto più importante di quello che crediate.

Miei conigli e coniglieschi, forse vi sto già per abbandonare. Avrete notato che su questa colonna il tech demo della PS5 è passato sotto silenzio. Perché? Perché i tech demo sono noiosi, perché sinceramente non vedo niente di cui stupirmi nella fisiologica evoluzione di una grafica per cui ogni anno l'industry spende miliardi in misura quasi uguale a quelli che il resto della razza umana spende per andare su Marte. Ho smesso di smascellarmi per quello che vedo su video un po' perché tanto non ho più i mezzi per vederlo, un po' perché forse non ci ho mai guardato veramente. Anche le dichiarazioni di contorno non mi hanno suscitato nessuna riflessione interessante. Direi quindi di non avere proprio null'altro da dire e potervi abbandonare a una nuova settimana in compagnia di... boh, delle cattive compagnie a cui vi associate usualmente.

“Avvicinatosi, intese il rumore delle catene che stridevano sotto il peso dei grossi secchi; gli sembrò anche di udire il mesto gemito dell'acqua che ricade nel pozzo, rumore triste, funebre, solenne, che colpisce l'orecchio del fanciullo e del poeta sognanti, il rumore che gli Inglesi chiamano splash, i poeti arabi gasgasciò, e che noi altri Francesi, che vorremmo esser poeti, dobbiamo tradurre con una perifrasi: Il rumore dell'acqua cadentente nell'acqua

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