Strip
serie
964, 25/04/2020 - Avatar di Sailor Moon
964
25 . 04 . 2020

V

Ora che le nostre vite sono scritte, dirette e coreografate da Hideo Kojima; ora che le barriere tra Arte e Vita si sono dissolte come la membrana LCL nel finale di Neon Genesis Evangelion; ora che trascorriamo di sogno in sogno, un sogno dentro un sogno dentro un sogno; ora soltanto scopriamo il valore del Mondo Reale!

E dunque ho imparato a temere le più plateali intrusioni della fantasia nella nostra vita concreta, come questa giacca di ACRONYM™ ispirata a Death Stranding. Milleottocento euro, ma non temete: è andata esaurita in un'ora.
Ho già parlato all'esaurimento di ACRONYM come casa di design al centro di una rete di ispirazioni che lega Kojima, Shinkawa, William Gibson, Errolson (quello che indossa la giacca nelle foto)... e naturalmente mi rattrista vedere come il popolino scopra per la prima volta il mondo dell'abbigliamento tecnico di alto livello attraverso questa collaborazione, sbeffeggiandolo, e come perfino chi dà le notizie non si soffermi ad approfondire, e non colga nemmeno il fatto che lo stradannato Errolson è quello che ha disegnato gli abiti dentro Death Stranding e che Kojima indossava quella stessa giacca l'anno scorso, per cui c'è più di una paccottiglia commerciale a legarli insieme.
Questa amarezza mi darebbe lo spunto per riflettere ancora una volta, come facciamo da esattamente diciannove anni su queste pagine, sullo stato pietoso dell'informazione videoludica.

E invece no.

Devo essere migliore di così. Voglio esserlo: è vero che noialtri siamo vecchi come Matusalemme, ma abbiamo ancora la capacità meravigliosa di Cambiare Idea.
Certo, mi sanguina il cuore nel vedere tutta la larghezza di banda dell'informazione invasa da robaccia insulsa, consumata in un secondo e scritta in ancora meno tempo. I social network hanno dissolto ben altre barriere che quelle artistiche: hanno sfumato i confini tra chi informa e chi è informato, al punto che uno qualunque degli utenti di Multiplayer.it, per dirne uno, potrebbe scrivere egli stesso la quasi totalità delle “notizie” e degli “articoli” semplicemente copiando-incollando da Twitter e Instagram.
Un tempo i titolacci strillati erano confinati alla prima pagina per attirare il pubblico, ma ora che qualunque pagina è la prima pagina grazie ai link e alle condivisioni, il sensazionalismo dilaga come una pandemia.
Non parliamo poi del meccanismo perverso dei compensi pubblicitari, che sta spingendo il mondo intero verso il baratro a una velocità impressionante, producendo ricavi in misura direttamente proporzionale a quanto produce ignoranti e fanatici.

Um, ok: quindi cosa c'è da stare allegri? In questi giorni che mi costringono a dedicare ad uno schermo ancora più tempo del solito, sono affondato ancora di più tra la schiuma dell'umano consorzio, e lì, tra Twitch e gli Youtuber, ho trovato una nuova speranza.

È capitato per caso che scoprissi qualcosa di più delle persone dietro a quei siti di informazione videoludica attraverso le loro dirette video. Questo sito e Multiplayer.it, in particolare, sono stati a lungo gemellati nella notte dei tempi e c'è un paio di centinaia di strip fatte per loro a testimonianza di ciò (anche se ormai molte sono scivolate tra le crepe di un archivio maltenuto).
Di conseguenza abbiamo avuto contatti anche personali con alcuni dei veterani del sito. Alcuni di essi sono tutt'oggi nell'industria, come Quakeman o Pianesani, e chiacchierano in video in rubriche molto piacevoli come il Cortocircuito. (Mi perdonerà il lettore saputello se ne parlo come di una novità quando questa roba c'è da un decennio, ma per me è un mondo nuovo.)
Ebbene, come si fa a bruciare d'odio per una persona in carne ed ossa, per un volto e una voce? Sono poveracci come me e te, sono adulti acutamente consapevoli che il 99% di quel che vomita fuori il loro sito è fuffa, ma se vogliono campare di videogiochi si devono piegare alla necessità.
Quando si presentano in video, però, Pierpaolo e la sua banda sono capaci di approfondire i fenomeni dell'Industria con una competenza e una passione e una professionalità e un umorismo e una simpatia ammirevoli, che uno non si immaginerebbe mai LEGGENDO IL SITO (credevate che mi fossi addolcito fino in fondo?).

E dunque grazie per quello che fate: siete un segnale pirata nel marasma del rumore radio, una voce che nonostante tutte le frustrazioni si leva ancora con una sua dignità e perfino con orgoglio professionale. Siete voi i primi caduti nella guerra dei banner pubblicitari.
I giornalisti e i critici videoludici non dovrebbero avere paura dei Reparti Comunicazioni: in un mondo migliore, sarebbero i Reparti Comunicazioni a tremare. Di certo c'è qualcosina che non va in questo mondo, non so se spetti solo a voi indossare la maschera di V e farlo saltare in aria.
Noialtri di FTR abbiamo preso una strada diversa: non ci siamo presi sul serio, siamo rimasti indipendenti prima di tutto economicamente, siamo rimasti due sfigati che fanno quel che gli pare sul loro sitarello. Abbiamo scelto di ritirarci nella nostra fortezza della solitudine.
Da quella fortezza piccola piccola abbiamo continuato a fare sempre le stesse cose sempre uguali, ma anno dopo anno man mano che il mondo impazziva attorno a noi sono diventate sempre più sovversive, e quella maschera ci siamo ritrovati a portarla senza neanche accorgercene. E oggi che siamo dei “V” da diciannove anni, ci sentiamo vecchi e stanchi e ci servirebbe proprio una Natalie Portman da rapare a zero, ma in giro non ne vedo nessuna.
Ci toccherà attendere nell'ombra un altro po'.

“Do not cite the deep magic to me, Witch. I was there when it was written.”

Lo-Rez: arte, storia, web design
25 . 04 . 2020

The unreal stage

Il lockdown ormai a livello globale si sta dimostrando un campo di prova per mezzi di comunicazione che fino a oggi non avevano ancora dimostrato completamente il loro potenziale. Lo sa bene chi si è trovato a fare smartworking, come i nostri eroi delle strip, e quindi ha dovuto affrontare per la prima volta alcuni tool e strumenti di cui magari non aveva mai nemmeno sentito parlare.
Mai come nel mondo virtuale l'opportunità deve andare di pari passo con la necessità. Perché nel mondo virtuale possiamo fare tutto, ma perché quello che facciamo possa essere una vera evoluzione allora deve necessariamente significare qualcosa.

Pochi giorni fa Travis Scott ha tenuto un concerto su Fortnite in cui ha presentato il nuovo singolo. Un evento musicalmente parlando, con tutti i crismi, che ha attirato a sé una quantità spropositata di pubblico e ha avuto una sua risonanza sulla scena musicale reale a cui l'artista appartiene. Bella forza, direte voi, con tutti chiusi in casa di certo non poteva sperare in un festival, ma il fenomeno degli eventi su Fortnite non legati alle dinamiche proprie del gioco è qualcosa che sta crescendo e, a livello sociale, non può che risultare interessante proprio per noi del coniglio, che ormai osserviamo si i giochi, ma più spesso osserviamo l'umanità che gioca.

I più vecchi qui (si, sempre noi) ricorderanno Second Life, un progetto molto strano, apparso sulla scena diversi anni fa. Un mondo virtuale che ha attraversato la scena digitale come una meteora, ma a un certo punto ha cominciato a strappare agli analisti le previsioni più assurde. C'era chi pensava che la moneta di gioco avrebbe finito con avere un valore di cambio per ottenere soldi reali, c'era gente che investiva in oggetti e terreni virtuali e anche lì ci fu un breve periodo in cui gli artisti più d'avanguardia organizzarono concerti e eventi.
Second Life non serviva assolutamente a nulla, non esisteva logica di gioco, solo una spinta customizzazione del proprio avatar e degli oggetti intorno a lui. Il principio era proprio quello di lasciare completa libertà di azione e movimento ai giocatori, senza nemmeno indicargli uno scopo, pensando che la loro semplice interazione avrebbe trovato vie per rendere il mondo virtuale sempre più intrigante. Al di là dei limiti tecnici dati dalla grafica del tempo (che non avrebbero certo permesso l'imponente coreografia di Travis Scott) questa libertà fine a sé stessa era l'intuizione di fondo, ma anche la condanna a morte del prodotto. Non vi era necessità di essere in Second Life, non c'era nessun luogo dove arrivare e a meno di trovare degli stimoli esterni era impossibile sentire per quel mondo un'appartenenza più che superficiale.
(per completezza, quando il progetto ha cominciato a perdere appeal è rotolato in una versione piuttosto bizzarra di pornografia, ribadendo uno dei principi fondamentali dell'internet. In questo senso era divenuto un luogo particolarmente... creativo).

Fortnite è un fenomeno che tutt'ora non sono riuscito ad afferrare. Me ne avete sentito parlare abbastanza poco qui dentro perché a suo modo, rispetto al mainstream dei videogiochi che trattiamo qui, è passato di lato. Sappiamo perfettamente che tipo di gioco è (uno dei più antichi giochi online) eppure ha creato il suo pubblico praticamente dal nulla, come fosse un fenomeno di costume, un po' come la prima Playstation lasciò al palo il mercato dei videogiochi tradizionali creandosi un pubblico tutto suo. Proprio non avere un pubblico hardcore ha forse permesso ai suoi creatori di osare. Fortnite ha cercato di essere sia una competizione che un mondo. Qual è il vantaggio? Che in una competizione alla fine perdere sempre annoia, mentre in un mondo puoi vivere anche senza dover giocare intensamente.
Un mondo è anche un luogo dove le opportunità di investimento sono più vaste di quelle che ci sono per un videogioco e così ecco arrivare eventi come quello di Travis Scott, che probabilmente non vedete monetizzato direttamente negli account Fortnite, ma muove un giro di soldi che sicuramente non ha dato dispiacere ai capi della Epic.

Ovvio, questa specie di esistenza parallela Fortnite può sgonfiarsi con la stessa rapidità con cui è esplosa, esattamente come accadde per Second Life, ma mi affascina pensare che invece possa reggere. E potrà reggere proprio perché prima dell'opportunità di cui parlavamo sopra è arrivata la necessità, ovvero la necessità dei giocatori di giocare e di ottenere successo. Parliamo di videogioco as usual, come ne abbiamo visti tanti conquistare il cuore delle persone, e sopra questo videogioco vediamo costruire qualcosa, perché ormai i videogiochi sono un mondo così solido da essere utilizzabili come basi per qualcos altro. Le potenzialità che vedo in ulteriori sviluppi sono immense.

Non sono infatti convinto che per entrare nel mood dei "sekai", gli anime che vanno tanto in questi anni dopo SAO, sia necessario il casco virtuale e la possibilità di vivere altrove provando le stesse sensazioni che si provano a vivere qui. La telematica ci ha insegnato che quello che conta è lo stato mentale, fin da quando giocavamo puramente con la linea di comando. Avendo un mondo virtuale solido, condiviso, che molti considerano come un mondo, appunto, autonomo da logiche stringenti come quelle di un gioco può essere l'opportunità per fare cose nuove, trovare sfide nuove, a suo modo anche elevare il livello del concetto di videogioco. Un giorno dentro l'universo di Fortnite potremmo cominciare a costruire cose (a parte le scale, dico) che poi potrebbero rimanere e servire a fare altre cose. Ora è anche per me un racconto astratto, ma forse il motore è già in moto.

“When Battin told his wife Marjorie that he had been put in charge of software she said: please don't tell any of our friends” - Don Eyles

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