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1129, 16/09/2023 - Sconfiggere il capitalismo
1129
16 . 09 . 2023

Arretrati

Dolcissimo settembre: lo annunciamo da sempre su queste pagine, quando la doratura gentile del crepuscolo settembrino arriva a lambire le nostre membra indolenzite e abbrustolite da un'estate violenta... Settembre è la carezza gentile, il balsamo doposole, una malinconica riflessione sulla perdita della giovinezza, e un continuo schivare le nubi di moscerini e le ragnatele sospinte dal vento... ma allora perché i nostri Neo & Gödel sono tornati così incattiviti dalle vacanze?

Forse pure i nostri Ingegneri (delle Tenebre) sono reduci da una visione sfiancante, non importa quanto erano comode le poltrone reclinabili king-size del cinema? Vuoi vedere che anche loro non sono grandissimi fan dei film ultra-logorroici? Ma insomma, com'è questo film sulle Esplosioni Grosse? (spoiler: le Esplosioni Grosse sono solo teorizzate.)
La vita di questo signor Oppenheimer è magniloquente, complessa, densa, vorticosa, verbosa. Forse-forse avrei tagliato un'oretta e mezza (!) di procedimenti giudiziari e beghe tra colleghi per espandere piuttosto le intriganti allucinazioni infilmabili sui nuclei atomici. Avrei provato a costruire magari un'epica cerebrale di sfide scientifiche affrontate e vinte, una volta tanto che il protagonista è un fisico. Ma io sono io, non badate a me. Uscite pure dal cinema annuendo con gravità, sommelier della celluloide per una sera, senza averci capito una cippa per 179 minuti.
Almeno non è un film dalla struttura banale, in tre atti bla bla bla: questo, lo riconosco, è meraviglioso.

Non abbiamo esaurito le nostre opinioni cinematografiche, anzi abbiamo appena intaccato la riserva che ho accumulato in un'estate di visioni interessanti. Ci ritorneremo su, ma ora devo far posto a qualcos'altro perché, come dicevo al nostro ritorno, gli argomenti abbondano. Ad esempio ci sarebbero i videogiochi.
Il vincitore dell'estate videoludica, voglio che sia ben chiaro, per me resta Dave The Diver. Gli invidiosi e le malelingue frignano, piagnucolano che non è davvero un indie, ma chissenefrega? So riconoscere un bel gioco da me, anche senza l'etichetta.
Ma forse vale la pena di approfondirlo, questo tema ricorrente degli ultimi tempi: “Autori che piangono”. Piangono perché Dave The Diver trabocca di amore e non bisogna che ci montiamo la testa e pretendiamo questa qualità dai giochini indie. Oppure piangono perché Baldur's Gate III va considerato un'eccezione e non la regola, non si può mica pensare che tutti gli RPG da ora in avanti avranno questa mirabolante profondità!
Sono i guaiti patetici di ventenni cresciuti troppo fragili, abituati solo ai complimenti perché ogni critica è immediatamente censurata per loro dai social network premurosi? Avrebbero tanto bisogno, questi gattini tristi, di un insegnante come quello di Whiplash (2014)? L'istinto mi dice di sì, ma voglio provare ad essere più tollerante: di sicuro però nessuna retorica potrà mai farmi ingoiare di buon grado la mediocrità. E dunque mi prendo Dave The Diver, grazie, e tenetevi pure i vostri giochini indie fatti maluccio e le vostre bellissime intenzioni.
I giochini piccini, peraltro, sono sotto attacco anche su un altro fronte, da quando quel demone fuoriuscito dall'inferno che è a capo di Unity ha esposto il suo piano per ghermirli tutti e nel buio incatenarli. E non solo quelli piccini: ci sono anche giganti da mille miliardi di giocatori mensili come Genshin Impact che usano Unity come motore di gioco... e che sembrano proprio quelli presi di mira da questi piani saturnini. Forse i poveri piccoli indie, dunque, riceveranno rinforzi dalle legioni di avvocati d'elite che questi altri grandi editori metteranno in campo per arginare le Forze del Male. Eppure da altre parti si fa notare che questi nuovi prezzi (retroattivi!) sembrerebbero in fondo piuttosto in linea con quelli dell'altro grande motore di gioco...? Vedremo, vedremo, noi qui siamo solo coniglietti che mangiano la loro carota in pace, senza capirci nulla.

Proprio in questi giorni si sono aggiunti altri due annunci al nostro mucchio di arretrati: roba da non lasciarmi indifferente, a dir poco. Se continua così Follow The Rabbit potrebbe diventare un lavoro a tempo pieno. Dateci tregua, sviluppatori grandi e piccoli! (Vuoi vedere che quei demòni di Unity vogliono farmi un favore?)

Lo-Rez: arte, storia, web design
16 . 09 . 2023

Cieli indiani

Se dovessi decidere quale gioco grosso grosso di quelli usciti negli ultimi mesi giocare, non avrei dubbi. Per ovvie ragioni mi butterei su Armored Core. Da quello che ho capito, come diceva anche Lo-Rez l'altro giorno, come caschi caschi devi comunque sputare sangue per tirare fuori dal gioco dei risultati, tra statistiche, conti e configurazioni e allora facciamolo almeno in un gioco dove puoi guidare dei robot giganti e se ti impegni veramente tanto puoi addirittura costruirti un Gundam. Ovviamente parliamo di ipotesi completamente irreali, perché pur avendo finito Death Stranding non credo di avere il tempo per cominciare qualcosa di tanto grosso, oltre alle capacità computative per farlo girare o il denaro da buttare nell'operazione. Il problema principale è che non importa quanto un gioco sia bello, per poter essere affrontato per tante ore da me deve centrare quel sweet spot che è anche fatto di un livello non eccessivo di concentrazione e la possibilità di dedicarci un'ora, massimo un'ora e mezzo a sessione. E' una questione di fisico, di vita, di quello che volete, ma è così. Ho tutto il diritto di non considerarmi un giocatore hardcore.

Come capita sempre quando vengono le ferie e io no ho nienta da fare, ecco che entro nella mia collezione di videogiochi recuperati grati da Epic e comincio a installarli un po' a caso. Mi prendo quindi un momento per fare una riflessione su Sable. Sable è esattamente il motivo per cui dobbiamo darci una regolata rispetto alla scena indie. Sable ha un comparto grafico eccezionale, così eccezionale che quando ne vedevo gli screenshot mi chiedevo come facesse, veramente, a tenere in piedi un fumetto di Moebius. Nelle intenzioni, se vogliamo, non era nemmeno un gioco tanto diverso da Death Stranding (sempre lui) visto che il core è andare da un punto all'altro in una landa sconosciuta risolvendo quest. Il problema di fondo di Sable è che manca esattamente di quella quota di lavoro, quantificabile tranquillamente anche in anni uomo, che distanzia un indie da un triplaA, ma anche forse da quei giochi "fatti bene per il loro pubblico" che oggi non esistono più. Sono infiniti i dettagli che non funzionano, da una resa delle animazioni imprecisa e sciatta (con un contrasto devastante con la succitata grafica), a una serie di bug grandi e piccoli fino a un bilanciamento del gameplay che ti fa venire presto a noia il grosso delle cose che vuoi fare, una volta che l'infatuazione per Moebius ti è passata. Ma c'è, allo stesso tempo, un immenso potenziale in quel gioco, una grande intelligenza nella scelta di molte soluzioni e tanti particolari affascinanti. Solo che dopo un po' smette rapidamente di attirarti. Un reale crimine.

La vicenda che sta tenendo banco in queste settimane nel settore dei videogiochi è sicuramene quella che riguarda Unity. Unity può sembrare un oggetto marginale, nel mondo dei videogiochi, ma in un certo modo è stato uno degli artefici che ci ha transitato nell'era attuale che stiamo vivendo. Parliamo di qualcuno che ha deciso di investire su un "motore" per videogiochi senza necessariamente legarlo a un videogioco e poi fare business sugli sviluppatori che intanto, proprio per l'ampliarsi della scena indie, si stavano moltiplicando. Unity risolve un'infinità dei problemi che un ragazzino deve affrontare mentre sogna di scrivere un videogioco e lo fa in una maniera che oggi è ritenuta uno standard professionale. Personalmente la differenza, anche qui, da quello che fa un motore professionale di un triplaA si vede tutta (soprattutto nella scalabilità), ma ci sono infiniti ambiti in cui la sua funzione è sensata.
Unity, convertita al puro profitto, ha deciso di lucrare di più sui suoi sviluppatori pretendendo una tassa sul download del gioco finale, un letterale ius prime noctis con cui infilarsi nel letto di qualsiasi software house. Lo fa dalla sua posizione di leader del settore, ma con una grettezza che ovviamente ha sollevato infinite polemiche in ogni dove. Cosa ci dice questo? Innanzitutto ci dice che certi progetti software sul lungo periodo non sono economicamente sostenibili. Molto spesso non parliamo di aziende che vogliono fare molto più denaro, ma aziende che prima non ne facevano abbastanza e si mettono alla gola dei loro clienti per rimediare. Poi ci racconta di un'economia, quella che sostanzialmente comprende il software, assolutamente selvaggia, fatta ancora di robber barons e banditi come nel selvaggio west. Per un mercato che ormai si dice maturo non un grandissimo complimento.
Unity ha dei concorrenti, abbiamo parlato un po' di tempo fa su queste stesse pagine delle vicende legate all'Unreal Engine, però cambiare cavallo in corsa per molti potrebbe non essere semplicissimo. Sinceramente non riesco a capire chi potrebbe trovare sostenibile la loro nuova proposta, non stiamo parlando di qualcosa che sui grandi numeri scompare nel profitto, anzi, stiamo parlando di qualcosa che incide in funzione del profitto, però non vedremo l'azienda fallire a breve. Sul medio-lungo periodo però aspettiamoci scossoni. Non è poi così eccitante la competizione dei motori grafici, che procede a botte di tech demo e gente che gira in prima persona per città virtuali vuote, ma non vuol dire che anche queste risse possano stuzzicare il nostro palato di tecnici.

Per finire, come sapete, il social network formerly known as Twitter sta morendo perché un tizio pazzo ha deciso di voler far vedere al mondo l'estensione della sua frustrazione. Sono state proposte diverse alternative, più o meno patetiche, ma l'erede morale è Blue Sky. Ho un account anche lì. C'è un sacco di Gaiman, un sacco di Scalzi e la solita roba che gira sui social network (si, anche la gente arrapata). Il suo pregio, oggi, è quello di essere ancora un progetto in crescita, con tutto il bello delle sue praterie vergini da esplorare. Manca di molte funzioni di twitter, ha alcune buone idee per il futuro diverse da twitter e intanto la sua utenza cresce piano piano, così piano che gli influencer e gli attention whore non lo ritengono ancora appetibile. Se vi piacerebbe rivivere un po' quell'atmosfera da pionieri dell'inizio di Twitter, quella sensazione unica in cui ci si trovava fianco a fianco con persone famose a chiacchierare veniteci. Ma veniteci ora. Siamo comunque sull'internet, ogni cosa è ovviamente condannata sempre a peggiorare.

“We pray to someone / But when it's said and done / It's really all the same, with just a different name / So many voices, all giving choices / If we listen they will say, oh we can find the way / But we'll sail along, sing our song, carry on / 'Cause we rock / We rock / We rock / We rock”

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