Alta cucina
Ingegneri delle Tenebre che confabulano nelle tenebre: ah, bene! Anche nel nuovo anno FTR si riconferma sempre uguale a se stesso... ma su internet anche non cambiare mai è un piccolo atto di ribellione.
Oggi devo prendere una pausa dai videogiochi, che comunque ritorneranno fortissimi, perché le opere televisive avranno il sopravvento. Parlavo già settimana scorsa di Copenhagen Cowboy, la nuova serie di, ehm, “NWR”: anche lui è uno che non cambia mai, perché questa serie non si sposta di un millimetro dalle Scelte Artistiche™ già viste in Too Old To Die Young... potrei copincollare quel che dissi a suo tempo sull'altra serie e andrebbe bene così.
Manca la narrazione, in queste ore di filmati audiovisivi enigmatici, ed è una cosa che mi fa arrabbiare tantissimo perché gli spunti narrativi ci sarebbero, le premesse narrative sono solidissime e mi piacerebbe tanto vederle realizzate in una storia. Ma la storia non arriva mai.
Dannato cane di un NWR! Fai volare la nostra fantasia con il personaggio di una ragazzina venduta come portafortuna umano a una famiglia malavitosa di albanesi e poi passata di mano in mano come una cosa attraverso tutto il sottobosco criminale della Danimarca, strusciata suo malgrado contro lo schifo peggiore della peggiore umanità immaginabile... e poi però non ce la racconti mai, questa storia.
A me piacciono i minuti interminabili di inquadratura fissa su personaggi muti, illuminati da forti luci colorate, con una colonna sonora elettronica anni '80: in questo senso penso di essere proprio il tuo pubblico ideale, odiosissimo NWR! Eppure pensa che perfino io faccio fatica a sopportare le serie che fai tu. Ci devo mettere troppa fantasia per interpretarti, per colmare le lacune... a 'sto punto giocavo a Elden Ring!
Ma non tutti a questo mondo sono NWR. C'è anche chi ha tantissime cose da raccontare, e non cose surreali ed esoteriche, ma proprio le cose della vita che tutti prima o poi affrontano. Però raccontate bene.
Non potranno contare sui cameo di Hideo Kojima nei panni di uno yakuza, però sono serie migliori senza rinunciare a una scintilla di Grazia artistica.
Mi dispiace fare tutto questo preambolo perché la serie in questione invece è brutale e diretta come non ho visto mai, al punto che non ha neanche una sigla: c'è a malapena un titolo in Arial su fondo nero sbattuto all'inizio come un ripensamento.
Una serie che parte a razzo e non si ferma più, frammentata in una manciata di schegge di mezz'ora, che passano senza accorgertene.
Una serie che non ha assolutamente nessuno dei temi da sempre cari qui su FTR... se escludiamo la Grazia artistica, appunto, perché di quella ne ha tanta da farmene parlare su queste pagine.
The Bear.
Ora, io non mi curo abbastanza dei Social Network per sapere se sia Una Serie Famosa Di Cui Tutti Parlano (8 Cose Che Non Sapevate E Il Finale Spiegato Bene). Anzi, visto come succede di solito, il fatto che io la apprezzi è una sentenza di morte commerciale... Ma c'è la cucina, e la gente che lavora nei ristoranti, e il Dramma Familiare... guardatela, o Gente Comune! Dove caspita è la Gente Comune quando serve!
Ehm. Insomma, sono rimasto sinceramente impressionato da una regia e un montaggio che ti assalgono con violenza fin dal primo secondo, e che culminano in un episodio di venti minuti tutti in piano sequenza che è un pezzo di virtuosismo da manuale del cinema.
Una serie che mette in scena la Vita Reale, ma amplificata nel bello e nel brutto cento volte come di solito fa l'Arte. Una serie che emula Uncut Gems, e lo dico come un gran complimento.
Streghe, non maghette
Mobile Suit Gundam: The Witch from Mercury è in mezzo a noi, la serie è arrivata montando un certo hype e ne ha ben donde, perché quando un mobile suit cammina tra gli uomini bisogna sempre vedere dove va, non fosse che con quei piedoni potrebbe stritolarti la macchina, se l'hai parcheggiata sul suo tragitto.
Al termine della visione del primo episodio i due lupi dentro di me (che nutro entrambi, così non rompono le scatole) si sono messi a litigare. Uno ha visto quest'atmosfera liceale zuccherosa, queste interazioni shojo farcite di girl power, pure un po' questo sottotesto queer dato dalla coppia delle protagoniste e ha pensato che in qualche modo Gundam, persino Gundam, si stesse un po' Netflixizzando. L'altro lupo, invece, ha guardato e riguardato l'episodio e alla fine si è dovuto convincere che, diamine, si trattava del remake di Utena.
La trama infatti prende il via con la protagonista che, sola Suletta (ah! ah! ah!) arriva alla grande accademia dei piloti dei Gundam e incontra e si scontra ancor prima di atterrare con Miorine, ricca tsunderina arrabbiata col mondo, intenta a cercare di fuggire sulla Terra. Bastano pochi scambi di battute ed ecco che la nostra ragazza dai capelli rossi (la strega di Mercurio del titolo) si trova a dover combattere un duello per liberare Miorine dal tossico maschio araldo del patriarcato che pretende di essere il suo promesso sposo. Le prodigiose capacità del suo Gundam le permetteranno di vincere, scoprirà così non solo di essere diventata "il pilota da battere" dell'accademia, ma anche di aver preso su di sé anche il ruolo di promesso sposo di Miorine dando vita a un legame che, episodio dopo episodio, andrà sempre più rinsaldandosi.
Si, parliamo esattamente dell'episodio pilota di Utena, ma cosa sarebbe stato Utena senza i suoi svarioni psichedelici, i suoi siparietti ombra e tutte le sue caratteristiche fuori di testa? Quello che in fondo ha visto il primo lupo: un teen drama con un enorme liceo spaziale in cui i ragazzi sfogano i loro ormoni impazziti in combattimenti di Mobile Suit.
Ecco che qui, però, interviene il terzo lupo (una folla, signori miei, dentro di me) che è l'unico ad aver visto il prologo della serie, un episodio 0 ambientato molto prima dell'inizio dell'arco narrativo principale e in cui si riconoscono facilmente i tratti delle serie Gundam di razza: grosse organizzazione para-fasciste che salgono al potere, combattimenti all'ultimo sangue di robot giganti, morti strazianti con tanto di padre che canta tanti auguri a te alla bambina in fuga poco prima di saltare per aria con il suo Gundam in mezzo allo spazio. Il prologo ci dice che questa sarà una serie di Gundam, il primo episodio ci dice di no. Una bella confusione, insomma, che fortunatamente, grazie alla visione di tutti gli episodi, ha finito col diradarsi.
Abbiamo detto spesso che Gundam è un ottimo termometro della cultura pop, la serie ha attraversato le epoche, non è mai stata uguale a sé stessa sebbene abbia sempre orgogliosamente rivendicato la sua identità. In tempi non sospetti, quando vedemmo Iron Blooded Orphans anche qui segnalammo come ci sembrava che i personaggi femminili fossero un po' troppo in secondo piano rispetto quanto ci si aspetterebbe da una storia scritta nella seconda decade degli anni 2000. Witch of Mercury pone esattamente questo tema al centro della sua costruzione, disegnando la storia tutta intorno a personaggi femminili a partire dal suo protagonista. Chiusa la stagione dei bimbi frignoni ecco arrivare Suletta che, purtroppo, si dimostra bimba timidina, un personaggio che in questa prima stagione, giù dal Gundam, non riesce a fare altro che arrossire e balbettare almeno quanto Amuro e soci erano capaci solo di piangere e rannicchiarsi nel letto. Abbastanza curioso che la principessa a cui il protagonista faccia riferimento sia rimasta una principessa mentre il personaggio mascherato con numerosi secondi fini è a sua volta divenuto donna, addirittura collocato nel ruolo di madre di Suletta, con tutto quello che da qui può conseguire.
Lo so che il ruolo di cinico che assumo spesso potrebbe a volte sembrare forzato però credo sia bene sottolineare come questa nuova strategia della serie Gundam ha dei fini commerciali abbastanza manifesti. Perché, si, parliamo di un prodotto che sembra fatto apposta per Netflix e che su Netflix verrà venduto. L'ostentato girl power, la minaccia patriarcale, le derive spudoratamente shojo sono molto più vendibili al pubblico televisivo odierno di quanto fossero, ai tempi, i cupissimi toni di Iron Blooded Orphans. Il mercato dei manga/anime, recentemente, è in espansione. Non credevamo di poterlo dire di un media sempre uguale a sé stesso fin dalla notte dei tempi, ma i segnali ci sono tutti. Soprattutto la distribuzione su piattaforme generaliste come Netflix ha cominciato a creare nuovi bacini di pubblico per questo tipo di prodotti, solo che questo pubblico non lo puoi prendere a mattonate in faccia appena cerca di vedere cosa fai. Gundam è un'industria, non una semplice opera di intrattenimento, e come tutte le industrie i suoi movimenti sono dettati da una precisa strategia e da un preciso scopo: fare tanti soldi. E oggi questo non significa tanto soddisfare i giapponesi (che se continuano a costruire Gundam giganti in giro per la nazione forse già sono un po' sottoni del prodotto) ma i rinnovati e emergenti mercati occidentali.
Quanto scritto finora può sembrare una sorta di requiem per uno dei simboli in cui più abbiamo investito come cuore e anima da bravi nerd. L'impressione che possiamo dare è di essere davanti a un'altra proprietà intellettuale rinchiusa nelle logiche del marketing dell'intrattenimento dell'età oscura e tritata fino a farne qualcosa di masticabile per tutti. Beh, ovviamente non è così. Nessuno ce la fa contro Gundam, dovreste saperlo.
E' solo una sensazione, per gran parte della visione è un atto di fede. Di duello in duello, di flirt in flirt, passando poi per i più rocamboleschi ribaltamenti di trama liceale, la storia di Witch of Mercury avanza con l'odore fruttato delle caramelle gommose a cui, di certo, non siamo abituati. Eppure abbiamo l'episodio prologo. Eppure abbiamo le tematiche sottilmente suggerite dai vari personaggi. Eppure abbiamo dei Gundam. Lo sappiamo che i robot giganti non servono solo per riconquistare le fidanzate. Lo sappiamo che nessuno dei personaggi presenti vivrà serenamente la sua adolescenza.
Questa specie di stigma che vediamo addosso a ogni cuccioloso momento di Witch of Mercury si concretizza nei due episodi conclusivi della stagione: i personaggi cominciano a morire, le persone si sparano l'un l'altro proiettili veri, chi prima guidava baldanzoso Mobile Suit per far scena ora è terrorizzato a uscire nello spazio. La scena post-credit che chiude completamente la narrazione, per quanto forzata, è esattamente quello che un qualsiasi fedele di Gundam si aspetterebbe e allo stesso tempo, arrivando al termine di quanto mostrato durante la stagione, è una delle immagini più grottesche e inquietanti che Gundam ci abbia mai consegnato. Arrivati in fondo alla serie si realizza, a conti fatti, quale miracolo in realtà sia Witch of Mercury: un teen drama di Netflix, un maledetto, smanceroso teen drama di Netflix in cui però, a un certo punto, i personaggi cominciano a morire orribilmente.
Questo, in un certo senso, è il nocciolo della serie. Siamo soddisfatti.
Soddisfatti, si, ma non completamente. La confezione di questa serie di Gundam è lussuosa e si vedono tutti i soldi spesi per realizzarla, ma il design, in generale, non riesco proprio a farmelo piacere. I personaggi hanno un tagli troppo cuccioloso, a partire da Suletta, con delle acconciature che richiamano un po' troppo i più scanzonati degli shonen. Il mechadesign è così così, il problema principale è proprio il tratto di penna che fa sì che quasi tutti i Mobile Suit sembrino dei giocattoli. A questo si aggiunge un disegno non ispiratissimo della maggior parte dei modelli. Ovviamente l'Aerial è la consueta iterazione del "mobile suite bianco", ma stiamo ancora aspettando di vedere dei mezzi che conquistino il nostro cuore. Forse, per questa fase, era impossibile fare altrimenti. Avremo certamente un dispiego più trionfale di macchine in futuro.
Witch of Mercury è un Gundam. Potrà non sembrarlo, ma andate tranquilli: lo è. Forse questa prima stagione ha rischiato un po' troppo, ruffianeggiando in una certa maniera, ma non me la sento di bocciarla. Era un evidente arco narrativo preparatorio per porre tutti i personaggi nella posizione corretta. Forse, proprio per il tempo speso, se vogliamo che tutto il potenziale di questa storia sia espressio, dobbiamo scommettere su qualcosa che sia più sui 50 episodi che sui 25, ma vedremo come andrà. Per ora sono fiducioso.
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