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1079, 10/09/2022 - Virgolette con le dita
1079
10 . 09 . 2022

Tutto dappertutto

La traduttrice delle nuove edizioni di Hemingway ha dichiarato di essersi presa diversi giorni per scegliere tra “benevolo” o “benigno” nella prima pagina de Il Vecchio E Il Mare.
Ha consultato tutti i testi critici, ha intervistato gli studiosi specializzati, ha cercato la distribuzione degli n-grammi nei testi inglesi degli anni '50... tutto per una parola sola, in un testo che è già stato tradotto decine di volte in tutto il mondo, e che dato lo stato miserabile dell'editoria sarà letto sì e no da qualche migliaio di persone.
Ah, come sarebbe bello ritrovare questa attenzione al dettaglio, questa passione & competenza anche nelle sceneggiature dei film e delle serie multimiliardarie che vogliono farci vedere oggi!

E invece no, fanno le porcate e poi si dichiarano molto offesi se c'è chi non apprezza. E Sentirsi Offesi™, si sa, è la massima espressione della cultura statunitense del XXI secolo.
Ma tenetevi i vostri pseudo-hobbit e i vostri draghi e i vostri supereroi, ma chissenefrega, ma chi vi vuole.

Uff! Lettura difficile, in questa puntata di FTR! Anche troppo: dopotutto siamo tornati da appena una settimana,fossimo stati al mare avremmo ancora della sabbia infilata nelle mutande, fossimo stati ai monti dovremmo ancora disfare lo zaino. Andiamoci piano, cerchiamo di tenere lontano lo stress più che possiamo. Immergiamoci nella dolcissima aria di settembre, nella sua luce ambrata e nella brezza leggera, facciamo un bel respiro e allontaniamo i cattivi pensieri.
Non è difficile.
Ho detto più volte in passato che se non vi piace il complesso militare-industriale dell'intrattenimento, beh nessuno vi obbliga a consumare i suoi prodotti... c'è vita al di fuori di Disney+Marvel! Risparmiate al mondo le vostre sfuriate su quanto non vi è piaciuto l'ultimo supereroe in pigiamino colorato, e magari la prossima volta cercatevi qualcos'altro da guardare. Disney è sempre stata per famigliole e bamboccini, ve ne accorgete adesso?
Il settore dell'intrattenimento avrà tanti problemi, ma di certo non mancano la scelta e la varietà: ora come non mai nella storia umana abbiamo facoltà di attingere a tutte le opere di tutte le culture, per soddisfare anche la curiosità intellettuale più insaziabile (e la nullafacenza!).
Certo, lo stesso settore dell'intrattenimento, maledetto bastardo, fa di tutto per impedirci l'accesso a questa varietà culturale, erigendo barriere artificiali, muraglie di assurda burocrazia... per fortuna sono facili da aggirare. In questo contesto, temo che un po' di pirateria sia diventato un dovere morale: l'unico modo per preservare la dimensione artistica delle opere, quando chi ne detiene i diritti le riduce a mero Prodotto.

Tutto questo spiegone per arrivare a un esempio della Roba Strana™ che esiste e che potete guardare anche oggi se vi va. Io spesso mi sono rifugiato nell'estremo oriente, ma non c'è solo quello. Oggi però sì, c'è solo quello, perché Everything Everywhere All At Once è un film fortissimamente orientale.
Un film miracoloso per tanti aspetti, un vero portento di inventiva e originalità, una fonte generosa di immagini e idee nuove. Un film miracolato da una locandina disegnata da James Jean, il talento taiwanese che ho citato spesso anche su queste pagine. Un film che per certi versi ricorda un po' Matrix (1999), se l'avesse concepito una mente aliena.
Un film sofisticatissimo nella struttura visiva perché viene da un cultura che è essenzialmente visiva: in particolare le sfocature nelle scene che citano Wong Kar-wai mi hanno fatto impazzire, ma poi ci sono gli effetti speciali continui per tutto il film, incredibilmente realizzati da cinque persone in tutto.
Un film irriverente come non può mai permettersi chi investe i miliardi, con personaggi davvero sporchi, che mettono davvero a disagio come non potrà mai capitare con il cinema moralmente anestetizzato. Ma i personaggi imperfetti sono sempre i più interessanti.
Un film interessante ma imperfetto come i suoi personaggi, che si trascina un po' nel finale. Forse volevo caricarlo di troppe responsabilità: non è il film che da solo salverà il Cinema... nessuno può. Ma se non altro ci dà speranza, ci mostra una realtà parallela di infinite possibilità, e ci suggerisce che forse, per sfiga, noialtri qui siamo la versione peggiore di noi stessi, e che potremmo essere molto di più, e c'è molta più bellezza nell'universo di quella che riusciamo a vedere.

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10 . 09 . 2022

Ricaduta

Quando gradatamente ho abbandonato la vita attiva come videogiocatore ho creduto che in questo modo mi sarei liberato anche di una vera e propria malattia che so assillarmi, ovvero quella per i giochi di carte collezionabili. FTR, negli anni, è stato spesso funestato da questa mia passione che ovviamente traboccava nei miei editoriali. Ovviamente questo tipo di dipendenze sono però bestie strane e infide e quindi è bastato che abbassassi un po' la guardia per ricaderci, eccoci allora a dedicare un editoriale a Shadowverse.

Il modo in cui sono caduto nella trappola è stato abbastanza ingenuo: funestato dalla visione di alcuni anime particolarmente deprimenti (ne parleremo) ho deciso, per terapia, di dedicare l'estate a qualcosa di ignorante. Ho quindi cominciato a vedere l'anime di Shadowverse perché in fondo i giochi di carte collezionabili si possono apprezzare anche all'interno di uno shonen e, perché no, credevo che in questa forma il gioco in sé sarebbe stato innocuo. Dell'anime parleremo, ovviamente, dopo che lo avrò finito, del tunnel in cui mi sono infilato col gioco, invece, facciamo un editoriale subito.

Si capisce da subito che Shadowverse (da questo momento scritto solo nella sua forma fonetica Sciadouà) è un gioco di carte maturo, che ha saputo ben analizzare i suoi predecessori prima di scendere in campo. Uno dei problemi dei giochi di carte collezionabili più avanzati è il fatto che molto spesso le partite risultino predeterminate e già dal primo turno i mazzi evolvono lungo una via prefissata, fino a portare alla vittoria di uno o dell'altro giocatore. Sciadouà pone un freno a questo nella sua stessa struttura. I play point, ovvero la risorsa che viene utilizzata per giocare le carte, crescono gradatamente e inesorabilmente da 1 a 10 durante il corso della partita. Questo fa sì che all'inizio non ci sia proprio possibilità di giocare con l'ottica della vittoria finale e si debba invece arrangiarsi con carte necessariamente deboli. Al quarto turno viene rilasciata quella che diciamo è la prima ganascia, concedendo la possibilità di evolvere i difensori (innescando diversi meccanismi prima preclusi). Quando poi si arriva verso gli ultimi turni allora sì che è possibile giocare le carte più potenti, che però spesso sono vincolate a quanto si è stati capaci di preparare il terreno nei turni precedenti secondo la filosofia del proprio mazzo. In pratica si comincia la partita con delle schermaglie innocenti, si sfrutta la parte centrale per far salire i contatori a cui più teniamo e per assestare i primi colpi e infine, verso gli ultimi turni, si giocano letteralmente delle carte cheat che a volte indipendentemente dalla nostra condotta precedente, permettono di vincere la partita.
Questa dinamica è sia divertente che frustrante. Divertente perché anche avendo di fronte mazzi terribili le prime fasi della partita sono più o meno sempre giocabili, frustrante perché poi un mazzo terribile, inevitabilmente, emerge a un certo punto e se non siete stati abbastanza veloci a schiacciare l'avversario la vostra sconfitta cala inevitabile.

Un'altra caratteristica interessante è che Sciadouà ammette solo mazzi "monocolore", ovvero prima di cominciare a disegnare il proprio deck bisogna scegliere a quale delle otto discipline disponibili farà riferimento. Le discipline hanno ognuna uno stile di gioco peculiare, che poi va anche a dettagliarsi in più sottostili ed è piuttosto intrigante come effettivamente la diversificazione sia radicale. Forse la forma di gioco più facile è quella dei draconici, che semplicemente al turno sette dona, mediante Risveglio, bonus aggiuntivi alla maggior parte delle carte. I necromanti, invece, per attivare gli effetti delle loro carte devono usare il valore di quanti elementi hanno mandato nel cimitero. Le legioni reali, tanto per fare un ultimo esempio, puntano principalmente sulla possibilità di mettere in campo molti difensori contemporaneamente e, dopo aver costrutito una robusta linea difensiva, pompare qualche carta per portare attacchi devastanti.

Le carte di Sciadouà si dividono molto semplicemente in difensori, i classici mostri, magie, che si attivano sul momento e si scartano e amuleti, carte che prendono il posto di un difensore e attivano diversi effetti. Tra gli amuleti un posto particolare lo hanno gli amuleti conto alla rovescia, che funzionano come bombe a orologeria, posticipando nel tempo effetti a volte devastanti. Non ci sono trappole o altri interrupt che intervengano sul turno dell'avversario, questo fa perdere un po' di teatralità alla narrazione nell'anime, ma in compenso rende ogni turno molto più lineare.

Dopo aver giocato diverse ore e aver perso in maniera umiliante molto molto spesso sono ancora qui a difendere Sciadouà e le sue meccaniche. La sezione enigmi dimostra che effettivamente l'ordine e la scelta nel giocare le carte può essere determinante per portare la partita su un binario piuttosto che un altro, dando l'impressione che il giocatore abbia un ruolo attivo non solo per la preparazione del deck. Il gioco comprende anche un gran numero di carte che inducono i giocatori a scartare e pescare, sostanzialmente un buon giocatore è quello che riesce rapidamente a far scorrere gran parte del deck così da arrivare nel momento decisivo della partita con le combo più potenti in mano. C'è, insomma, una certa azione calmierativa del cosiddetto "cul... cuore delle carte".

Un altro aspetto lodevole è sicuramente la confezione con cui Sciadouà si presenta. Il gioco non ha una controparte cartacea e quindi non si vergogna di far funzionare delle carte sulla base di calcoli e conteggi anche complicati, sapendo che poi il giocatore potrà sempre vedere chiaramente a interfaccia il loro stato. Le carte sono tutte disegnate molto bene, i difensori hanno tutti due illustrazioni (normale più evoluta) più un eventuale forma animata e spesso anche un effetto sonoro a sé sia per l'entrata in campo che per l'attacco che per la morte. Accanto alla corposa parte multiplayer c'è anche un mucchio di contenuti per il gioco da solo, tra una serie massiccia di combattimenti singoli da affrontare in storie in cui sono stati spesi k e k di righe di testi (anche troppi) e i rompicapi suddetti. Persino i campi di gioco, in tredì, hanno spesso delle animazioni accattivanti.

LA domanda che però ovviamente volete farmi è ovvia: si tratta di un pay to win? La fregatura di Sciadouà è il sistema a mazzi monocolore. Quando aprite una bustina, ancor prima di sfidare la sorte per trovare carte di livello gold o leggendario dovete innanzitutto sperare che le carte facciano riferimento allo stile che giocate voi, a meno che non abbiate la pazienza di mantenere otto mazzi. Questo fa sì che l'apertura di bustine va a vuoto molto spesso e ovviamente le bustine "mirate" si possono ottenere solo mediante denaro reale.
Questo e il fatto che certe carte sono inaffrontabili senza un arsenale altrettanto corazzato, ma si che rimanga sempre, di fondo, la frustrazione di non riuscire a ottenere esattamente quello che si vuole e il fatto che sarebbe molto più facile riuscirci, invece, tirando fuori dei soldi. Non mi sono però ancora trovato messo all'angolo e sebbene perdo moltissimo tra il gioco in solo e il lento progredire del mazzo non sono ancora a un livello di frustrazione tossico.
(poi volendo ci sarebbe il discorso delle carte-tempo, che tanto non ha capito nessuno, quindi sorvolo)

Sciadouà è ufficialmente una malattia, ho già un quantitativo di ore giocate enorme e sto cominciando anche ad affezionarmi alle carte più interessanti. Manca il fascino del gioco intrinsecamente magico che era in Yu-Gi-Oh (nonché il fascino della giovane maga nera, naturalmente), ma il grande universo che i suoi personaggi descrivono è comunque accattivante il giusto per trasmettere il giusto carisma.

“Perché Tavis si era preso gran parte della colpa quando venne fuori che gli spettatori dei Blue Jays nelle tribune, molti dei quali bambini innocenti che indossavano i cappellini della squadra e picchiavano i piccoli pugni nei guanti che si erano portati dietro nella speranza di poter acchiappare una palla colpita male, che un numero angosciante di spettatori in vari punti lungo le linee del campo poteva guardare direttamente nelle finestre degli ospiti dell'albergo mentre questi ultimi facevano vari tipi di sesso nelle loro camere da letto sopra il muro di centrocampo.”

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