Il castello di Greyskull
La Natura si sta svegliando e ci soffia in faccia tutto lo schifo delle nostre città, la polvere e le foglie secchissime e tanta altra robaccia innominabile che cospargeva le strade in assenza di piogge.
I venti (della pazzia) spingono le nuvole qua e là, e un minuto c'è il sole il minuto dopo no: una situazione esaltante per chi è dotato di Abbigliamento Tecnico, ma comunque in generale è anche un po' un fastidio, almeno per chi come noi vive in posti dove questo meteo capriccioso non è la normalità.
È comunque un ottimo periodo per andare in giro evitando la gente (siamo allergici alla gente), ad esempio nel minuscolo fazzoletto di terreno incolto che si trova sul bastione del Castello di Malcesine (in realtà piccolo come un castello di Greyskull), 5x5m a strapiombo sul Lago, pieno di erbacce e popolato solo da gatti addormentati nonostante i terreni in quella zona siano preziosissimi e assolutamente fuori dalla portata di quasi tutti, comodamente raggiungibile da una scalinata che parte dalle viuzze strettissime del paesino. Purtroppo tre metri più sopra si affaccia il parapetto del castello con la sua infinita processione di turisti tedeschi (in estate) che si fa la foto in posa con sfondo lago e monti innevati. Non dà fastidio ai gatti ma a noi ne darebbe parecchio.
Tutto questo meteo bizzarro e queste camminate in posti bellissimi e ancora per poco miracolosamente solitari mi ricorda Death Stranding. Era un po' che non ne parlavo, eh?
Ma adesso è uscita la Director's Cut (o meglio la NON-Director's Cut visto che il Maestro in persona ha dichiarato pubblicamente che è un titolo stupidissimo voluto dal marketing di SONY), e quale scusa migliore per tornare a fare delle belle e sane camminate in Islanda, consegnando pacchi alla gente in isolamento per quarantena durante una pandemia? HAHAHA!
L'ultima opera di Kojima ha talmente colto lo spirito dei tempi che a distanza di oltre due anni continuano ad avverarsi uno dopo l'altro tutti i segni premonitori di questo gioco: le bolas in dotazione alle forze dell'ordine per atterramenti non letali, o i robot per le consegne a domicilio bipedi e quadrupedi.
Uno dei segni che caratterizzano Death Stranding come un'opera d'Autore, come un Drive My Car (2021) piuttosto che un film di supereroi in pigiama colorato, è l'intensità emotiva fortissima che il gioco riesce a costruire agendo per sottrazione.
Tante anime semplici si lamentano da due anni che questo dannato gioco non ti dà un'opzione per sentire la sua colonna sonora pluripremiata mentre stai facendo le consegne. E allora a che servono quelle quaranta canzoni commissionate ad artisti di talento? Si chiedono quelle anime semplici.
Ma mentre le megaproduzioni bruciano milioni di dollari al minuto per produrre scene d'intermezzo spettacolari e vuote e dimenticabili, Death Stranding ti fa camminare da solo in un terreno accidentato per decine di minuti per volta nel silenzio e nella solitudine: e ti prepara psicologicamente fino al momento in cui, risalito un crinale, ti stende davanti un panorama straordinario e la tua meta in lontananza... e solo allora attacca la musica, e sentire una canzone nuova dopo tutto quel lungo silenzio spesso ti commuove fino alle lacrime.
Questo significa essere toccati dalla Grazia, e auguriamoci di poterlo sperimentare almeno qualche volta anche nei nostri viaggi nel mondo reale.
Pezzi da otto
Ci lamentavamo settimana scorsa che era un momento di stanca e non si sapeva bene cosa inventarsi per avere delle emozioni, poi è uscita LA notizia: un nuovo Monkey Island.
Facciamo però un paio di precisazioni. In generale non avremmo granché da emozionarci per un nuovo Monkey Island, perché sappiamo perfettamente che nell'epoca dei brand mai morti anche Monkey Island può tornare e in realtà è già tornato in varie incarnazioni. Abbiamo avuto un Monkey Island 4 in treddì e anche una serie della Telltale. Insomma, ci siamo già sperticati a più riprese a urlare "RITORNA MONKEY ISLAND" facendo finta che questo potesse riportare il nostro cuore a quando eravamo adolescenti. Perché allora questo ennesimo ritorno dovrebbe contare di più? Perché stavolta che torna Monkey Island l'ha detto RON GILBERT!
Ron Gilbert è il padre effettivo di Monkey Island, padre in quella maniera che nei tempi moderni non ne esistono più, nel senso che a parte Kojima e pochi altri oggi non esiste il concetto di "creatore" di un videogioco ovvero quello dalla cui testa è uscito il grosso del progetto, ormai viviamo sempre l'esperienza di grandi team che si fanno tirare di qua e di là e ognuno fa il suo, ma poi nessuno può uscire con su un camice da scienziato pazzo a dire "a questo videogioco ho dato la vita". Negli anni dell'epoca d'oro, invece, molto spesso i videogiochi avevano un padre, una faccia che magari rappresentava un team, ma che era un nome, una persona vera. Per Monkey Island questa persona vera è stata Ron Gilbert.
Ron Gilbert ci ha dato i primi due Monkey Island, il dittico che si trova alla base del mondo dei videogiochi e ne sorregge alcuni continenti mediante una colonna eburnea e indistruttibile. Chi vi scrive non ha vergogna a dire che ha amato anche il terzo capitolo, ma i primi due sono La Storia, il resto sono videogiochi.
Nel piccolo teaser che ho linkato a inizio della column è proprio solo a questi due capitoli che fanno riferimento gli autori e questo ci lascia sgomenti perché, tra le altre cose, l'ho scritto diverse volte qui, il finale del secondo Monkey Island è una specie di baratro narrativo, un precipizio in cui abbiamo cominciato a cadere venticinque anni fa e in cui continuiamo a precipitare. Monkey Island 3 glissava sugli avvenimenti di Big Whoop mettendo Guybrush a bordo di un autoscontro e lasciandolo in mezzo al mare senza spiegazioni. Quello che invece sembra, almeno a sensibilità, è che invece Gilbert voglia prendere di petto il mitologico finale e portarlo avanti.
Nessuno sa cosa sia il finale del secondo Monkey Island, nessuno ha mai saputo dire se i due videogiochi siano stati solo il sogno di un bambino oppure se i nostri protagonisti siano stati rinchiusi in una qualche dimensione demoniaca voodoo oppure se veramente i grandi pirati hanno seppellito in un'isola sconosciuta un Luna Park e lo considerano il loro grande tesoro. Se il racconto partirà da lì già questo Return to Monkey Island rappresenterà soldi ben spesi.
Ovviamente i pochi minuti che ci sono stati messi a disposizione poco dicono. L'ironia appare intatta, lo stile grafico interessante. Probabilmente la cosa più affascinante è la risposta che ha avuto questa dichiarazione di Gilbert perché l'internet è abbastanza esplosa quando l'ha fatta. Insomma, sotto tanti strati di personaggi improbabili e persone che non hanno alcun sacro fuoco per la disciplina, batte ancora il cuore di una bestia romantica che ricorda e ama anche se non si fa sentire spesso.
Visto che è una giornata tutta fatta di corsi e ricorsi ecco che appare anche l'annuncio di un nuovo capitolo di Tomb Raider, apparentemente della stessa saga che sto completando io.
Peccato, speravo di poter dire di aver chiuso la storia e pensavo anche di meritarmelo, visto che attraverso Shadow mi sto trascinando abbastanza a fatica invece ci sarà qualcosa di nuovo e visto il mostro tecnico su cui è dichiarato girerà difficilmente riusciremo ad averlo in forma giocabile sul mio PC. Non è ancora chiaro se stiamo parlando di un remake tecnico del primo capitolo (lo meriterebbe tutto), di un reboot (sarebbe il terzo o quarto) oppure di una nuova genuina storia (non ci sarebbe niente di male). Come abbiamo detto sopra i grandi brand non muoiono mai. Difficile credere che saremmo rimasti troppi anni senza avere sugli scaffali una nuova Lara Croft, possiamo ben dire che anche questo è nell'ordine delle cose.
Lara, soprattutto l'ultima Lara, merita, in fin dei conti, che la sua schiatta continui quindi non sono dispiaciuto nemmeno di questo annuncio, anche se ovviamente sarebbe un po' troppo chiedermi di emozionarmi per lui.
In ultimo una notiziola che poteva anche passare inosservata, ma si ricollega a questo mio discorso. Editori di Manga che aprono divisioni videogiochi. Abbiamo detto appunto l'altra volta come soprattutto il mondo orientale sia un universo in cui i media sono iperconnessi, azioni come questa possono essere viste come la corsa agli armamenti per combattere nel mercato nel prossimo futuro. Noi qui pensiamo che non è male, se si mischiano un po' di idee e si fa affluire sangue fresco alle produzioni con questa promiscuità. I videogiochi possono diventare storie, le storie videogiochi. E prima o poi vi arriverà anche tra capo e collo cosa penso di Halo, per dirne una.
Cymon: testi, storia, site admin“I'm not trying to fake it / And I ain't the one to blame. / There's no one home / In my house of pain. / I didn't write these pages / And my script's been rearranged. / No, there's no one home / In my house of pain”