Un lento apprendistato
Tempi eccezionali ci chiamano ad elevarci al di sopra delle nostre quotidiane meschinità.
Mentre il freddo di questo inverno (non ancora nucleare) sembra persistere ben oltre il lecito, e Cloud & Link nella strip di oggi sono tanto ottimisti da immaginare persino un abbandono del distanziamento interpersonale, noialtri (cioé io) ci siamo spinti la scorsa settimana oltre ogni limite umano, oltre ogni imposizione preconcetta, oltre la barriera del Tuono: e abbiamo parlato di un Creatore di Contenuti™.
Invecchiando si diventa meno idealisti, meno intransigenti: ecco forse perché dopo vent'anni sono infine approdati anche su queste pagine Youtuber, Streamer e compagnia cantante... questo marzo segnerà dunque tra le altre cose anche la nostra resa? Questa fortezza che resiste da vent'anni all'assedio dell'Internet 2.0 è infine caduta?
Ma no, noi siamo ancora noi e il Coniglio è ancora il Coniglio. Lo Statuto di FTR regge. È il mondo che è cambiato: vent'anni fa chi voleva esprimersi su internet faceva un webcomic o un sito personale; poco dopo sono arrivati i Blog, poi i Social Network, e ora i Contenuti Audiovisivi in una caduta a capofitto nell'analfabetismo e nei disturbi dell'attenzione. E man mano che le barriere all'ingresso venivano abbattute, noialtri col webcomic ci siamo ritrovati una folla di Orchetti che fanno pic-nic nel nostro giardino ben curato.
Ora ci viene richiesta l'intelligenza di riconoscere che non tutti questi nuovi arrivati sono Orchetti: alcuni sono hobbit, e alcuni persino Elfi. A volte penso che se noialtri ci fossimo affacciati soltanto oggi al mondo di internet, molto probabilmente non avremmo fatto un webcomic, ma magari un podcast o forse addirittura un canale Youtube.
AAAAAAARGH!!!
Ma no, ma no, risvegliamoci da questo incubo: siamo qui, siamo sempre sul caro vecchio FTR, perduto nelle periferie meno frequentate di Internet.
Ma tra le folle di Orchetti che si accalcano nelle piazze, invece, dicevamo che si nascondono anche alcuni rarissimi Elfi: e io credo che questo canale sia l'esempio di un elfo italiano che risplende di luce siderale, sussurrandoci sottovoce i suoi pensieri ponderati, talmente professionale da scusarsi quando beve un sorso d'acqua senza spegnere il microfono, o quando in Elden Ring muove troppo in giro la telecamera e dà il mal di mare agli spettatori... in Elden Ring, dove solo restare vivi richiede tutte le energie umane, questo galantuomo si scusa se a un certo punto ha dovuto fare una mossa un pochino brusca con la telecamera.
Capisco come videogiocare così, con questa ansia appoggiata sulla spalla per otto ore ogni giorno, 7 giorni su 7, e trascorrerne altre otto a montare video e scrivere forzatamente sui social network, ecco, inizia a somigliare molto a un mestiere.
Ora basta però: sentivo il bisogno di giustificare a me stesso le ore (per ora pochissime!) dedicate a guardare video su Youtube... pensa un po'! Ma mi resta appena il tempo di parlare un po' del contenuto di quei video, che è ancora e sempre Elden Ring.
Confessavo, e al tempo stesso mi vantavo, la settimana scorsa di non avere né tempo né voglia di dedicarmi a un gioco così impegnativo. È l'impegno a impensierirmi, non la difficoltà: come ci ricorda questo articolo, esistono tanti tipi di difficoltà nei giochi e questo non mi richiederebbe riflessi fulminei a 16.7ms (come un qualsiasi picchiaduro) ma piuttosto un lento apprendistato (se Elden Ring è il Thomas Pynchon dei videogiochi, fatemelo citare).
E allora forse davvero il gioco che fa per me è piuttosto Horizon: La Peluria del West? Forse davvero devo arrendermi e mettermi in coda insieme alla massa... ma no, aspetta?! La massa in questo momento si è spostata tutta su Elden Ring, che sta macinando miliardi di euro... cosa succede? Sono un po' confuso.
Vuoi vedere che per restare snob nell'anno 2022 mi tocca buttarmi sui Giocazzi Popolari, ora che non li vuole più nessuno? Paradosso! Tutte le nostre certezze vengono meno, in questi tempi tutt'altro che noiosi.
Ma poi a me chemmifrega, tanto io sto giocando Final Fantasy VI.
Lo-Rez: arte, storia, web designRata alada
Ha senso fare un nuovo film di Batman. Magari noi non eravamo qui a chiederlo, magari non era esattamente quello che speravamo di avere dal cinema supereroistico, ma è un'operazione legittima. E' un'operazione legittima perché il fumetto è anche questo: lungi dallo stare sempre in groppa a una storia o continuity, il fumetto sa anche reinventarsi, riscriversi, ripartire, riproporre o cambiare prospettiva. Ci sono dieci, cento, mille Batman nel fumetto, possiamo accettare di averne quattro (limitandoci all'epoca moderna) al cinema. Possiamo pure andare a vedere 'sto quarto, già che ci siamo. (inevitabili spoiler)
Matt Reeves aveva già fatto un buon lavoro raccogliendo il testimone di Rupert Wyatt nel reboot del Pianeta delle Scimmie, serie che, dopo l'infelice inizio di Burton, aveva ritrovato una sua identità moderna, pur con tutti i suoi distinguo, anche grazie a questo regista. The Batman è un lavoro più delicato, perché è una specie di slalom. Bisogna tenersi in qualche modo legati al fumetto, ma allo stesso tempo bisogna schivare l'ingombrante ombra di Nolan e, nel frattempo, prendere le distanze dalla Justice League. Ce ne sarebbe abbastanza per arrendersi, ma il buon Matt decide per una mossa piuttosto furba ovvero va back to the root, recupera il Batman primigenio, il Batman che, in pratica, non era un supereroe.
L'epoca della nascita di Batman, gli anni 40, è così lontana che ci è difficile abbastanza figurarcela. A quei tempi però una grossa mole di fumetti era caratterizzata da quelli che possiamo più vedere come detective mascherati, personaggi che venivano calati in contesti hard-boiled (che tanto erano amati in letteratura), ma avevano una resa maggiormente scenografica grazie a costumi e maschere. Batman nasce così e attraverso le epoche conserva, di fondo, questo carattere quasi noir in tutte le sue incarnazioni però, spesso, deve trovarsi a nasconderlo perché quel taglio non è ciò che ci si aspetta da lui. Ecco allora il puro freak show di Burton, il paladino quasi fantascientifico di Nolan, il superuomo di Snyder (e capite in fretta come quest'ultimo costume, in effetti, gli calzi a stento). Proprio tutto questo ingombrare l'immaginario ha legittimato Reeves a fare un'operazione completamente diversa e questa diversità è data proprio dal rendere Batman il più uguale possibile a sé stesso.
The Batman ci mostra un supereroe Year 2, ancora un po' indeciso in alcuni suoi atteggiamenti, in una Gotham che non ha ancora visto l'esplosione delle maschere, con Gordon non ancora commissario e i boss mafiosi old-style a tenere la scena. Gli elementi tratti di peso dalla saga sono nella forma più canon possibile: Maroni, Falcone, Pinguino, Catwoman... tutti capaci di passare l'esame del fandom, tanto che i primi due risuonano quasi con gli altrettanto correttamente realizzati di Nolan. Su tutto questo si innesta una rivisazione piuttosto interessante dell'Enigmista, a mio parere uno dei personaggi più sottovalutati del fumetto, che qui viene disegnato come un serial-killer che non disdegna di lasciare in giro contorti indovinelli da risolvere.
La caccia all'Enigmista, però, è un'indagine come quella di qualsiasi altro poliziesco, con la differenza che in questo poliziesco il protagonista gira con un cappuccio nero calato sulla testa. Fortunatamente, però, parliamo di un'indagine anche abbastanza stratificata e intrigante, che al solito mette al centro di tutto l'anima di Gotham, ma in uno scenario ricco, che rende sensato il continuare girovagare del nostro crociato e, sebbene non porti a colpi di scena mirabilanti o contorterie Nolanesche, arriva a chiudersi correttamente (sembra un miracolo, per come lo dico, ma vi ricordo che stiamo parlando di un film di supereroi).
Ovviamente un progetto in questi termini va incontro a mille insidie e pericoli che Reeves supera con un lavoro tecnico che, personalmente, trovo abbia del mostruoso (sempre parlando di supereroi). Batman viene praticamente sempre mostrato con la maschera, in controtendenza rispetto a quello che vorrebbe l'uso, Pattinson ha pochissime scene a volto scoperto e la maggior parte sono in solitaria. La fotografia sporca, quasi retrò, non è mai confusionaria e abbiamo forse uno dei migliori inseguimenti in auto degli ultimi anni. Turturro giganteggia dal punto di vista recitativo, mentre non ho assolutamente idea di cosa abbiano detto di fare a Farrell, ma il suo pinguino è talmente sbagliato da risultare perfetto. Zoe Kravitz deve lottare per non farsi inghiottire né dallo stereotipo del love interest irrealizzabile né da quello della Gatta Ladra. Le vengono lasciati degli appigli per riuscirci, non era facile. Gli equilibri che si vengono a creare hanno un downside: Batman praticamente avanza solo a cazzottoni ignoranti, con buona pace dei coreografi delle scene di combattimento dei tempi che furono e in generale il film mostra tutti i suoi limiti quando si cerca di far volteggiare in qualche modo il pipistrello. E' una cosa che però accade raramente (con un'eccezione di cui parliamo poi) quindi è sopportabile. Sull'Enigmista si poteva lavorare un pochino di più (nel senso che non si capisce granché di come sia arrivato nella posizione in cui è arrivato), ma è una buona resa dark del personaggio, con la corretta vena di pazzia aggiornata i giorni nostri. Non ha un reale costume perché è già faticoso accettare come credibile quello di Batman, ma vive bene del suo brand. La cosa più deliziosa, forse, è che Reeves riesce, fischiettando per non farsi notare, a inserire in questo film tutto il nonsense degli indovinelli dell'enigmista, con delle soluzioni bizzarre per tutti tranne che per i personaggi del film, strizzando l'occhio, nei limiti del possibile, alle banane a sfera di Adam West.
Naturalmente non può essere tutto rose e fiori, parlando di un film DC è ovvio che a un certo punto, su questo lavoro raffinato ed elegante, doveva intervenire la zampa di elefante sudicia dei soliti geni produttivi (mia interpretazione). Ecco quindi che praticamente a film concluso, quando siamo pronti ad andare in pace soddisfatti viene agganciata alla trama una MEZZ'ORA ABBONDANTE che non c'entra nulla né col tono né con lo stile delle due ore precedenti. Batman ha una rivelazione interessante, se vogliamo, scoprendo di essere sostanzialmente un'icona trumpiana che catalizza l'anti-stato più di quanto guarisca lo stato di per sé e da lì ne esce una scena action in cui la città viene allagata non si sa bene come e tutti i cittadini si trovano sotto tiro di un gruppo di trumpiani in maschera attaccati a delle impalcature. Lo scontro tra il bene e il male si risolve più o meno con i ritmi e le tecniche di Nolan (ricordarsi la battaglia finale di Dark Knight), peccato che è tutta roba che proprio non si monta su questa pellicola. Batman fa la figura del San Daniele finendo a pendere giù dal soffitto per un numero imbarazzante di volte e quando riesce a inerpicarsi indietro su una trave gli viene, saltuariamente, di tirare due cazzotti. I cattivi a tratti sembrano decine, in altri momenti sembrano mezza dozzina, sta di fatto che a un certo punto, per sfinimento, smettono di sparare. Allora Batman si tuffa in acqua come una panteganona e tira fuori un paio di momenti cringe di salvataggio che nemmeno Nolan, sembrano dei ralenty di Snyder. Finché, prima che il pubblico si dia fuoco, con un altro paio di scene overcringe, tutto FINALMENTE finisce.
In conclusione questo The Batman, giudicato per le due ore che effettivamente gli competono, è un successo pieno in tutti i sensi che volete. E' un buon film, è un buon poliziesco, è una buona versione di Batman e ha anche una sua originalità e un suo carattere. La coda finale da action-movie blockbuster un po' rovina questo equilibrio e solleva qualche perplessità però è talmente concentrata in un punto da non riuscire, almeno per quel che mi riguarda, ha mutare completamente il giudizio. E' una stupidaggine, ma tra tutte le stupidaggini che abbiamo visto nel mondo DC-Warner, è la più innocua.
Cymon: testi, storia, site admin“It's a big city. I can't be everywhere. But they don't know where I am. We have a signal now, for when I'm needed. When that light hits the sky, it's not just a call... it's a warning.”