Regina d'Egitto
Clara non ci capisce. Clara si indigna per la metodologia forse un po' troppo Agile impiegata da Gödel... Ma, ma, ma Clara! Tu ti sei seduta sulla sua scrivania! Cosa dovrebbe dire il povero Ingegnere in pullover di lana?
Sono di ritorno da una terra dove il cappuccino si beve durante il pranzo, non ho tempo da perdere, andrò subito al punto.
Tutte le testate giornalistiche (HA HA HA) che si occupano di videogiochi hanno detto la loro sul nuovo servizio di streaming di Google, quello con un nome bruttissimo, presentato questa settimana. L'ho già detto in passato: a me questa cosa dello streaming su abbonamento continua a dare la sensazione di una bibita zuccherata videoludica da succhiare con la cannuccia della fibra ottica, di un cibo fast food più quantità che qualità. Dovremmo aspettarci che una casa di produzione lavori dieci anni a un gioco, come Red Dead Redemption 2 o Final Fantasy XV, per poi gettarlo nel cestone in mezzo a tutta l'altra roba, a dividersi pubblico e proventi con Barbie Pettina I Cavallini 2019? Mi sembra che sia quello che Netflix sta facendo al cinema.
Del resto potrebbe anche esserci un'opzione per acquistare i singoli giochi e poterli poi giocare in streaming senza un abbonamento... ma in questo caso la definizione di “acquistare” andrà chiarita con un contratto legale di qualche decina di pagine scritte in piccolo, dato che se non hai il ferro in mano stiamo parlando di null'altro che magica polverina di fata. (E qui vi invito a immaginarvi gli attori di Wolf Of Wall Street che gesticolano nell'aria con un sorriso beffardo.)
C'è un motivo se, pur avendo accesso a tutte le illustrazioni prodotte quotidianamente da artisti (o presunti tali) su gallerie come Artstation, la gente è ancora disposta a spendere milioni di dollari per mettersi in casa la tela originale di Egyptian Queen (1969), di Frank Frazetta. O almeno, io lo farei. C'è qualcosa in quel quadro, un magnetismo al di là del tempo e dello spazio, enigmatico e seducente e ambiguo come lo sguardo truccato di quella Regina Egizia bianca come il latte e con gli occhi azzurri... e poi quel tizio gonfio di muscoli che avanza minaccioso, non ho mai deciso se vuole proteggere la sua regina dalla belva feroce, oppure viceversa se è il gattone fedele ad accorgersi dell'aggressore in agguato tra le ombre. La tizia dopotutto sta guardando solo noi, all'apparenza disinteressata sia all'uno che all'altro. E dev'essere un disinteresse proprio deliberato, se il vecchio Frank ci ha messo 4 giorni a dipingere quegli occhi...
Ma forse sto divagando.
La fine dei tempi
Google, in una conferenza non sua, mentre nessuno gli stava chiedendo niente, se ne esce con Google Stadia. Come capita spesso con queste aziende dal 2.0 in su il materiale fisico a vista è piuttosto scialbo, costituito da un anonimo controller. Il significato invece potrebbe essere rilevante, sia che il prodotto abbia successo sia che si riveli un flop.
Google Stadia è, sintetizzando molto, "il videogame in streaming" ovvero una piattaforma che, senza farti installare (né possedere) niente ti offre la possibilità di giocare. Molti paragonano questo prodotto a Netflix e ai servizi di entertainment "passivi" che sempre più chiedono meno all'utente, lascianto tutto nei loro very fat server. Ovviamente parlando di videogiochi i problemi tecnici sono molto diversi, ma in effetti i punti di contatto col modello di business sono abbastanza evidenti.
Google Stadia non è un'innovazione tout-court, sia chiaro. Progetti del genere sono ongoing praticamente presso tutti i grandi attori del settore, solo che gli investimenti e i risultati sono stati per ora abbastanza timidi. Microsoft, Sony e Nintendo sono già abbastanza convinti che il futuro sia là, ma attualmente trovano più confortevole il presente, in cui il cambio di generazione risiede ancora nell'aumentare le capacità di calcolo della propria macchina, aumentare le risoluzioni video e cosette di questo genere. La dinamica è anche qui abbastanza nota nel mondo del marketing: un attore "esterno", che quindi non ha niente da perdere in termini di quote di mercato, va a occupare la nicchia vuota che nessuno ha il coraggio di andarsi a prendere. Sia o non sia un successo, Stadia costringerà ora tutti gli altri a investire massicciamente su questo fronte. In questo senso, secondo me, si può anche guardare la partnership Nintendo-XBox. E' evidente che Nintendo è la più indietro per quello che riguarda un qualsiasi approccio cloud al gioco perché riesce a fatica ad avere un ecosistema, mentre XBox, da sempre zoppicante anche per la mancanza del mercato giapponese, potrebbe mettere a disposizione l'esperienza Microsoft che, sebbene a tratti fallimentare (parliamo di Games for Windows) è esattamente il know-how necessario. Insomma, non preoccupiamoci semplicemente del successo che avrà Stadia, cominciamo a ragionare in termini di come l'idea dietro Stadia cambierà il nostro modo di giocare nei prossimi anni.
Gli ostacoli noti a questo tipo di prodotti sono principalmente due: il primo è infrastrutturale. Stadia avrà bisogno di banda molto reattiva e di un netcode particolarmente ben manutetuno per potersi confrontare con le esperienze di gioco del gaming tradizionale. Rircordiamoci che nessuno è pronto ad abbassare le proprie esigenze in termini di reattività e impatto scenico, quindi il prodotto deve funzionare senza compromessi. Da una parte, quindi, deve esserci l'investimento da parte di Google, che però sembra decisamente alla portata dei suoi mezzi tecnici, dall'altra, ovviamente, avrà un peso il concetto di digital divide. Quest'ultimo problema, però, è relativo. Sappiamo perfettamente che il mercato dei videogiochi può anche campare di grandi città, per un primo periodo, e che comunque la banda disponibile in generale è sempre in crescita. Ok, lo scenario "campagna sperduta nel nulla" continuerà a essere critico, ma non taglierà fuori che una porzione limitata di giocatori. Questo ovviamente senza contare che il riferimento di Google non è l'Italia (con tutti i suoi problemi ben noti), ma l'America, che ha un altro tipo di rete.
Ovviamente c'è anche chi lamenta il concetto stesso di cloud e la mancanza di possesso del gioco, il fatto ovvero che il titolo rimanga sotto completo controllo Google. Sotto certi punti di vista questo favorirà modelli di business più flessibili, come per esempio comprare una settimana di gioco magari senza bisogno di pagarla il 70 euro che costerebbe un titolo acquistato, mentre potrebbe avere effetti bizzarri sui giochi vecchi, che potrebbero scomparire oppure mai crollare realmente di prezzo come accade ora sulle piattaforme. Non mi sento tanto, invece, di voler entrare nel merito delle mod e di come queste non saranno più applicabili perché per ora io vedrei Stadia come un nuovo competitor del mercato console e le console non ragionano per mod, come invece il mercato PC.
L'ultimo punto che voglio sottolineare, invece, riguarda esattamente Stadia e solo lui e il destino del suo futuro. Google entra di prepotenza nel mercato dei videogiochi, ma sappiamo benissimo che i videogiochi sono un mercato in cui le conoscenze e il tessuto di relazioni è fondamentale per una marca. In poche parole, serve avere un parco giochi interessante e stimolante per rimanere in piedi. Google non si sa bene cosa stia andando a costruire, anche perché ha sempre mostrato una certa reticenza a "lavorare con gli altri". Nel momento in cui gli altri attori colmeranno il gap tecnologico e saranno pronti a offrire la stessa esperienza portando anche i loro triplaA e il loro marchio allora il progetto della G potrebbe trovarsi a vacillare. Non me la sento poi di escludere che decidano di partecipare alla lotta anche due entità atipiche come Steam e Epic che in questo tipo di mercato potrebbero vedere la naturale evoluzione dei loro store online. Aggiungerebbero certo pepe alla partita.
Concludendo: meno male che è uscito Stadia. Non tanto per quello che rappresenta, ma perché la console war si era fatta noiosa, con case che cercano di tirare fuori console una versione e mezzo avanti proponendole come timide fanciulle, senza mai cercare dell'innovazione. Se il nuovo paradigma di gioco sia meglio o peggio di quello passato non sto ancora a dirlo, ma come spettatore mi aspetto settimane interessanti.
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