I bei momenti
La strip di oggi mi piace perché è vera. Cioé no, non mi piace per niente: chi è quel cretino all'altro capo del telefono? Tutti noi. Dopotutto, quanti video di gattini ci perdiamo in due ore senza internet? In termini di gattini/ora, si tratta di una vera catastrofe!
È un po' che non si parla di Final Fantasy su queste pagine. Non è da me; oggi però ho occasione di rimediare, perché la nostra malvagia padrona SquareEnix ha pubblicato l'ultimo DLC per Final Fantasy XV, Episodio Chissenefrega: quello che non interessava a nessuno.
E invece devo ammettere con una certa felicità di essere stato smentito, perché alla prova dei fatti questo episodio non si è rivelato inutile. Gli antefatti della storia che abbiamo già giocato ci raccontano da dove viene l'antagonista del nostro beneamato Principino, e ci rivelano che la nobile e antica casata di Lucis, di cui il nostro protagonista è l'ultimo rampollo, è stata fondata sul tradimento e l'impostura.
Questa rivelazione conferisce a FF XV un sapore ancor più post-moderno, in aggiunta alle retrospettive e alle anticipazioni di cui è costellata tutta la narrazione, e anche alle sequenze acceleratissime che glissano su mesi e mesi di trama... tutti espedienti mirati a contenere i costi esorbitanti di questo gioco dannato, di questa quasi-catastrofe economica nonostante i 9 milioni di copie.
Final Fantasy XV è l'epitome dell'Opera Controversa: mixed feelings come se piovesse, ma cionondimeno tanti, tanti feelings. Tipo il Superman (1978) di Richard Donnell. Personalmente conservo il ricordo di tantissimi momenti passati insieme a questo gioco, più che in questo gioco: come un cagnolino ansimante ansioso di compiacermi, che mi scodinzola tra le gambe, che mi sta tra i piedi e sbava e sostanzalmente rompe le palle ma sempre con le migliori intenzioni, e come si fa a volergli male?
Tanto per dire, sono abituato da trent'anni a intrufolarmi in qualsiasi buco buio che incontro in un RPG, perché è nei dungeon che si trovano i tesori e i mostri migliori: ma ogni volta che insieme ai quattro protagonisti entriamo in un buco buio in questo RPG, il nostro cuore manca un battito e tratteniamo il respiro, perché dove diamine ci stiamo cacciando? Nella mia carriera di videogiocatore non avevo mai pensato ai dungeon in termini così terrificanti.
E poi ricordo tutto il finale, che contiene molti e molti momenti capaci di far luccicare gli occhi.
Ma uno dei momenti in cui questo gioco maledetto tocca vette emozionanti come mai nel settore videoludico è l'ascesa al monte Ravatogh. Un'escursione in montagna del tutto facoltativa, una scalata leggera intrapresa dai quattro solo per curiosità e diletto, come io e voi potremmo vestirci in completo Decathlon per un trekking estivo di mezza giornata. Niente grosse sfide, niente pathos, niente destino del mondo in bilico: parcheggiamo la macchina al parcheggio del rifugio, e cominciamo la passeggiata. Durante la scalata, assolutamente priva di eventi, abbiamo modo di concentrarci sui paesaggi magnifici a ogni tornante, sugli arbusti scossi dal vento, sulle animazioni che rendono la fatica della salita, e sul costante chiacchiericcio a tema dei nostri quattro amici. Dozzine di battute che si sentono solo qui, appropriate al contesto (in uno sfoggio di Intelligenza Artificiale sconcertante), che ci rappresentano l'amicizia tra quattro giovani uomini che si conoscono da sempre in una maniera talmente autentica che noi videogiocatori ci sentiamo quasi degli intrusi.
Se penso a cosa sarebbe stato Final Fantasy XV se fosse stato perfetto, se fosse stato sempre, per 130 ore, costantemente al livello eccelso che raggiunge in quei momenti! Ma ahimé non si può essere perfetti: tutti vorremmo essere in ogni momento la versione migliore di noi stessi, ma trascorriamo quasi tutta la vita ben al di sotto del nostro potenziale. Quindi come faccio a fartene una colpa, Final Fantasy XV, amore?
Lo-Rez: arte, storia, web designApi e fiori
Un giorno mi telefona la mia coscienza otaku (che, per motivi d'igiene, tengo in un'identità distinta da questa) e mi dice che c'è in giro un'anime dove chiamano i piloti mecha stami e pistilli, ci sono continui richiami sessuali e i robot assomigliano a quelli di Star Driver. Mollo tutto e in pochi minuti sono a guardare Darlink in the Franxx. E adesso, sappiatelo, ve lo spoilero
Ok, ok, vi vedo già con la vena polemica. Vi vedo già qua a dire "Ecco Cymon che guarda le peggio cazzate giapponesi e poi, invece di vergognarsi, viene qua a giustificarsi tirando dei pistolotti di semiotica che nemmeno Umberto Eco, usualmente privi di qualsiasi fondamento letterario". Quindi questa volta scegliete da voi seconsiderare questo anime:
- Un complotto di un gruppo di adulti mascherati da maniaci per mettere delle ragazzine a pecora
- Una rappresentazione dell'amore e delle relazioni tra persone resa vivida da uno scenario arido e spiegato
- Una sottile metafora della pubertà e di quello che comporta il processo di crescita e l'incontro con l'altro
Fate conto che se avete scelto la prima potete pure smettere di leggere, mentre sulle altre due spenderò inevitabilmente altre due paroline.
Darling in the Franxx, dicevamo. La trama è il consueto spin-off di Evangelion. Il mondo sta morendo e una razza di mostri blu insidia le comunità in cui la razza umana si è rifugiata. A combatterli bambini a bordo di robot giganti con una bizzarra particolarità: per essere attivati, infatti, hanno bisogno di un maschietto che prenda il posto di pilota e di una femminuccia che, sostanzialmente, incarni il corpo del robot. Il tutto reso da una specie di handshake neurale alla Pacific Rim, solo che molti molti più risvolti imbarazzanti. Al centro della vicenda ZeroTwo, una bizzarra ragazza con corna da demone e la solita propensione delle protagoniste femminili anime a spogliarsi nuda ogni piè sospinto e Hiro, il ragazzo troppo bravo e troppo bello che però, apparentemente, con i robottoni è un buono a nulla per ragioni che i più non riescono a capire.
E' inutile girarci troppo intorno: il tema centrale di Darling in the Franxx è il sesso. Non fosse così, chiamare i piloti stamen e pistil non avrebbe senso. Ma non parliamo tanto del sesso per il sesso (ci sono anime molto migliori, per quello) quanto della scoperta del sesso, quella che avviene proprio nel passaggio da bambini a adulti e che chimicamente individuiamo con la pubertà, ma più estesamente riguarda anche un diverso modo che abbiamo di vedere i rapporti delle persone. E questo tema non è nemmeno una scusa per dare alla storia un taglio godereccio o ancor più hentai, perché il sesso è scritto come metafora proprio nell'uso dei robot giganti del titolo. (ed eccoci arrivati quindi alla sublimazione intellettualoide che tanto temevate poco sopra).
C'è un motivo abbastanza preciso perché Darling in the Franxx, in realtà, sia ritenuto più un shojo che un mecha. Infatti, mentre sullo sfondo si agita la stupida guerra con gli stridiosauri (che tanto si sa come va a finire) quello che veramente è messo in risalto è il reticolo di relazioni tra i personaggi, quel reticolo che fa sì che Ichigo ami Hiro che però è perdutamente preso da ZeroTwo. Goro, però, a sua volta ama Ichigo e, come non bastasse, pure Ikuno, che è una ragazza, ama Ichigo. Intanto Mitsuru ce l'ha con Hiro per dei motivi da mancata bromance (bromance, non amore) dell'antico passato ed è così stronzo e sulle sue da far innamorare Kokoro, che intanto ha fatto innamorare Futoshi, che però essendo quello grasso non può andare con la più figa del gruppo. Sullo sfondo poi Zorome e Miku, che litigano infantilmente fino all'ultimo. Su tutto questo interviene l'elemento SF più interessante di tutti, quello cioè che disegna la società umana della storia come del tutto priva di capacità riproduttive e quindi di possibilità di avere rapporti sentimentali. I protagonisti quindi sviluppano la trama nella completa ignoranza di come ci si comporti in certe situazioni e allo stesso tempo vivono il loro ruolo di partner, intesi come copiloti, come un legame che effettivamente travalica l'amicizia e incasina ancora di più le cose.
Se lo leggiamo così Darling in the Franxx risulta molto più interessante di quanto può essere come anime di robottoni con la solita trama scontata e, sul colpo di coda finale, una razza aliena calata dall'alto a ingigantire i casini senza un perché. Perché l'analisi dei personaggi e il ritmo shojo imposto permettono di arrivare a delle conclusioni e anche a delle riflessioni interessanti. Anzi, se vogliamo, è curioso come l'ingenuità con cui viene svolta l'analisi fa sì che le conclusioni siano piuttosto sessiste. Viene infatti esaltato il ruolo della donna come portatrice del dolore e nucleo intorno a cui svolgere l'esistenza (in quanto incarna, di fatto, il robot gigante) e allo stesso tempo viene imposto all'uomo il dovere di proteggerla. Non viene però in nessun modo proposta via d'uscita da questo schema, che arriva al suo culmine nella gravidanza e nella maternità. La piccola sottotrama lesbo non sembra prospettare nessuna possibilità di felicità o appagamento che non sia la razionale rinuncia al rapporto.
Anche in questi tempi bui dove i discorsi su un certo tipo di regressione si fanno sempre più frequenti, sarebbe però sbagliato credere che Darling in th Franxx voglia passare un qualche messaggio sulla rigida divisione dei ruoli uomo/donna. Gli anime giapponesi, nella loro globalità, sono sempre stati tanto intrisi di ambiguità e libertà sessuale che è veramente difficile considerare una lettura del genere plausibile. Quello che è accaduto, secondo me, è che l'anime ha usato un certo concetto, ovvero l'amore/sesso tra uomo e donna, e lo ha estremizzato per ragioni di semplicità nel suo racconto, arrivando a ignorare le sfumature, mostrando una rude praticità narrativa che, questa si, vediamo nelle produzioni giapponesi piuttosto spesso.
Proprio perché Darling in the Franxx usa la sua lotta contro mostri blu più come pretesto per reggere il suo shojo fantastico piuttosto che come cuore della vicenda, il ritmo del racconto è piuttosto anomalo. Si arriva infatti a un culmine intorno a puntata 15, con la grande battaglia globale. Da qui un periodo estremamente lento e puramente concentrato sulle relazioni interpersonali. A seguire l'escalation verso la battaglia aliena e episodi sempre più atipici, fino a quello conclusivo, in cui i due protagonisti Hiro e ZeroTwo vengono lasciati alla battaglia finale (con una forma finale della macchina da guerra un po' imbarazzante, a ben guardare) e gli altri personaggi riavviano una bucolica società improntata sulle relazioni interpersonali, sullo sfornare pargoli a nastro e sulla coltivazione della terra. Bisogna dire che, nel computo totale, questo approccio non mi è particolarmente dispiaciuto, anche perché tanto di battaglie in cui tutto esplode e tutto diventa sempre più grosso ne abbiamo sempre avuto a dozzine, mentre così è stata più completa la riflessione sui rapporti interpersonali e sulla capacità di amare.
Per la nota tecnica conclusiva: mecha design atipico, con dei robot non brutti a vedersi, ma con una curiosa faccia kawai che è abbastanza disturbante (utile a rispecchiare la femminilità delle protagoniste pistil), sigla interessante e abbastanza orecchiabile, livello tecnico buono. In conclusione l'anime risulta consigliato, a me è piaciuto molto per alcuni degli aspetti che ho esposto, anche se capisco che, da una parte, potreste essere un po' a disagio nel viverlo e dall'altro, potreste non riuscire ad andare oltre al fatto che ci sono dei vecchiacci su un satellite che fanno mettere giù delle ragazzine a pecora.
Cymon: testi, storia, site admin“The Jian, also known as "the bird that shares wings" only possesses one wing. Unless a male and female pair lean on each other and act as one, they're incapable of flight. They're imperfect, incomplete creatures. But, for some reason, their way of life, struck me as profoundly beautiful. It was beautiful, I felt.”