Sulla soglia
Il modo in cui usiamo la posta elettronica è un test della personalità buono quanto un altro, e la strip di oggi ci presenta due personalità diametralmente opposte.
Da una parte Neo, Ingegnere duro, irriducibile zelota dell'interfaccia a caratteri (lo so, ossessionati che non siete altro, che Mutt non si usa esattamente così). E dall'altra la dolce ingenua Clara, che usa Outlook come tutte le brave bambine, e ha impostato sul suo PC un font agghiacciante.
Temi pesanti, oggi, qui su FTR.
Riflessioni profonde.
Del resto cosa potevate aspettarvi, da questo editoriale di Vigilia nell'attesa che anche il sottoscritto si sottoponga alla visione dell'Episodio VIII?
Mentre vergo queste righe si addensano sul mio capo pensieri foschi, atmosfere pesanti: mi trovo nuovamente su una soglia esistenziale... la mia vita fino ad ora è stata priva dell'Ottavo Episodio di Guerre Stellari, ma tra poco attraverserò la porta della conoscenza, mangerò del frutto proibito, e la mia innocenza sarà perduta per sempre.
Devo farmi forza per porre mente a qualche altro argomento consono a queste pagine. Verrà il momento di parlare di Guerre Stellari, e temo proprio che non sarà un momento gioioso.
Per il memento quindi lasciamoci distrarre da una notiziola esilarante: avete sentito quella del papà giappo che sfida il pretendente della figlia a un picchiaduro 1 vs 1?
A quanto pare l'uomo (ma che dico, l'eroe!), dopo aver sconfitto il malcapitato a Guilty Gear, ha dato in escandescenze, non reputandolo degno della mano della figlia. Hai troppo ragione, papà! Fagli vedere chi è il Vero Videogiocatore, a questa generazione di smidollati che non è nemmeno capace di tenere in mano la levetta!
Una storia del genere riaccende in me il sacro fuoco del combattimento 1 contro 1 (peraltro mai spento), anche più dell'annuncio di Sakura in Street Fighter V, che pure è tanta roba.
Soprattutto è apprezzabile lo sforzo di CAPCOM per risollevare le sorti del povero Street Fighter V, odiato tantissimo un po' da tutti. Per una volta non si sono limitati a dare in pasto ai fan un personaggio apprezzato come la giovane Sakura, ma si sono sforzati almeno un poco di evolvere il suo design in una maniera sensata.
Dunque ecco la nuova Sakura grandicella, che finito il liceo ha preso un lavoro part time qui, in una sala giochi CAPCOM Plaza.
Diventare grandi è doloroso per tutti, a quanto pare.
Mixed feelings (tra cui l'odio)
Questo è il receditoriale di Star Wars: The Last Jedi. Le premesse sono: ci saranno degli spoiler perché le recensioni senza spoiler sono da femminucce e sarà un editoriale lungo.
Nel caso non mi leggiate assiduamente, poi, voglio ricordarvi di come io, due anni fa, promossi con orgoglio la "campagna dell'odio" contro il Risveglio della Forza e la visione del film non spostò di un millimetro la mia posizione. Certo, in questi due anni la violenta avversione che provavo per il nuovo corso è un po' scemata, con la rabbia e l'irritazione, che sono andate pian piano spegnendosi. Non ritratto però niente di quanto dissi del film di JJ Abrams anche perché, se ho capito bene, chi lo osannava come pietra miliare al tempo, oggi se lo è dovuto andare a vedere prima dell'uscita di questo ottavo capitolo perché, ohibò, non si ricordava un cazzo.
Su queste basi, raccontiamocela.
"Gli Ultimi Jedi" è, naturalmente, la storia dell'incontro di Rey con Luke Skywalker, così come prometteva il finale del capitolo precedente. A questo si sovrappone il (probabile) canto del cigno della resistenza che, guidata dalla principessa Leia (che però ormai è solo generale), a causa dell'accanimento dello sceneggiatore, è ridotta al lumicino e deve usare tutte le unghie che le sono rimaste per non soccombere.
Non vorrei ora sbandierare eccessiva arroganza, ma la prima impressione che si ha da questo film è che sia stata recepita la lezione data dalle critiche al precedente capitolo e, soprattutto, da Rogue One. C'è una cura generale per le scene militari mostruosamente superiore, con la presentazioni di astronavi di diverso tipo, un pathos tutto diverso e una presentazione della vita militare come molto più sporca e crudele. Sicuramente anche il fatto che JJ abbia abbandonato la regia aiuta. Rian Johnson non ha esattamente un pedigree di lusso, ma almeno non è pedante e privo di idee.
Oltre a questo, anche la trama cerca di stare insieme e di avere una propria identità, senza dover necessariamente ricordare qualcosa di già fatto. Non che l'atteggiamento burbero di Luke nei confronti di Rey sia qualcosa di nuovo, ma per esempio il contatto mentale tra lei e Kylo, il modo in cui questo porta al confronto con Snoke e il climax di Kilo stesso sono coerenti. Dall'altra parte, invece, la vicenda della resistenza che deve salvarsi appare piuttosto piccola, contenuta, molto alla Rogue One, e un po' scricchiolante. Innanzitutto, non si interconnette con quella di Rey se non alla fine e poi ha dei tempi e delle modalità d'azione che chiedono molto alla credibilità dello spettatore. La sequenza del casinò, poi, sebbene forse nel finale dichiari di essere più di quello che sembra, appare molto accessoria, adatta a uno Star Wars, che ci ha abituato a trame che spaziano per pianeti, ma poco adatta al ritmo che si è deciso di assegnare a questo Star Wars in particolare. Anche qui però non usciamo poi molto dal giardino delle possibilità messe a disposizione dalla saga, quindi non ci si sente davanti a qualcosa di completamente posticcio.
Molto moderne le brusche sterzate rispetto a quelli che erano stati individuati dall'internet come i misteri di questa saga. Rey ne esce come una figlia di nessuno, Snoke viene affettato con poche cerimonie a metà storia, probabilmente lascandoci senza la possibilità di conoscere le sue origini. Non mi si convincerà che queste erano le idee degli autori alla stesura del primo capitolo, due anni fa. Molto più probabile che si sia voluto "disinnescare" dei climax che, con qualsiasi risposta, avrebbero comunque deluso qualcuno. Rimaniamo comunque a chiederci perchè Rey abbia questa soprannaturale affinità con la Forza, adesso con la paura che nessuno ce lo dirà mai.
Sui personggi, purtroppo, il salto di qualità non è pervenuto. Rey continua a essere scritta in modo molto moderno, ovvero sembra più un supereroe marvelloso durante la sua genesi che un Jedi sul percorso della sua affermazione. Poe è e rimane poco più di un coglione, l'unica cosa buona è che, al culmine, fa effettivamente la figura del coglione, cosa che lo arricchisce e rende il suo personaggio un po' meno irritante. Finn, purtroppo, ci tiene a ricordarci che pulisce i cessi e che questo gli da accesso a tutta l'intel del Nuovo Ordine, uno degli aspetti più grotteschi dell'intera saga, e non riesce a dire nulla, per la seconda volta. Degno suo arcinemico è Phasma, che nonostante tante promesse fatte riesce a essere ancora più effimera che nell'episodio precedente.
Accanto a Finn viene messa Rose, col tipico intento di dimostrare che anche gli sfigati vanno in paradiso, un atto di ruffiana piaggeria. E' meglio di Finn, nel computo totale, ma non influisce sullo spessore generale. Il cinico Del Toro invece presenta un Lando Carlissian intriso di onestà intellettuale, appare un buon sidekick che immagino riproporranno nel terzo episodio. Alla peggio, ne avremo una serie a fumetti dedicata.
Un paragrafo a sé per Kylo Ren e Luke Skywalker. Adam Driver, pur funestato da una clamorosa faccia da pirla, stavolta dimostra di essere il miglior attore del gruppo, almeno quanto Mark Hamill dimostra di esser rimasto cane come trent'anni fa. E' abbastanza paradossale come il percorso di Kylo verso la leadership del primo ordine (e non verso il lato oscuro, come vedremo) sia più credibile dell'ascesa di Aanakin Skywalker allo scafandro di Darth Vader così come era presentata nella trilogia maledetta. Peccato che allora si raccontò di Darth Vader e qui invece si racconta di Kylo Ren. E Kylo Ren, spiace dirlo, rimane il frignetta, un adolescente complessato ed emo.
L'idea di Luke Skywalker che cede alla paura (ancora, non al lato oscuro) e così facendo fa scattare la scintilla dell'oscurità in Kylo è buona, come buono è il suo ritirarsi sull'isola degli animali cucciolosi e come è buono il finale, in cui salva il giorno in modo molto astuto e soddisfacente.
Leia sostituisce Han Solo, proponendo l'attore della generazione precedente che tiene su la storia con l'esperienza. Carrie Fisher non è Harrison Ford, ma almeno, libera da acconciature improbabili, restituisce un bel personaggio carismatico, molto più di quanto le fosse riuscito nel capitolo precedente. E' evidente quanto la produzione contasse su di lei, cinicamente c'erano diversi punti in cui avrebbe potuto avere la morte epica che meritava, ma che non sapevamo fosse necessaria. Fa malinconia pensarla relegata a qualche flashback o sentito dire nell'episodio conclusivo.
.Il computo finale, all'uscita del cinema, ammassando quanto detto finora è che il film si salva e lo si può guardare con timido entusiasmo. Non è il più X Star Wars di sempre, perché queste sono diciture buone solo per gli imbecilli, ma rispetto all'irritazione e al gusto di ferro e sabbia rimasto in bocca dopo il Risveglio della Forza, qui si ha meno l'impressione di tempo buttato via, si ha l'impressione di aver visto raccontata una storia. E allora perché l'odio del titolo? Perché l'odio comunque? Ne parliamo ora. Non credevate forse che l'editoriale fosse già finito, spero.
Questa nuova saga, tra le altre cose, demolisce due degli impianti più sofisticati messi in piedi dalle due precedenti. Innanzitutto l'impianto della forza (che non è una religione) nei suoi equilibri tra lato chiaro e lato oscuro, ma soprattutto nella sua base di disciplina e privazione, pilastro della trilogia originale. La forza era mostrata come qualcosa di difficile da controllare e fortemente legata alla conoscenza di sé stessi. Da questo derivava l'aspetto più faticoso dell'acquisirla e l'eterna lotta per tenersi lontani dal lato oscuro. In modo parzialmente legittimo questa saga decide di riscrivere le regole. Il modo è legittimo perché non è la prima volta che, nel passaggio da una saga a un suo sequel, si decide di mischiare le carte per disegnare una nuova coscienza. E' forse non filologicamente onesto perché è evidente il tentativo di appiattire la forza su un superpotere e rimescolare il sentire del personaggio di Rey con il sentire riguardante i supereroi, gli eroi di questa epoca. Peccato ci si dimentichi quanto i supereroi, soprattutto cinematograficamente parlando, siano personaggi effimeri e vuoti, cosa che invece il sistema Jedi non è mai stato. Quando Yoda brucia i libri e dice "Rey sa già tutto quello che serve" nega sostanzialmente tutto quello che si è detto fino a oggi dei Jedi. E lo nega scientemente, perché lo fa all'interno di una narrativa che comunque ai Jedi ha già voltato le spalle. Uno Yoda di una qualsiasi altra trilogia, vedendo questa tizia che d'un tratto solleva rocce e parte per conto suo a salvare il mondo dall'oggi al domani, l'avrebbe data corrotta dal lato oscuro tempo un quarto d'ora. Ma questa saga non è sulla lotta tra lato chiaro e lato oscuro, è sul suo superamento. Un superamento che però è un puro trick di sceneggiatura, accettabile, ma che stride con qualsiasi visuale a volo d'uccello si voglia avere dell'universo narrativo.
E' anche questo che indebolisce Kylo Ren nella sua costruzione. Non c'è nessuna mitologia alle sue spalle, nessun impulso atavico perpretato attraverso generazioni di Sith. C'è lui che odia papà e il maestro di scuola. In una visione tanto circoscritta da non dargli imponenza, anche una volta divenuto leader supremo.
Il secondo punto, forse persino più inaccettabile, è la demolizione dell'impianto politico di Star Wars, pilastro della seconda trilogia. L'impero contro cui combatteva Luke Skywalker era il risultato di una corruzione dei costumi e della lenta dissoluzione di un sistema incancrenito. Nessuno verrà qui a dire che la cosa sia stata mostrata in modo sontuoso nella trilogia maledetta, ma di certo l'idea del collasso della Repubblica dava all'Impero un'identità, lo poneva in un certo modo rispetto tutti gli altri aspetti, dimostrava da dove poteva venire una resistenza e come la sua esistenza fosse un labirinto di connessioni. Questo Primo Ordine invece continua ad avanzare a colpi di penna, spazza via la Repubblica in una riga di intro iniziale ignorando l'imponenza che aveva, si trova di fronte della gente che è già Resistenza nonostante, tecnicamente, sarebbero l'esercito dello Stato di Diritto, continua a essere un acquoso reset. Mi è difficile interagire con un'entità così posticcia a fronte di un world building talmente massiccio da potermi permettere, volendo, di recuperare i nomi di tutti i senatori presenti il giorno della mozione in cui Palpatine si è reso imperatore.
Questi sono, tutt'ora, i punti dell'odio. Sono punti dell'odio pignoli, capziosi, astiosi e privi di senso. Sono punti dell'odio nerd, mortalmente nerd. Per questo ne sono orgoglioso.
Cymon: testi, storia, site admin“Yoda: Young Skywalker. Missed you, I have...”