I Primi Videogiocatori, pt. II
Costretti da un destino scritto nelle stelle, dobbiamo celebrare nostro malgrado anche quest'anno la festività di S. Val. La strip ovviamente è a tema, e ripropone ancora una volta i bisticci tra Clara & Gödel, che vanno avanti da quando i nostri due si sono incontrati ormai un anno fa. Anche l'anno scorso in effetti erano loro i protagonisti della strip dedicata alla ricorrenza più improbabile.
Su Multiplayer.it abbiamo pubblicato un'illustrazione adeguatamente rosa. La custodiamo anche nel nostro archivio, perché non si sa mai. Il soggetto è ovviamente Bravely Default, perché è quello che mi ossessiona al momento. Potremmo dire che questo giochetto regna sovrano sul mio cuore, se non temessimo di essere blasfemi, in questi giorni più che mai. Ad ogni modo, è di esso che voglio parlare anche oggi, dopo l'editoriale di settimana scorsa.
Già la volta scorsa mi sono fatto portavoce dei Primi Videogiocatori, quella stirpe mitica le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Nostro è l'onore e il fardello di custodire la coscienza videoludica, la memoria storica dei tempi andati. I Veri Videogiocatori infatti possono esistere in tutte le epoche, ma soltanto la nostra generazione ha avuto il privilegio di vedere l'alba videoludica. Più o meno: non è che c'eravamo negli anni '70, quando i barboni giocavano a Pong su computer di legno... intendo l'alba del vero videogioco, quello che va dagli 8-bit in poi.
Ebbene, ho voluto tirare in ballo questa storia dei Primi Videogiocatori non solo per rendermi insopportabile a voi lettori con la mia arroganza, ma anche perché davvero credo che Bravely Default rappresenti il riscatto per tutta la nostra generazione. Questo gioco è il modo di Square Enix per dirci: “Vermi miserabili, che avete osato ribellarvi alla nostra visione artistico/commerciale contemporanea, volevate un giochetto fatto come una volta, quando voi eravate giovani e innocenti? Eccovelo! Siamo ancora capaci di fare questa roba, quando vogliamo. Solo che NON VOGLIAMO”. Trasformare questo giochino senza pretese in un grande successo commerciale, come di fatto sta succedendo, è l'unico modo che abbiamo per far sentire la nostra voce, per far cambiare idea al nostro editore di fiducia.
Direi che si tratta quasi di un obbligo morale. E dunque siamo chiamati ad agire in questo momento storico cruciale: è nostro dovere rispondere alla chiamata, anche se significa spogliarci della dignità di uomini adulti e costruirci il nostro dannato Mii.
Il mercato dell'affetto
Potreste credere, dal titolo di questo editoriale, che oggi voglia dire qualcosa di irriverente su S.Valentino. Non è invece così, voi sapete che noi adoriamo S.Valentino, ma l'esperimento che ho svolto questa settimana si intreccia bene con questo periodo dell'anno.
Vi ho già parlato di Valerius Demoire, anzi, per essere precisi ve l'ho linkato perché ci cliccaste su (e non crediate che non sappia che non l'avete fatto). VD è un progetto molto meno integralista di FTR per cui ha anche una sua bella Pagina Facebook, con tanto di post gogliardici ogni tanto.
Proprio perché VD ha un codice etico ben diverso da FTR, ho deciso di sfruttarlo per un piccolo esperimento social che mi incuriosiva da tempo. Dovete sapere che Valerius, su Facebook, all'inizio di questo esperimento aveva una trentina di like, tutti ricongiungibili a mie amicizie più o meno reali. Quello che ho voluto fare è provare il meccanismo di promozione di Facebook, sostanzialmente ho pagato Facebook per ottenere amici (si, è brutto quanto brutto suona). Ho versato una cifra a suo modo irrisoria, 8 euro, e questo mi ha garantito che Facebook andasse a promuovere la pagina in giro per il mondo. Senza pensar male (amici fake o robe del genere) immagino che quello che, semplicemente, abbia fatto la piattaforma, sia stato proporre il mio link nella bacheca di un certo numero di utenti (poche migliaia, a stare ai report ricevuti).
Dal mio punto di vista un meccanismo del genere non può funzionare. Io non li clicco mai i link proposti da facebook, in nessun contesto, per cui mi è difficile stabilire perché altri dovrebbero farli, soprattutto per likare una pagina che non è esattamente immediata, anzi, rimane criptica finché non la si scartabella un pochino, ha il suo bel gradino all'ingresso.
Nonostante tutto questo, in condizioni a bassissime pretese, come intuirete dai numeri che vi ho esposto e che si trovano a oggi sul sito, praticamente cinquanta sconosciuti mi hanno concesso il like. Sono pochissimi, siamo d'accordo, un nulla che non sposta per nulla il valore della pagina, ma sono stati ottenuti senza sforzo e questo mi ha fatto decisamente riflettere.
Spostate un attimo il cursore lontano da Valerius Demoire (ma poi andateci, eh). Prendete un'iniziativa editoriale qualsiasi che abbia un minimo di organizzazione e un minimo di budget, pensate che questa abbia la possibilità di stanziare una cifra relativamente irrisoria, come possono essere cinquanta euro a settimana e lasciarli lì, costantemente (come l'interfaccia di promozione di Facebook ti invoglia a fare). Ora pensate che magari questa iniziativa editoriale abbia uno scopo o delle strategie che abbiano più facilmente presa sul pubblico e quindi ci siano larghe fette della popolazione che subito ci si possano buttare addosso a pesce.
Se un minimo le proporzioni hanno senso, partendo dal dato di Valerius Demoire, possiamo credere che, in tempi plausibili (uno, due mesi), questa pagina possa raggiungere il migliaio di like. E, vi voglio far notare, non ho fatto ipotesi sulla qualità della pagina.
Un migliaio di like significano una certa visibilità, un certo network e anche un certo giudizio positivo subliminale che inevitabilmente la gente si costruisce a vederla. Se ha tanti like ci sarà un motivo, dirà la gente. Da cui un circolo virtuoso.
Quello che secondo me è interessante è che potenzialmente il proprio status di celebrità in Facebook è praticamente comprabile. Non so fino a che livelli (prima o poi l'investimento sbatterà certamente contro qualche soffitto), ma sicuramente fino a numeri che si fanno notare dall'uomo comune. E quello che forse dobbiamo pensare, di fronte ai fenomeni di vari di Facebook, che tutt'oggi millantano di aver guadagnato la gloria grazie al "passaparola" e perché "hanno vera qualità" forse hanno solo investito nel modo giusto.
Non è affatto vero che il mercato non premia la qualità. Sul medio e lungo termine la qualità sopravvive sempre sul resto. Ma questo solo in sistemi consolidati e in equilibrio. Facebook e i social network invece sono molto giovani e ancora vulnerabili ad azioni brute force ottuse, ma dai risultati incredibilmente efficaci.
Naturalmente, tutti 600 e passa like di FTR sono invece sudati guadagni di anni di link spammosi in giro per la rete e alcuni miracoli. Perché è all'incirca un miracolo se riuscite a notare il tastino in cima alla pagina.
Cymon: testi, storia, site admin“No matter what we breed / We still are made of greed / This is my kingdom come! / This is my kingdom come! / When you feel my heat / Look into my eyes / It's where my demons hide / It's where my demons hide”