Andata e ritorno
Mentre il Mondo si trastulla con lucette e pacchi dono, imbambolato davanti a una quasi sempre vana ripetizione rituale, noialtri vi proponiamo oggi una strip a base di Ingegneri delle Tenebre: ammirateli nel loro habitat naturale mentre questi maschi valorosi si affrontano... non per una femmina, non scherziamo, ma per ben altri onori.
In questa settimana mi sono estraniato dai fatti del Mondo, preso ancora una volta in un viaggio che ha contemplato sia tratti in volo che a terra, negli orari più bizzarri. I casi che mi sono capitati, come sempre accade in questo genere di esperienze, sarebbero forse degni di essere raccontati dalla penna di un narratore più esperto, e magari raccolti in un grosso diario dalla copertina di cuoio rosso.
Il titolo potrebbe essere, senza troppa fantasia, “Andata e Ritorno”.
Anche la mia meta dopotutto era una grande montagna, anzi proprio un vulcano (!), e prima di raggiungerla abbiamo sostato di notte in una dimora fatata, ricca e nobile. Non c'era traccia di nani, in compenso, né di fumatori di pipa o altro. Quanto allo scopo del viaggio, mi è sempre risultato difficile distinguere tra svago e dovere professionale: è sempre un misto dei due, nella vita di uno Scassinatore Professionista.
Anche io ho attraversato una Desolazione di Smaug sotto un sole freddo, tra mille peripezie, sempre a cuor leggero perché questo genere di storie è a lieto fine. Mi sono addentrato mio malgrado in un Bosco Atro popolato da una fauna notturna di donne di malaffare e dai loro spregevoli clienti.
Anche io avrei voluto risolvere certe situazioni diventando invisibile.
Forse mi ha fatto male vedere il film poco prima di partire. Però forse invece tutte le storie di viaggi si assomigliano, che siamo piccoli hobbit o oscuri Ingegneri. A parte le influenze della Vita Reale™, comunque, quello che mi ha colpito più di tutto è stato vedere sullo schermo la storia da cui tutte le storie fantasy hanno origine, mostrata per quello che è. Il risultato è un film che sembra una partita di Dungeons & Dragons, o un qualsiasi videogioco di ruolo, con tanto di acquisizione dei rari equipaggiamenti magici.
La gente normale resta perplessa da episodi in apparenza scollegati, da scene che durano tantissimo e non riguardano affatto la trama principale: dovremmo spiegare loro che si tratta di missioni secondarie, di incontri coi mostri erranti, ma che senso avrebbe? Un film così non appartiene al Mondo e alla sua gente normale. Ha le sue regole, le regole che tutte le altre storie fantasy seguono. Mi sono commosso quando mi è apparso chiaro che questo film ha scelto di seguire le regole, anche se questo avrebbe estraniato il pubblico più vasto. Quel pubblico vedrà forse un film per ragazzi che segue delle procedure un po' insolite, che sbaglia i ritmi narrativi: è il prezzo di mantenersi fedeli allo spirito dell'opera.
Il nano con l'ascia
Bon, risolta la questioncina della fine del mondo, glissata la questione degli auguri di natale, penso che possiamo concederci un editoriale nuovamente cinematografico per fare il punto su Lo Hobbit e capire dove diavolo sta andando la Terra di Mezzo. Spoiler? Direi di si, dai.
Nota a tutti l'aura di rabbia che ha accompagnato l'uscita dell'ultima pellicola Tolkeniana di Peter Jackson. Tutti a chiedersi come abbia osato egli di trasformare il romanzo più lineare (e scialbo?) della produzione di J.R.R. in qualcosa come TRE film. Se è ben vero che le versioni superestese con aggiunte a posteriori e una glassatura di scene tagliate bastano si e no a tener dentro tutto il Signore degli Anelli, è veramente difficile credere che l'avventura di Bilbo Baggins possa aver bisogno di tanta pellicola. Ovviamente, la giustificazione che tutti si son sentiti di dare a un comportamento tanto bizzarro è stata una sola: money.
Da questa giustificazione non ci discosteremo nemmeno a recensione finita. Peter Jackson ha fatto quello che ha fatto per soldi, tanti soldi, molti più soldi di quanti il progetto meritasse, ma, fermo questo punto, come ha potuto realizzare quello che ha realizzato? Molto semplicemente nel modo più Tolkeniano possibile e nel modo meno Tolkeniano possibile, contemporaneamente.
Meno Tolkeniano possibile perché il romanzo de Lo Hobbit poco ha a che spartire col corrispettivo film. L'impianto a favola del libro imponeva che esistesse un protagonista: Bilbo, dei comprimari: i nani, un eventuale deus ex machina: Gandalf. Uscire da questi binari avrebbe reso la lettura troppo confusa per il suo target. Il problema davanti a cui PJ si è trovato è che i nani, come comprimari, sarebbero usciti poco naneschi e di scarso impatto, Bilbo, come protagonista, non avrebbe potuto lanciarsi in battaglie epiche senza risultare poco hobbitesco, Gandalf... bhe, ok, Gandalf va bene come Deus ex Machina, ma essendo lui il portatore del carisma e del fascino della magia del mondo, non poteva ridursi solo al personaggio buono per tutte le stagioni per salvare il suo prossimo. Ecco quindi che i nani sono delle macchine da guerra che affrontano il male guardandolo in faccia, Bilbo vede il suo ruolo ridimensionato, pur rimanendo portatore dell'idea e della poetica del racconto e Gandalf si vede potenziato in varie vie, abbastanza inaspettate.
Dopo l'intervento (sottile) sui personaggi, l'intervento più muscolare sulla trama: viene assurto a villain Azok il profanatore, un orco che nel libro nemmeno viene nominato e che diventa filo conduttore delle peripezie dei nani (nonché, quasi sicuramente, protagonista dello scontro finale della battaglia dei cinque eserciti). Oltre a ciò viene praticamente esplosa la vicenda della battaglia di Dol Guldur, un altro avvenimento che nel libro trova lo spazio di un paragrafo, una storia che riguarda solo Gandalf (e Radegast, impiantato, anche qui dal nulla, nella vicenda, con una discutibile caratterizzazione da fattone figlio dei fiori) e che ovviamente rappresenta il reale intento poetico di Jackson, la vera pornografica idea dietro al progetto Hobbit: dare al Signore degli Anelli il suo fottuto episode one.
Sia chiaro, Azok e Dol Guldur sono solo "iniziati" nella storia presente in questo film, ma il ragionamento fatto vale (e soprattutto varrà) per la nuova saga in generale.
Seguendo gli insegnamenti del purismo nerd e della Regola più integralista, considerando la nostra consueta intransigenza, tutto il lavoro descritto qua sopra potrebbe essere sufficiente per consegnare Peter Jackson al boia, farlo appendere per le parti pendenti più agevoli e lasciarlo lì, a gocciolare sangue finché, per noia, qualcuno non accenda sotto di lui un bracere. E' razionale e legittimo pensarla così, è ciò che la Furia vuole da noi. Ma oggi, credo oggi per la prima volta, immagino solo oggi, noi la Furia non la ascolteremo.
Perché potete menarmi il torrone quanto volete sul fatto che lo Hobbit sia una fiaba, ma la verità è che proprio in quanto fiaba non è possibile trarne un film che possa affascinare il pubblico moderno. E' una vicenda col ritmo sconnesso, meccanica, buonista, lineare. Non è, insomma, un Signore degli Anelli. Ascoltata secondo la sua lettera avrebbe rappresentato un disastro anche solo condensata in una singola pellicola.
Ma il modo più Tolkeniano di vedere lo Hobbit è vederlo come un frammento qualsiasi pescato dall'eterno oceano di vicende e leggende che è, in realtà, il vero corpus del lavoro di Tolkien, un infinito fluire di genealogie, miti, leggende, storie e canti epici. Quindi si, mentre avveniva Lo Hobbit avveniva anche la battaglia di Dol Guldur, quindi si, anche lo stupido orco che comanda la stupida armata può avere un nome e un passato, quindi si, si può chiedere al materiale tolkeniano di mutare ancora una volta, come è sempre stato bravo a fare e riplasmarsi nuovamente in un canto epico, che sia anche in grado di strizzare l'occhio a chi vuole semplicemente altra roba della vicenda di Sauron e dell'anello.
Peter Jackson ha piegato ai suoi voleri Tolkien, perché lo stesso Tolkien, comunque, ha dimostrato che quanto ha prodotto è rimodulabile in infinite maniere. Ne ha scelta una affascinante e se, come immagino, arriveremo al culmine della vicenda con un epico scontro Gandalf VS Sauron (aka il Negromante) con tanto di dialogo (Sauron che parla! C'è qualcosa di più oscenamente lussurioso che vi viene in mente?) e primizie del genere, allora ben venga la scelta fatta.
Per il resto? Tecnicamente è decisamente un "more of the same" al di là del torrone, che personalmente mi annoia, sui 48fps. Le stesse inquadrature, gli stessi ritmi, lo stesso mood musicale. La scena di Gollum è assolutamente perfetta, sia come aderenza al libro, sia per quello che riguarda la presenza del personaggio. Le battaglie, gli scontri, le gag, le canzoni (si, persino le canzoni) sono divertenti. Insomma, partite dall'idea di avere dell'altro Signore degli Anelli da vedere. Se l'idea vi sconfinfiera avrete esattamente quello, se la trovate insopportabile, statene lontani. A me, personalmente, è piaciuto.
Cymon: testi, storia, site admin“Far over the Misty Mountains rise / Leave us standing upon the heights / What was before, we see once more / Our kingdom a distant light”