99 Small Medals
Ennesima strip dedicata al Satanico Direttore, il nuovo personaggio di FTR. Per gustare fino in fondo il divertimento offerto da questa strip (?) occorre avere presenti le puntate precedenti, a iniziare da qui. Lo so, e mi dispiace.
E' giunto il momento che nessuno stava aspettando, un mostruoso, ossessivo editoriale dedicato a Dragon Quest 6, che finalmente ho finito. Questo editoriale è per voi, professionisti instancabili dell'RPG nipponico vecchia-scuola, e l'odioso Videogiocatore Casual è avvertito!
Gli RPG 16-bit sono una risorsa in via d'esaurimento, un bene finito, e ormai ne restano ben pochi che devo ancora conquistare. Finiti i Final Fantasy, i Phantasy Star e i Seiken Densetsu, mi sono spostato su Chronotrigger, Breath Of Fire, Tales Of Phantasia, via via cercando titoli sempre più oscuri, come Bahamut Lagoon, Lufia 2, Fire Emblem... spingendomi là, dove solo i collezionisti più raffinati osano spingersi! In questi viaggi avventurosi mi hanno assistito innumerevoli individui con la loro opera: maestri di linguaggio macchina che hanno codificato Emulatori e Patch, tutto per permettere ad altri appassionati come loro di gustare sui moderni PC i giochi originari di antiche console da tempo perdute.
L'emulazione è un male necessario e una violenza... ma lo facciamo per amore, solo per amore.
Tra i vari gruppi di hacker assembly che lavorano sulla scena dell'emulazione, i più coraggiosi, i più ambiziosi, i più folli sono senz'altro quelli che traducono dal giapponese i titoli che non sono mai stati distribuiti ufficialmente in Occidente. Già tradurre dal giapponese non è uno scherzo, ma tradurre i vecchi giochi per console è un'opera di immane difficoltà... ci sono interi set di caratteri bitmap da inventare; il testo stesso va estratto da enormi immagini di memoria esadecimali, si trova sparso un po' dappertutto nel codice della ROM, compresso secondo formati non documentati, le varie frasi di dialogo non sono in ordine, ma mescolate insieme per ottimizzare l'uso della memoria. E una volta che si è ricostruito tutto il testo giapponese del gioco, bisogna sovrascriverlo con la traduzione, modificando tutti i riferimenti agli indirizzi di memoria quando necessario, adattando la grafica dei menu per ospitare il nuovo testo, e... insomma, è un gran casino.
Uno dei gruppi più famosi sulla scena è DeJap, che ha fatto conoscere al mondo occidentale capolavori come Bahamut Lagoon e Tales Of Phantasia, che altrimenti non avremmo mai potuto apprezzare. E' grazie a loro se ho potuto fare mio Dragon Quest 6.
Quando si pensa agli RPG giapponesi, agli occidentali viene in mente Final Fantasy, ma ai giapponesi viene in mente Dragon Quest. In Giappone non esiste niente di più grosso di Dragon Quest, neanche i Pokèmon. Nell'Epoca d'Oro del videoludo (la seconda metà degli anni '90) il momento culminante della storia videoludica, mai più eguagliato, fu l'uscita di Dragon Quest 6 in Giappone. L'economia di un intero paese ferma, le code kilometriche già nella notte davanti a tutti i negozi, l'intero quartiere di Akihabara invaso da una processione di milioni di persone di ogni età, vecchi e bambini e impiegati venuti ad adorare la divinità videoludica.
Per Dragon Quest 8, l'anno scorso, c'è stato qualcosa di simile, ma in scala ridotta per questi tempi di declino nella cultura ludica.
Ma veniamo a noi. A distanza di circa un decennio ho completato anch'io il gioco che ha segnato la storia, la società, la cultura delle umane genti. Notate come non ho ancora detto che è un "capolavoro". E' stato più che altro un grosso shock culturale.
I giappi fanno le cose diversamente da noi, soprattutto nel campo del divertimento elettronico. Ci sono delle ragioni per cui Final Fantasy ha raggiunto la fama mondiale e Dragon Quest è rimasto sull'isola di Nippon. Ottime ragioni.
Da dove cominciare a descrivere un gioco di questa portata? Bisogna dimenticare tutto quello che uno crede di conoscere sugli RPG, accettare di ritornare alle origini e imparare tutto di nuovo. Dragon Quest prende il peggio dai due mondi: gli RPG carta e penna degli anni '80 e quelli per console... nel senso che ci sono le statistiche, schermate intere piene di numeri, e c'è una struttura di gioco rigidissima e punitiva. Apprezzare questo gioco significa avere tendenze sadomasochiste, perchè il videogiocatore ignaro viene maltrattato brutalmente da DQ6, senza alcuna pietà. E' un gioco che appartiene a una cultura lontana nello spazio-tempo, quando erano i giocatori a doversi meritare di vincere, e non i giochi a cercare in tutti i modi il consenso.
Dragon Quest 6 mette le cose in chiaro fin da subito: è lui che comanda. Ha le sue regole, e se non ti vanno bene è un problema tuo. Si può salvare solo nelle chiese, e le chiese sono rare. Prima di avere un incantesimo di resurrezione passa tanto di quel tempo che la maggior parte degli RPG moderni, intanto, sarebbero già finiti. Sulla mappa non sono segnati i nomi delle città, anzi spesso non ci sono neppure le città. Per cui o te li annoti accuratamente oppure dopo 5 o 6 ore di gioco sei maledettamente perduto. E le città sono tante.
Dragon Quest 6 è un gioco immenso, e in questo non delude. La pura e semplice estensione della mappa è un incubo che basta a scoraggiare i cuori deboli, il problema degli spostamenti e dei mezzi di trasporto (dalle isole galleggianti ai letti volanti) richiede da solo enormi energie. Quando sono quasi due ore che si vagabonda per valli e foreste sempre uguali senza incontrare il benchè minimo insediamento umano, continuamente assaliti dagli incontri casuali, e le erbe medicinali stanno per finire, e gli antidoti sono già finiti e due personaggi sono avvelenati e perdono energia a ogni passo... è allora che si prova l'angoscia, il senso di difficoltà insormontabili, e tutto lo smarrimento che devono aver provato i viaggiatori dei secoli passati. Più volte ho fermato il party nel mezzo del nulla, quando magari è da mezz'ora che cercavo il guado per un fiume, quasi disperando di raggiungere vivo la prossima città, e fissando intensamente la carovana dei miei personaggini sullo schermo ho parlato loro cercando di rincuorarli... immaginatevi una fila indiana di tizi bizzarri, con tanto di carro tirato dal cavallo, e una fila di bare al seguito (che rappresentano i personaggi morti), ridotti allo stremo delle forze e perseguitati dai mostri: se non fosse solo un gioco sarebbe drammatico.
Quando si è stati annichiliti brutalmente due o tre volte si comincia a imparare quello che il gioco vuole dal giocatore: bisogna procedere con cautela, avere la pazienza di salire di livello. Il sistema di abilità basato sui Jobs prevede che per avanzare di classe si debba vincere un certo numero di scontri (centosettanta in media per padroneggiare un mestiere), per cui è solo col tempo e con l'impegno che si può potenziare il party. E comunque la maggior parte delle abilità non serve a un accidenti di niente: non è affatto un gioco ben bilanciato, l'unico modo per vincere è colpire duro e in fretta e tenere alti quei dannati HP.
Non parliamo dell'equipaggiamento. Intanto questo è forse l'unico RPG per console in cui si resta disperatamente poveri, poveri in canna, dall'inizio fin quasi al game over. Non importa quanti regni hai salvato dalla distruzione: per comprare due stracci di cuoio grezzo devi dissanguarti. E' indispensabile vendere tutto quello che non serve più, e smettere di comprare erbe medicinali appena si ha un Priest nel party. Il sistema di Inventario, poi, è un incubo che mi perseguiterà per il resto dei miei giorni: sembra concepito accuratamente per punire il giocatore e rende le operazioni più semplici una sofferenza continua. Ogni personaggio può equipaggiare solo la roba nel suo inventario personale, che ha pochissimo posto. Non esiste un modo immediato per sapere come cambiano le statistiche con i vari equipaggiamenti, e guai al cielo se si vogliono conoscere le proprietà magiche di un'arma: ci vuole un incantesimo apposito, da usare tutte le volte, che dà solo qualche vago indizio. Tutto il gioco prevede che le cose si imparino per tentativi, provando il comando Use in battaglia su ogni singolo oggetto del gioco.
In generale tutto il gameplay si articola per schermate di testo in bassissima risoluzione, e anche le battaglie hanno ben pochi effetti speciali. La grafica della mappa è brutta, ma nei dungeon si salva e ha un feeling molto particolare, diverso da tutti gli altri RPG. L'effetto dell'acqua è il più riuscito dell'epoca a 16 bit. Le musiche sono insignificanti, neanche da paragonare al suo diretto concorrente, FF6. D'altra parte il pubblico dell'epoca era attaccatissimo allo stile della "vecchia scuola", e considerava DQ l'unico gioco per veri uomini, mentre i vari Final Fantasy con i loro effetti speciali e lo stile cinematografico erano roba da effemminati. Sul serio, documentatevi pure. Il carattere di DQ6 è proprio questo, si tratta di un gioco per Veri Uomini prima ancora che Veri Videogiocatori, per quelli che rifiutavano le raffinatezze della modernità (nel 1995), e da un videogioco chiedevano di essere messi alla prova.
Dragon Quest 6 è un'esperienza che forgia lo spirito e rafforza il carattere, soprattutto se lo giocate su un Super Nintendo senza guide strategiche. E' incredibile come in questi 10 anni ci siamo rammolliti, al punto che oggi stento a credere che sia possibile umanamente completare DQ6 (con i segreti) senza aiuti e senza save-state. Io ho completato tutto di Final Fantasy 7 senza aiuti, ad esempio, ma questo gioco è al di là delle mie forze.
L'ho finito, questo è vero (e ho già parlato delle mie difficoltà), ma solo nel senso che ho sconfitto l'ultimo Boss, Deathamoor (per la cronaca, il mio Eroe era al 42° livello). Come vuole la tradizione, naturalmente, DQ6 offre una sfida che si estende ben oltre. Ci sono queste "Small Medal", vedete, sparse in giro per tutto il gioco, e c'è un Medal King a cui portarle per avere in cambio oggetti rarissimi. Una volta raccolte 100 di queste medagliette, quasi impossibili da trovare, si ottiene l'oggetto più ambito del gioco, il... Sexy Underwear. E' un gioco così. Mi fai passare le pene dell'inferno per collezionare quelle maledette medagliette, e cosa mi dai come ricompensa? Un paio di mutande. Per la cronaca, se indossate in battaglia i mostri non attaccano perchè sono distratti.
Ma non finisce qui, ovviamente. Il giocatore meticoloso si accorgerà che, al momento di sconfiggere Deathamoor, ha trovato solo 99 medagliette. A questo punto le alternative sono due: uno potrebbe credere di averne mancata una, e a questo punto vorrà ripercorrere a piedi ogni singolo centimetro di terreno e aprire ciascuno dei duecentocinquantamila cassetti che ci sono in questo gioco bastardo; oppure potrà consultare la guida strategica, e venire a sapere che in effetti le medagliette sono solo 99: per completare la collezione bisogna prima finire il gioco, poi completare tutti i mestieri (compresi quelli segreti), e poi scoprire l'entrata per il Bonus Dungeon segreto, dove si trovano altre medagliette. Il Bonus Dungeon segreto, inutile dirlo, è difficile da strapparsi i capelli, e alla fine si raggiunge il vero Boss finale, il Boss segreto. Sconfitto anche lui (dopo almeno 150 ore di gioco complessivo), solo allora il giocatore potrà dire di essere arrivato in fondo a Dragon Quest 6, e di essere sopravvissuto per raccontarlo.
C'è un limite a tutto: la settimana prossima concluderò il mio resoconto su DQ6, trattando della trama del gioco, del perchè è un capolavoro (se lo è) e di conigliette pervertite. Ahhhrgh!
Lo-Rez: arte, storia, web design“As a little boy, he will meet lots of people and is sure to have all kinds of adventurous experiences, always continuing on his journey.”
Roba dura
Giovedì presso la mia (ex) università si teneva il Synesis, fiera del lavoro in cui le aziende più vampiresche d'Italia (e non) vengono a cercare giovini carni da suggere. E' una cosa che fa riflettere, visto che vi si presentano aziende che palesemente non assumono come anche gente che entra nella vita di tutti noi da altre vie, con la pubblicità come col semplice consumo. Piuttosto interessante notare che il marketing per il reclutamento fa schifo, nessuno ha un'idea nuova da almeno dieci anni, tutti si presentano dicendo le stesse cose e le stesse tiritere, vorrei un azienda che si sforzi per confezionare una buona promozione, in fondo, che cribbio, io gli devo dare i sol....ah no, sono loro che, incredibile dictu, dovrebbero pagare me. Bha, ci sono cose a cui non sono affatto abituato.
Una cosa che ho controllato, spesso, è se avessero tra i loro dirigenti un demone incarnato. Sembra che nessuno ne annoveri nel loro organigramma, ma io non mi fido, sono sicuro che il demone va parecchio nel management perchè è pulito, efficiente e incute il giusto rispetto, solo che non è buono per le relazioni pubbliche, serve solo a tenere a bada i dipendenti. Tutti i dipendenti tranne, naturalmente, gli ingegneri. Per tenere a bada gli ingegneri, è noto, ci vuole almeno uno squadrone di creature d'altra natura e anche in quel caso, spesso, sono loro a trionfare. Si, sono ancora un pochino esaltato post-laurea, forse lo avete notato, ma l'entusiasmo sta scemando. Non riesco a trasformare l'acqua in vino, mi viene solo la trasformazione cocacola in pepsi, che è una fregatura se considerate che la pepsi non mi piace, quindi capite che comincio a tornare con i piedi per terra. Ho già deciso di posticipare l'ascesa a imperatore del mondo al mio 40esimo compleanno.
Il demone che sta infestando da un mese le pagine di FTR, invece, dovrebbe chiudere la sua lunga introduzione con la strip qui presente. E' un personaggio fisso, lo vedrete ancora, scoprirete che non è cattivo come sembra, ma comunque non troverete appetibile l'idea di incontrarlo in una notte scura. Rispetto a tante altre creature evocate all'interno del fumetto, il Direttore (sappiamo benissimo il suo vero nome, ma perchè rompere l'incantesimo) credo che avrà un trattamento leggermente differente. Non verrà usato per i suoi trascorsi, non credo che insisterò molto sul suo passato visto che ha già molto da fare per tenere in piedi la società di Neo (che non ha nome, un po' come quella di Camera Cafè...non credo sia un male). Il mio approccio a FTR è cambiato in questi anni, credo di avervelo già detto. Vorrei dire che è maturato, ma sarebbe peccato di superbia, diciamo solo che vedo le strip in modo diverso da come le vedevo un tempo. Ci sono cose che mi colpiscono meno e cose che invece mi colpiscono di più. Una cosa che credo di aver modificato è il fatto che i personaggi sono un po' meno autoreferenziali, nel senso che hanno smesso di guadagnarsi la pagnotta semplicemente grazie al loro passato di stelle dei videogiochi e hanno cominciato a fare del loro per raggiungere una certa tridimensionalità FTResca. Il Direttore comincia in queste settimane anche lui il suo cammino per trovare sé stesso, l'importante è che non trovi me...
Lo-Rez lo sa bene (non vorrei averglielo fatto sapere un po' troppo), ma questo è un momento che il mio lato geek vive con grande apprensione. Sono infatti intento a progettare il mio nuovo computer e dico progettare perchè, quale scelta d'onore, ho deciso di assemblarlo da me. Non esiste semplicemente una scelta di praticità nel farlo, è una cosa personale tra me e l'informatica, sono stufo di vedere i PC come scatole magiche, voglio mettere le mani nelle loro viscere. Naturalmente ci sono delle incognite in un processo del genere, ma ci sono anche delle soddisfazioni. Ho imparato molto sull'hardware in quest'ultimo periodo, magari non abbastanza per tenere testa a qualche smanettone, ma abbastanza per riconoscere una porta PCI-Express quando ce l'ho davanti e devo ammettere che anche questi argomenti mi hanno affascinato terribilmente. Una scheda madre può essere sexy, anche se la cosa può risultare incestuosa, le schede video ormai sono come il cofano di una spider, areografate tamarre e anche i processori, così vasti e così piccoli, racchiudono un potere che ha del mistico.
Oggi non vi sciorinerò niente, la mia prossima configurazione e tutti i dettagli saranno oggetto del primo editoriale che scriverò con la nuova macchina, questo lo ho stabilito già da tempo, però volevo rendervi partecipi di queste mie sensazioni. Mi piace la ritualità che sto mettendo nella cosa, la pazienza con cui limo la mia ignoranza e la mia angoscia, la minuzia con cui mi informo di dettagli astrusi e sigle assurde. Ultimamente sto analizzando un argomento assai delicato quale quello del negozio d'acquisto. Credo che farò la cosa poco geek di non rivolgermi a un negozio on-line a causa di oscurantismo ideologico a livello famigliare quindi capirete che anche questo problema è di non facile soluzione. Comunque credo che ne uscirò. Sono comunque un i-n-g-e-g-n-e-r-e.
La segnalazione casuale che chiuderà l'editoriale è per Topolino. Si, Topolino, perchè fate sempre quella faccia... Sull'ultimo numero nientemeno che una storia filosofico-etico-sociologica sui MMORPG: Topolino e le regolissime del Guazzabù. Sembra un'idiozia ma è così, chiunque abbia una sensibilità di videogiocatore riconosce certe cose e certi schemi e la storia è quanto di più esplicito possa esserci. Devo dire che raramente le storie di Topolino mi prendono al di là del puro svago, ma questa mi è piaciuta sul serio, Casty & De Vita hanno fatto veramente un bel lavoro. Magari c'entra la deformazione professionale...
Basta pargoli, avete una vita da vivere e ce l'ho anch'io, direi che ci ribecchiamo.
Cymon: testi, storia, site admin"Quando ognuno è da sempre con la sua solitudine..." - America, Gianna Nannini