La scimmia
Ah, dolcissimo settembre! La Sua gentile luce subacquea, eccetera.
Lentamente si rimette in moto la macchina della società. I messaggi di Out Of Office vengono ritirati... oppure collezionati come tesori, se anche voi appartenete alla setta segreta dello Stagista che viene rivelata nella strip odierna.
E anche le varie industrie dell'Intrattenimento ricominciano la loro programmazione annuale. La nostra reazione? Nullo gaudio, solo cauta diffidenza, come cagnolini bastonati.
Ma, mentre ci prepariamo alle visioni del futuro, dobbiamo ancora fare i conti con tutto quello che ci ha portato l'estate: dicevamo la volta scorsa, belli carichi e smanicati al rientro dalle ferie, che abbiamo tanto da raccontare.
O da commentare, perlomeno.
Il titolo che ha acceso agosto è arrivato dalla Cina con furore come un revival degli anni '70: Wukong. Anche oggi è stato accompagnato da una certa aria di sufficienza, se non proprio da ostilità razzista e giudizi sprezzanti tanto quanto quelli che accoglievano Bruce Lee e gli altri sessant'anni fa. Nel 2024 la parola d'ordine è Diversità... ma solo quella che diciamo noi, a quanto pare.
Battaglie ideologiche a parte, il gioco della scimmia mi ha colpito molto perché è proprio quel genere di shock culturale che mi è tanto caro. Questo gioco getta un ponte tra Oriente e Occidente, oggi come quattro secoli fa.
Ma guardatelo! Un gioco-giocattolo che non ha paura di rivestire la sua storia di eroismo sincero e non ironico: sembra un God Of War fatto non dagli americani ma finalmente da qualcuno che non è estraneo alla sua mitologia. Un God Of War senza la palla al piede delle faccine tristi, del melodramma per &“adulti” quindicenni, che ti si presenta con tanta prosopopea ma quando lo gratti con l'unghia viene via uno strato sottilissimo.
Questo gioco pieno di scimmie e altri animali (ma nessun umano) ha scosso l'industria videoludica mondiale anche per la quantità strabordante della sua offerta: c'è il Graficone mirabolante, ci sono i famosi ottanta boss, ci sono le canzoni (?!) e ogni capitolo è pure accompagnato da un bellissimo cortometraggio animato, tutti disegnati con stili differenti.
Tanta abbondanza oggi, in un gioco single-player che chiede il prezzo dell'acquisto e poi più nulla, in un gioco che è una Nuova IP™ senza sponsorizzazioni famose alle spalle, è fuori mercato e ottenibile solo da un Regime che tritura e sgranocchia la sua gente... perfino più di quanto non facciano i grandi editori storici dell'Occidente.
E insomma è difficile districare questo titolo da scomode questioni sociali e geopolitiche (come purtroppo avviene sempre più spesso in questo mondo polarizzato)... ma qui lo tratteremo solo come un videogiochino, e diremo che dunque questo Wukong è grezzo e ingenuo in svariati aspetti, ma compensa con l'entusiasmo. Le illustrazioni ci riempiono di meraviglia, ci fanno tornare bimbi con il naso immerso in un libro illustrato di miti e leggende. Era da un po' che non capitava.
Scimmie di mare
Tra le tante non-tradizioni di FTR c'è anche quella di fare una strip sull'Out of Office quando si torna a settembre. Gli Out of Office rappresentano uno dei primi casi in cui abbiamo demandato ai computer di gestire le cose in nostra assenza ed è arrivato fino a oggi carico ancora del difetto principale delle macchine, ovvero non cogliere le sfumature. Il risultato sono anni e anni di involontaria comicità che si consuma tra computer senza utenti davanti che bene si prestano a diventare barzellette per un sito come il nostro. Forse andrebbe davvero fatta una collezione degli Out of Office delle persone, per capire quanto barocchi e formali siamo capaci di diventare quando non sappiamo chi riceverà il nostro messaggio. Ma forse anche una rivista dedicata è troppo, sebbene una cosa mi ha insegnato l'internet: puoi essere nerd di qualsiasi cosa e di conseguenza trovare risorse nerd per qualsiasi cosa.
Il gioco di cui avremmo dovuto parlare questa estate però ops, scusate, eravamo in ferie, è sicuramente Black myth: Wukong, l'action con lo Scimmiotto (quello con l'S maiuscola della cultura cinese), un gioco fatto da cinesi, per cinesi e che ha avuto successo grazie ai cinesi.
In realtà non è proprio così, a leggere le recensioni e i pareri in giro per la rete sembra che il gioco sia proprio bello in quanto gioco, ma la notizia che ha fatto più scalpore al momento dell'uscita è stata il fatto che inizialmente si appoggiava solo sul mercato cinese e, grazie solo a questo, riusciva a spostare gli equilibri delle classifiche.
Trascuriamo spesso il concetto di mercato interno quando parliamo di videogiochi perché crediamo si tratti di un media internazionale senza una reale collocazione geografica. Sbagliamo, Nintendo e Sony, se non avessero avuto il loro irriducibile mercato giapponese si sarebbero comportati differentemente nella loro storia e hanno tutt'oggi un vantaggio competitivo su tutti gli altri attori perché non esiste azienda americana che abbia realmente chiamato a raccolta il suo pubblico americano (Microsoft insegna suo malgrado) e di certo non esiste altrettanto in chiave europea. La dominazione orientale del media è una questione geografica, punto e basta.
E poi, naturalmente, a un certo punto arrivano i cinesi.
Abbiamo già visto questo fenomeno nel mercato cinematografico in cui i blockbuster si sono fatti a dir poco ammiccanti (che è il termine dei salotti buoni per leccaculo) nei confronti della Cina. Leggenda vuole che il pur pregevole Monster Hunter (si, avete capito bene, pregevole) sia stato un flop a causa di una maldigerita battuta sui cinesi, è inutile poi che vi faccia notare tutti i riferimenti orientali che a un certo punto sono sorti nel MCU e compagnia cantante.
Va bene così, un media di massa deve seguire la massa, in un mondo fortemente indebolito da condotte suicide come quello dei videogiochi il fatto che adesso sorga il grande drago può spostare magari qualche equilibrio e, chissà, magari anche aggiungere nuovi temi e stimoli al game design. Che l'apripista sia, di nuovo, Viaggio in Occidente (lo stesso dedragombol) non è un caso perché nei palazzi di Pechino è un po' la loro favola base, come da noi cappuccetto rosso. Deve sempre vincere la pancia del paese.
Passiamo oltre. Credo di aver comprato un libro che potrebbe piacere / possiede già pure Lo-Rez ovvero questo Masterpieces of Fantasy della Taschen, che ha la copertina di Franzetta, ma è anche pieno di immagini di Franzetta, visto che a lui, ovviamente, è dedicata un'ampia sezione. Ovviamente ne esiste la versione tablebook da milioni di euro in formato 10 metri quadrati calpestabili e con in allegato il DNA originale degli autori, ma io ho optato per questo tascabile da 25 euro che uccide la visione delle immagini (perché con le immagini non ce n'è, o grande formato o niente), ma che aperto anche a caso è sempre un gran viaggio. Personalmente non l'ho preso per l'arte per l'arte, perché di arte non capisco una mazza, ma proprio perché sia di ispirazione da un punto di vista creativo. L'epoca d'oro dell'illustrazione del fantastico non è stato solo un felice momento pieno di autori mostruosi, ma è stata anche un'esplosione anarchica di idee (e si, donne nude) in cui geni visionari non si spaventavano a mettere su carta l'assurdo e l'impossibile per il piacere di farlo. Questo poi negli anni è andato un po' a scemare e oggi, beh, oggi abbiamo l'IA.
E' stata un'estate di videogiochi da venti ore di gioco e ce n'è pure uno che sto continuando a giocare tutt'oggi, forse dedicherò a ognuno un editoriale, chissà. Ovviamente è stata anche un'estate di anime che però, lo sapete già, hanno una loro precisa filiera per la pubblicazione. Per quello che riguarda le serie TV spendo solo due righe in questo editoriale per segnalare Dark Matter, l'ennesimo centro di Apple+. Inizialmente mi sembrava una minestrina sciapa di cose già viste, ma andando avanti la serie prende un bell'abbrivio e finisce bene. Dicono ce ne sarà una seconda stagione, che trasborderà dal libro di riferimento (che comunque non leggerò) e non ho idea di cosa sarà. Se però intanto avete voglia di darci un'occhiata non parlerei di capolavoro, ma sicuramente qualcosa di piacevole.
Tutte le volte invece che vado su quel sito là che usate tutti a comprare cuffiette e inchiostri per la stilografica, invece, c'è qualcuno che cerca di convincermi a guardare una roba con degli anelli e Tom Bombadil che stona. Però non saprei, magari passo.
Cymon: testi, storia, site admin“It's like a web there is no escape from / It's got you trapped, and you long for freedom / Every wish, every dream was granted / Never knowing what they demanded / You see the wall, how it's getting higher / You want to fight, but you're all divided / It's not a world anyone can thrive in / Is this the world we were meant to grow in? / Somebody tell me, where are we going?”