Contenuto e contenitore
L'ambientazione domestica mancava da molti anni nelle nostre strip. Ma anche gli Ingegneri (delle Tenebre) hanno una casa, e da qualche settimana lo sguardo curioso di FTR è tornato a penetrare l'intimità casalinga dei nostri personaggi.
Ma una volta Clara non viveva con, ehm, Neo e Cloud? E Gödel per conto suo? Si sarà fermata solo per un caffé? Dopo “Jobs” ventun anni fa si sta forse preparando uno stravolgimento epocale che porterà alla nascita di una nuova serie?
“Traslochi Terribili”? “Affitto o Mutuo o Morte”?
Ma poi perché per forza un titolo ispirato ai programmi televisivi finti/veri che servono a riempire gli spazi tra le pubblicità dei canali in chiaro del digitale terrestre?
Per me la TV esiste solo per sentito dire, relegata a un'epoca oscura di miti e leggende. Ma da quel che sento, sembra essere ormai divorata dalla stessa bulimia di “contenuti” che è il flagello della moderna Internet. È quello che succede quando improvvisamente il contenitore si allarga (a centinaia di canali).
Ma che brutto termine, “contenuto”! Pensate se noi, giovinetti di belle speranze, quando ci siamo affacciati per la prima volta all'oceano sconfinato del web ventitre anni fa, avessimo coltivato il proposito non di fare un fumetto online, una strip settimanale, degli editoriali graffianti, ma... un “contenuto”. Un qualcosa purchessia, per riempire un vuoto.
Che tristezza. Se tutto quel che fai si chiama “contenuto”, allora per forza di cose il focus è sul Contenitore. È il Contenitore quello che conta davvero, la ragion d'essere di tutto ciò che fai.
Un contenuto, si sa, deve assumere la forma del suo contenitore e adattarsi ad esso. O rompersi.
E allora questo FTR invece è un contenuto senza contenitore. Una sostanza volatile e libera, disciolta nel mare di internet. Presente solo in tracce, a malapena rilevabili anche con la strumentazione più sofisticata. Ma ha la sua forma, e non deve adattarsi a nessuna parete.
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...Ma non ce lo vogliamo mettere almeno un contenuto in questo editoriale? Ma sì! Ecco qua: The Force of Sex.
Una cronistoria epica che inizia come un film pe ragazzi degli anni '80: con il ritrovamento casuale di una cartuccia polverosa per SNES in un negozietto dell'usato di Tokyo. Il gioco era RPG Maker Super Dante (!!!), ovvero non un gioco ma uno strumento per creare giochi. Dove “giochi”, nel Giappone di quegli anni, era sinonimo di RPG giapponesi.
Lo stesso RPG Maker il cui discendente (non troppo lontano) abbiamo usato proprio noi per farci il nostro videogioco, The Long Ear.
Ma insomma, analizzando la cartuccia il nostro eroe ha rinvenuto un salvataggio lasciato dal precedente, anonimo, proprietario. E... meraviglia! Questo salvataggio conteneva un gioco quasi completo e interamente giocabile, intitolato appunto The Force of Sex. Un'opera sì ingenua e pervertita, ma non più di altra roba che veniva effettivamente commercializzata all'epoca in nippolandia.
Ecco, questi sono i “contenuti” che ci piacciono: incontri casuali e fortuiti, opere e non prodotti, liberissimi di spaziare con la fantasia seppure dentro i confini di una cartuccia a 16 bit.
Di cosa ti vergogni?
La stessa Naoko Takeuchi era consapevole della connessione tra le maghette (le sue maghette, quelle di cui avrebbe gettato le fondamenta con Sailor Moon) e i supereroi. Sailor Venus, infatti, compare nella storia nei panni della supereroina "Sailor" con tanto di maschera a nascondere la sua identità, intenta a combattere i delinquenti comuni.
Questa storyline, nella storia principale, viene rapidamente abbandonata, anche perché sappiamo bene quanto la forza di Sailor Moon sia anche nel suo attenersi rigidamente allo schema base, ma la stessa Naoko la riprenderà nello spin-off Codename: Sailor V per dimostrare come, in un certo senso, i supereroi siano un elemento fondativo delle maghette.
I giapponesi non avevano, all'epoca, supereroi nei termini in cui li intendiamo noi, ovvero come vengono rappresentati nei fumetti americani. Non ne sentivano nemmeno la necessità, tanto è vero che il filone delle maghette originali, che pure sono sempre persone con capacità straodinarie che difendono la città ha pochissimi punti di contatto col genere. Oggi le cose sono molto diverse, i supereroi dei comic hanno un peso molto maggior sull'immaginario collettivo grazie all'MCU e allo sviluppo su più media delle loro storie e così la contaminazione, anche negli anime e nei manga, si è fatta più esplicita, come in progetti come My Hero Academia. Può questa contaminazione fare il giro e tornare alle maghette? Vi diranno di no, ma sostanzialmente è quello che accade in SHY.
In SHY il mondo è stato pacificato all'avvento di "eroi", persone dotate di superpoteri che gli arrivano da speciali bracciali che incanalano la forza del loro cuore. Ce n'è più o meno uno per nazione e hanno fermato la guerra e grossomodo tutte le cose più brutte che possono capitare. Non hanno affrontato, all'inizio della serie, nessuna epica battaglia, hanno semplicemente raddrizzato torti in giro e continuano a farlo. La nostra protagonista è l'eroe del Giappone (ovviamente) una ragazzina di 14 anni con un grosso problema di timidezza e ancora inesperta nell'uso dei poteri. Fortunatamente l'eroina della Russia, Spirits, l'ha presa in simpatia e la tiene sotto la sua ala come una sorta di tutor nel suo percorso a diventare difensore del pianeta. L'inizio della storia coincide anche con l'avvento del vero nemico degli eroi, ovvero il bambino Stigma che, con la sua compagine di Amarilk, riesce a seminare la disperazione negli uomini e tramutarli in mostri (li akumatizza direbbe il fan di Miracolous Ladybug che è in me).
Che cos'è veramente SHY? In un certo senso, non lo sa neanche lui. E' evidente il tentativo di mettere in campo un genuino anime di supereroi con tanto di costumi, salvataggio di persone e alcuni temi propri del comic americano però è impossibile non vedere l'aspetto più strettamente mahoshojo della narrazione, con i bracciali che usano il potere del cuore, il nemico costante che si nutre dell'angoscia delle persone e tutte quelle altre sfumature del genere che sono ben note a noi maghettologi.
Anche l'interessante tema della vita di SHY, una ragazza patologicamente timida, che a volte incorre in delle situazioni in cui i più introversi di voi sicuramente si riconosceranno, sembra più ricordare lo slice of life che di solito accompagna le battaglie delle maghette più della vita da persona normale di un supereroe.
Andando un po' oltre nell'analisi, sembra proprio l'esplicito tentativo di negare la vocazione al mahoshojo della serie a sabotarla. Molti degli episodi centrali, per esempio, mostrano SHY interagire con vari personaggi senza costume, combattendo le sue paure da normale ragazzina, risolvendo questioni proprie della sua età e della sua condizione. Questi episodi sembrano proprio quella metà di episodio di un qualsiasi precure prima che compaia il mostro e faccia danni, costringendo la protagonista a trasformarsi. Il problema è che quest'altra metà di combattimento in SHY non c'è e quindi si hanno lunghi periodi in cui si attende che accada qualcosa che in realtà manca di accadere, seguendo meccaniche decisamente anticlimatiche.
Forse SHY per essere un buon anime di maghette avrebbe avuto bisogno dei canonici 25 episodi in cui svilupparsi tranquillamente come detto sopra. Nei tredici a sua disposizione deve rapidamente arrivare allo showdown con un cattivo "medio" che poi si risolve tutto intorno alla biografia di Spirits. Spirits che, per la sua gestione del ehm... alcolismo, si può considerare personaggio quantomeno controverso.
Come concludere? SHY andrà oltre i tredici episodi finora trasmessi e comunque ha del potenziale. Stigma e gli Amarilk sono terribilmente inquietanti e sicuramente anche dietro i buoni ci sono delle ombre che metteranno pepe nella storia. Quello che dovrebbe fare la serie, però, è affrancarsi dal suo desiderio costante di essere altro e fornire quella parte action che la sua natura evidentemente promette, anche buttandola qualche volta in caciara, magari. Senza è un anime con una protagonista veramente interessante, per il modo estremamente delicato in cui viene esaminata la sua timidezza, ma che non diverte quanto si vorrebbe schiacciando play con un prodotto del genere.
Cymon: testi, storia, site admin“No rules / It's how I live / How I find the wind beneath my wings / It's how I learn to fly / (Let's go) No rules / In the heat of the night, in the thrill of the fight / I don't even care what's wrong or right / It's how I live my life! ”