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1107, 25/03/2023 - ChatGPT PM
1107
25 . 03 . 2023

Joel Wick

John Wick 4 è l'epopea di un professionista che eccelle nel suo lavoro.
Niente tensione, solo aspettativa. John Wick è una macchina molto affidabile.
E il film è stolido come il suo protagonista, avanza cocciuto per la sua strada travolgendo tutto quello che gli si para davanti: penso che questo quarto capitolo esista perché è più facile farli che smettere di farli.
Mi rimane incomprensibile, il carisma di un personaggio che è un vuoto psicologico. Oh certo, è mille volte meglio questo superuomo elegantissimo del solito Tizio Che Ci Tiene Tanto Alla Sua Famiglia Allargata™. Però insomma, ogni volta che lui o qualcun altro apre bocca in questo film dice cose che non capisco (e le dice in un italiano/doppiaggese stentato che mi fa sempre venire voglia di appiccare il fuoco alla sala come in Cinema Paradiso o Bastardi Senza Gloria), con una pompa e una solennità che non si è mai guadagnato.
Ma almeno è un film di chara-design: questo sì riesco a capirlo e ad apprezzarlo con tutto il cuore! Dove non arrivano le parole ci pensa il chara-design a compensare, con un gusto sopra le righe che è la vera anima di questa serie. Nel mondo di John Wick non esistono le forze dell'ordine, non c'è la noiosa polizia a complicare le cose, ci sono solo BOSS DI FINE LIVELLO.
Il tizio col cane sfoggia uno stile incredibile al confine tra techwear (!) e militare, entra ed esce dal film senza un perché, non lascia alcun segno narrativo ma ci segna tantissimo nel nostro immaginario estetico... che poi è il nostro punto debole. Questo film senza donne e con un costume da ciccione esiste solo per farci sfilare davanti agli occhi una galleria di boss di fine livello uno più bello dell'altro.
Come i boss di Kojima in Metal Gear Solid. Come i film di Bruce Lee cinquant'anni fa. Come i lottatori selezionabili nei picchiaduro 1 VS 1. Ciascun personaggio di John Wick 4 sarebbe abbastanza potente da meritarsi una dinastia eterna di fan art (non sarà così, ma insomma).
Elaborare un discorso sul debito che ha questo film nei confronti dei videogiochi, a tutti i livelli, sarebbe ormai banale: ma in particolare c'è un piano sequenza in visuale isometrica che non potrebbe essere più esplicito di così, manca solo il contatore delle munizioni a schermo (peccato).

Forse però varrebbe la pena di farlo, questo discorso, e cavalcare così lo Zeitgeist particolarmente favorevole, vista l'accoglienza di The Last Of Us tra le masse del volgo.
Non lo farò. Anche se, devo dire, quando si arriva alla scena madre del protagonista controllato dal giocatore che fa strage di cento nemici, ci vedo molto meglio un superuomo come John Wick piuttosto che un tizio qualunque come Joel. Funziona in un videogioco (in realtà secondo me nemmeno nel gioco), ma molto meno in un medium non interattivo.
A parte questo, la trovo una serie interessante per la scelta di puntare tutto sulla tristezza. Non sul sangue e gli sbudellamenti. Non sugli sguardi brutti e l'acrimonia. Non sugli anni '80. Sulla tristezza: la tristezza come cifra stilistica, la desolazione apocalittica quieta e rassegnata di un mondo immerso nei colori autunnali, coperto da un velo di muffa e decadenza, ormai inoltrato senza ritorno in un crepuscolo giallo/rosa come le infiorescenze fungine che hanno colonizzato il pianeta.
L'idea alla base è semplicissima: come si fa a non sentire qualcosa per questa ragazzina che ha conosciuto solo violenza e disperazione, che manifesta nonostante tutto l'ingenuità e l'entusiasmo della sua età, che prova una nostalgia inspiegabile per un mondo che conosce solo dai suoi resti disfatti e dai ricordi degli adulti... Le prossime stagioni espanderanno la storia introducendo tanti altri personaggi che però sono uguali a lei, e tanti altri panorami meravigliosi che però sono uguali a questi, e una faida insensata di vendetta e sangue... Vabbé. E prima o poi avremo un The Last Of Us 3, e scommetterei che si concluderà con il sacrificio liberatorio della bambina ormai più che adulta. Tristezza: tantissima.

Lo-Rez: arte, storia, web design
25 . 03 . 2023

Scrivere, scrivere, scrivere

Mi rendo conto che potrei fare battute su ChatGPT e consociate per anni senza stancarmi. In un certo senso le intelligenze artificiali sono diventate un personaggio nella vita quotidiana di molti di noi che, dopo aver parlato a pranzo coi colleghi di questo o quell'argomento si girano verso il client dell'intelligenza artificiale e gli chiedono cosa ne pensa lui. Fortunatamente questo abuso dello strumento sta cominciando a far prendere coscienza del fatto che non stiamo parlando di un vero oracolo che può trasmettere verità, ma di un'interfaccia che spreme e comprime informazioni raccattate qua e là, impacchettandole in un linguaggio, quello sì, di rimarchevole fattura. E' un po' un "mi sento fortunato" di Google, un tasto di cui nessuno ha mai capito l'esistenza e che nessuno ha mia pensato servisse a qualcosa.

Cosa penso io di questo nuovo boom delle intelligenze artificiali? Sicuramente solo pochi anni fa non avrei creduto un computer capace di ricostruire il linguaggio in maniera così credibile. In realtà a questo avrebbero dovuto abituarmi i traduttori automatici che stanno diventando sempre più raffinati, ma in entrambi i casi credevo sarebbe sempre rimasta quella nota di finto di fondo a rendere il dialogo imperfetto. In questo senso i risultati raggiunti sono clamorosi.
D'altra parte parliamo, come al solito di tecnologia e non c'è niente di più tossico di come l'internet si interessa di tecnologia. Appena un qualcosa colpisce la fantasia comune ci si divide tra quelli che pensano che porterà all'estinzione della razza umana, quelli che invece pensano sia il nuovo step evolutivo e infine quelli che credono che sia tutta una montatura che non andrà da nessuna parte. Nessuna tecnologia è mai una di queste cose, ma ci vogliono diversi anni perché queste tre voci tacciano e prima che siano ridotte al silenzio le deformazioni che provano nel dibattito sono tali da farmi sempre decidere di chiamarmi fuori dalla discussione.
Per ora ChatGPT è divertente, in realtà nell'uso che ne facciamo ora ci perdiamo il lato che sarebbe effettivamente quello più affascinante, ovvero nel caso avesse una memoria persistente che col tempo lo portasse a formare il suo comportamento sulle esperienze pregresse oltre che sui dati rastrellati. Se non ho capito male ci sono app di dating che funzionano così e hanno finito col minacciare di morte le persone. Boh, prima di dire altro dovrei forse leggere di più.

E' un periodo in cui sono indaffarato. Tanti progetti, piccoli e piccolissimi (chi ne ha mai visti di grandi) si affollano nella mia mente e si prendono il mio tempo. Esiste persino per me un limite alle ore di sonno di cui mi posso privare e il lavoro è lavoro quindi ci sono stati giorni in cui ho faticato a trovare tempo per tutto. Persino oggi, che in fondo è domenica, equilibrando vizi e hobby mi sono accorto con sorpresa che avevo effettivamente il tempo di redarre questo editoriale. A un certo punto, tirando le somme, pensavo avrei dovuto ritagliarmi del tempo sacrificando qualcos'altro, qualcosa tipo Death Stranding. Invece no, anche Sam oggi ha potuto avere la sua fetta di tempo e sapete come vanno queste cose, da una parte pensi che non avrai mai tempo per finire fisicamente il gioco se continui a ritagliare ore qua e là per giocarlo e dall'altra parte decidi che invece di andare avanti nella missione principale vuoi fare una consegna dal punto A al punto B solo per vedere quanto è difficile scendere da quel versante della montagna. Non penso di essere il primo a essersi trovato davanti a un'esperienza del genere.
Il resto del tempo invece è diviso tra videogiochi e scrittura. Videogiochi nel senso di videogiochi che scrivo, uno di quei tanti progetti che verrà lasciato a metà quando calerà l'entusiasmo. La scrittura invece è come sempre un'attività febbrile e disorganica, non lo faccio per tirarmi, in realtà me la tirerei se vi dicessi che è un'olio e che sto facendo tantissimo perché ho in mente la Grande Opera. Quello che invece faccio, realmente, è sbattere la testa un po' a destra un po' a sinistra. Non credo dobbiate però stupirvi, in fondo anche i miei editoriali sono febbrili e disorganici, frattalmente dovreste aver capito che lavoro così.
Quello che è passato in secondo piano è Shadowverse, anche se la passione non si è completamente spenta. Nonostante i parchi risultati trovo ancora confortante farci una partita ogni tanto. Purtroppo il sistema ha la caratteristica di pubblicare un'espansione ogni tre mesi, il che significa cambiarti tutti i mazzi (per un'espansione che entra, una viene vietata nel gioco advanced) e introdurre carte sgrave che per certi periodi rovinano il piacere del gioco. Cominciano a vedersi le tracce del prossimo upgrade e quello non so se avrò la forza di affrontarlo.

E' arrivata la primavera? La volevamo? Qua si è passati da "non ci sono più le mezze stagioni" a "tutte le stagioni ti uccideranno". Se avessimo vissuto un tenebroso inverno anche un nerd duro e puro troverebbe conforto nella primavera, ma dopo un inverno in cui il piumone non è stato mai il fratello di cui avevi bisogno adesso il fatto che le temperature si stiano per rialzare sembra più che altro un finale sciapo di una serie TV Netflix con cliffhanger che tanto cancelleranno.
Però si sa, ingegneri e videogiocatori sono due categorie invariabilmente ottimiste. Nei prossimi tre mesi succederà sicuramente qualcosa di peggio.

“But I won't cry for yesterday / There's an ordinary world / Somehow I have to find / And as I try to make my way / To the ordinary world / I will learn to survive”

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