La strage degli innocenti
Cos'avranno poi da chiacchierare tanto questi Ingegneri, così laconici a voce quanto logorroici con la tastiera!
Muri di emoji sverbati, versi onomatopeici come adolescenti ad un concerto di una boy-band coreana... anche i più insospettabili si abbandonano all'isteria collettiva della messaggistica istantanea... e quando la chat viene meno, come nella strip di oggi, levano alti i loro lamenti!
Uno dei tanti piccoli segnali che la ruota del tempo ha girato un'altra volta, e una nuova generazione si affaccia al mondo dopo la nostra, è che anche le comunicazioni di lavoro ormai tollerano una certa sincerità emotiva: i nostri vecchi non si sarebbero mai sognati di mandare una faccina a un collega, e nemmeno noi fino a poco fa.
Il mondo insomma ha tanti trucchetti per ricordarci che stiamo invecchiando, più di quanti vorremmo, ma poche cose invecchiano più in fretta dei videogiochi.
Questa settimana le parole del capo di Xbox hanno riaperto il dibattito sulla pratica dell'emulazione: lungi da noi infilarci in un “dibattito” o (il cielo non voglia!) una “polemica”™ su Internet... ma come videogiocatori di lunghissima data (anzi, come Primi Videogiocatori) l'argomento ci accende parecchio.
Oltretutto è proprio di questa settimana il disastro totale della riedizione di GTA Trilogy. Fa davvero male vedere che un'azienda con i soldi infiniti, un'azienda che stampa danaro ogni minuto con il videogioco più di successo di tutti i tempi, abbia potuto buttar fuori un prodotto miserabile in uno stato pietoso: e tutto per una riedizione di un titoli di vent'anni fa! Ma chi vi correva dietro? (A parte il bonus trimestrale di qualche Vice President?)
I saggi hanno commentato con amarezza che Rockstar Games dimostra di considerare i videogiochi come Prodotti, e non come opere di rilevanza culturale. E se loro stessi la pensano così, chi mai dovrebbe difenderli? Ecco dunque la piccola tragedia di tanti videogiochi preteriti, abbandonati all'oblio e all'obsolescenza, ormai irrecuperabili e perduti per sempre a causa di tecnologie finite, diritti d'autore, licenze scadute.
L'unico antidoto a questa strage degli innocenti è l'Emulazione: l'emulazione è un dovere morale. L'emulazione è una responsabilità collettiva della nostra generazione: perché noialtri siamo quelli che ancora ci ricordiamo Toki sul Megadrive, che ancora serbiamo nel cuore un briciolo di amore per The King Of Dragons, e dunque tocca a noi preservare questa eredità culturale per i posteri.
La nostra è la voce di uno che grida nel deserto, come sempre. Ma il tale di cui sopra, Phil Spencer, è uno le cui parole pesano nell'Industria del Divertimento Elettronico: speriamo che qualcosa si muova.
Questa settimana l'editoriale mi è venuto fuori molto più serioso del solito, e già me ne pento.
D'altra parte, cos'altro volete da un vecchio, in un giorno cupo nel cuore dell'autunno?
In carne e ossa
Non so cosa sia questa fregola che è scoppiata per cui bisogna fare il live action di qualsiasi cosa. Finché la Disney riprendeva i suoi grandi classici e li rigirava potevo anche capirlo, parliamo di un dipartimento disperato di una grande azienda che fa soldi in altre maniere e che deve continuare a giustificare la sua esistenza dopo aver passato decenni a essere il cocco di mamma. Un qualche modo per produrre favole la disney deve trovarlo, anche a costo di cacciare attori veri dentro costumi da imbecilli.
Il problema è che questa cosa si è diffusa in maniera assolutamente casuale ed erratica. Netflix è uscita in questi giorni con Cowboy Bebop. Cowboy Bebop, assieme a Evangelion, ha fatto parte di quella clamorosa rivoluzione nel mondo degli anime di inizio millennio. Personalmente non l'ho mai amato e infatti non so nemmeno se l'ho visto tutto, ma ne capisco l'importanza. Era un cartone animato (si, lo so, uso sempre questa parola per farvi arrabbiare) profondamente estetico, in cui la storia si mischiava a una resa grafica e sonora molto ben coreografata. Non ho idea di come sia la serie live action che, dati i miei trascorsi col cartone, non vedo ragione per guardare, il problema di questi progetti, nella mia idea, è quando vantano l'aderenza al progetto originale. Scusate, ma se dovete fare un prodotto aderente al progetto originale, cioè uguale io ho già il progetto originale, che oltretutto è fatto in un media che gli è più adatto. Se pensi realmente che possa esserci qualcosa di Cowboy Bebop che ha ancora senso sviluppare lo prendi e lo interiorizzi in un progetto tuo facendo un'altra cosa. In realtà non ci sono moltissimi esempi di vicende che facendo così sono andate a finire bene, ma credo che un percorso che non cerchi una sua quota di originalità non possa che finire su un binario morto.
Non c'è solo lui all'orizzonte. Abbiamo già espresso alcune settimane fa i nostri terrori relativamente al live action dei Saint Seya, che almeno, come dicevamo, sembra vantare di poter essere qualcosa di completamente diverso. Non ci sono ancora passate le palpitazioni che dobbiamo ormai accettare il fatto che ci sarà anche un Live Action di Gundam e qui andiamo proprio a scomodare i mostri sacri. Scherza con i fanti, ma lascia stare i Mobile Suit. In questo caso torniamo a uno dei grandi enigmi dell'infilmabilità: si possono portare i robot giganti sul grande schermo? Pacific Rim è forse l'unico tentativo che si è fatto in questo senso e non è riuscito benissimo, sicuramente non è riuscito a trasmettere quelle sensazioni che dovrebbe dare un robot gigante giapponese e nella sua accezione occidentale non è riuscito a sostituire quelle emozioni con niente di utile (il meglio della saga rimane la prima metà di Pacific Rim 2, ma anche lì non si è arrivati in fondo). Gundam potrebbe dire naturalmente tante cose, da franchise con 40 anni sulle spalle che ha sempre preso di petto i grandi temi, perché alla fine Gundam è una serie TV sulla guerra, prima di essere un semplice spara-spara tra cose facilmente trasformabili in giocattoli. Difficile però aspettarci altrettanto e credo che qualsiasi rappresentazione live action della maschera di Char difficilmente sarà possibile da prendere sul serio.
Ancora più assurdo l'annuncio più recente che vuole che One Piece sia trasformato in una serie live action. L'assurdità qui sta nel fatto che non solo One piece sta bene all'interno del media anime, ma parliamo poi di uno shonen da 1000 episodi (recentemente celebrati) cioè quello che nel mondo dell'animazione giapponese è l'equivalente di una soap opera, una storia che emoziona e diverte nel suo proseguire cocciutamente continuando ad ammassare azioni fighe, il tutto con un tratto grafico a dir poco surreale. Mi chiedo proprio come si possa rendere tutto ciò riportando tutto in attori in carne e ossa, senza perdere la dignità (come si fa perdendo la dignità lo so già, perché i giapponesi questi progetti li portano avanti da sempre, ma non ci piace parlarne in pubblico).
Perché tutto ciò, ribadiamo? A me questa frenesia ricorda l'immagine del serpente che continua ad allargare la bocca nel tentativo di ingoiare qualcosa di più grosso di lui. C'è questa attuale cultura occidentale massificata, costruita intorno alle serie TV, che non riesce proprio a conciliarsi con l'altrettanto massificata cultura dell'animazione giapponese che, lo abbiamo ribadito spesso nei nostri rece-editoriali, procede per la sua strada senza concedere molto a questi nuovi sentimenti del mercato. Per inghiottirla si prova a lanciarsi in progetti sempre più ambiziosi, sempre più ampi. Se traduciamo in una serie TV quello che ci da un anime, forse poi potremo controllare gli anime? Potremo accedere a tutto lo scibile di anime e riportarlo in serie TV? Non saprei, ribadisco che progetti ben riusciti in questo senso non mi sembra ce ne siano molti (tolto forse Arisu che riportiamo qui per completezza, ma che ha avuto forse un ragionamento un po' diverso).
Il paradosso è che, di contro, ci sarebbe un mucchio di animazione da guardare in quanto animazione e in quanto meritevole. Strappare lungo i bordi, l'opera d'animazione di Zero Calcare, è un progetto clamoroso. Non credo di potergli dedicare un editoriale qui, perché è molto lontano da quello che siamo, ma il consiglio di guardarla rimane (e poi, dai, in fondo anche lui un po' è stato un webcomic, a suo modo). Di Arcane vi ha già parlato Lo-Rez. Il livello produttivo di quelli di League of Legends che non si occupano direttamente di videogiochi (devono avere un dipartimento chiamato proprio così) lo conosciamo tutti e anche qui mi sa che ci troviamo davanti a qualcosa di bello. Io, poi, ma è più personale, dovrei anche trovare tempo di vedere la quarta stagione di Miraculous Ladybug.
Cymon: testi, storia, site admin“Ma che mo' mi faccio mette le mani in bocca da uno dell'ottantanove? Seh così te metti a giocà ch'i gormiti dentro al mio cavo orale?”