Cieli blu
O Gödel, insegnaci tu la vita! Maestro dell'Università della Strada, il nostro Ingegnere delle Tenebre preferito sembra aver trovato nello Stagista un nuovo adepto da plasmare.
L'altro era Neo, circa diciotto anni fa in tempo reale... e sappiamo bene cosa ne è uscito.
Ma via, via da queste sale server illuminate di LED ammiccanti: intrufoliamoci in ben altri antri, umidi e infestati di bestie, dove a scintillare nell'oscurità sono gli occhi catarifrangenti di grossi felini carnivori... dobbiamo cantare la Preistoria, perché sì.
Perché siamo freschi di visione delle meraviglie di Horizon: Forbidden West: apriti cielo! Che visione celestiale, da sparare sullo schermo più grosso che abbiamo per non perderci neanche un pixel di cotanta magnificenza. Ora infine si è squarciato il velo e abbiamo veduto il vero volto della Nuova Generazione...! O almeno un suo accenno fugace; sappiamo e speriamo che questo è solo l'inizio, e le cateratte dei cieli ci inonderanno con la loro possanza negli anni a venire; ma intanto, facciamoci bastare questo.
La guancia di Aloy (una guanciotta invero molto pienotta: questi primitivi del futuro non sono certo denutriti) in controluce brilla della leggera peluria da pesca che si addice a una giovane piacente.
E poi ci sono le mille varietà di piante e fiori e erbe e alberi e arbusti e alghe e licheni e muschi e felci e frutti che si piegano dolcemente accarezzati dalla brezza. Un venticello così pieno e tangibile non lo sentivo da Zelda Breath Of The Wild: però qui è fatto tutto di prepotenza, con la forza bruta di circuiti da mille valvole che muovono uragani di megapixel e cotillion.
Se e come si gioca tutto questo ben di Dio, o se si nasconda davvero un videogioco sotto questa opulenza, è un quesito che lascio ai professionisti del mestiere, che sono pagati per farsi questo genere di domande: sapete che noialtri qui viviamo di sensazioni e di emozioni, di polverina di fata.
Questo nuovo Horizon ci suggerisce scorci di un futuro videoludico assai roseo, anzi letteralmente celestiale: ci sono solo Cieli Blu™ nella preistoria del lontano futuro, come profetizzava la campagna di sensibilizzazione “Blue Skies In Games” promossa da UK Resistance una quindicina d'anni fa. Quindici anni fa (noi c'eravamo a registrarlo) la gente era satura di marroni e grigi e sporcizia e fango onnipresenti nei giochi, al punto che si levarono grida di protesta come appunto questa da parte delle menti più illuminate; e finalmente oggi possiamo dire che l'industria videoludica si è lasciata alle spalle quell'età oscura, ed è ritornata ai cieli blu con nuvolette bianche, ai fiori colorati e ai tramonti romantici... che soddisfazione! Persino nei giochi di guerra, e persino quelli della Prima e Seconda Mondiale (tuttora abbondanti), la direzione artistica privilegia ormai da tempo i colori saturi e vivaci.
Corsi e ricorsi, mode passeggere, gusti volubili: ma intanto io mi godo questo momento.
Sempre questione di usagi
Oggi parleremo di una serie TV, cosa che non facciamo poi così spesso. Una serie TV Netflix, cosa che facciamo ancora meno spesso perché le serie di Netflix sono brutte. Però una serie di Netflix giapponese e allora, vedete, già si raddrizza un po' tutto, perché noi di giapponesi parliamo sempre volentieri.
Perché una serie di Netflix giapponese non dovrebbe essere brutta? Beh, è ben vero che Netflix ha dimostrato molte volte di non capire assolutamente nulla di Giappone infilando alcuni scivoloni imbarazzanti, però, in questo caso si tratta del contrario, qui si tratta di vedere se il Giappone capisce Netflix e se c'è una cosa che abbiamo sempre riconosciuto al sollevante è la sua incredibile capacità di comprendere noi occidentali e darci qualcosa che volevamo, anche se non sapevamo di volerlo.
Alice in Borderland ha una filiera di sviluppo piuttosto curiosa: nasce manga nel 2010 e viene pubblicato fino al completamento in 18 volumi. Invece di diventare il consueto anime riceve un adattamento OAV in 3 episodi nel 2014. Arriva nel 2021 e, preso dallo spirito dei tempi, diventa inaspettatamente serie TV e il suo prodotto di partenza viene considerato graphic novel (e su questo nei tempi d'oro sarebbe potuta nascere una guerra santa). Noi che siamo dell'ambiente però non ci facciamo fregare: Netflix's Alice in borderland è un anime, solo che ci hanno messo le persone vere, ma non è nemmeno un live action come ogni tanto fanno i giapponesi perché hanno deciso di impiegare una troupe da serie TV vera. E' un prodotto ibrido, insomma, che però voi potete considerare semplicemente una serie TV, perché capisco che la vita è già abbastanza complicata senza che un nerd cerchi di menarvi in giro per i media come faccio io.
La trama in breve: Arisu il perdigiorno e i suoi due amici perdigiono un bel (perdi)giorno si ritrovano in una Tokyo completamente spopolata. Ogni notte, in questa città fantasma, vengono indotti a partecipare a sadici giochi in cui viene messa a repentaglio la loro vita, pena veder scadere il "visto" e venire freddati da una pistolettata di laser direttamente giù dal cielo. Dettaglio non trascurabile: ogni volta che qualcuno vince (sopravvive) a un gioco gli viene data una carta da gioco, una banale carta da mazzo francese, solo uno dei tanti elementi che in un modo o nell'altro richiamano l'opera di Carrol citata nel titolo.
Mi è veramente difficile parlare di Alice in Borderland senza considerarlo un anime perché alla fine in realtà mette in campo delle meccaniche piuttosto classiche degli anime, come quella di rinchiudere i suoi personaggi in una sorta di universo parallelo con rigide regole crudelissime, oppure presentare una schiera di personaggi fortemente polarizzati intorno a certe caratteristiche, maschere tipiche sempre degli anime, come il teppistello con i capelli tinti che sa usare il coltello o il ragazzino asociale dall'intelligenza superiore e i capelli bianchi. Questo suo essere così aderente al materiale di partenza e, di conseguenza, questo suo forte parallelismo con le serie animate, è però interessantissimo perché è interessantissimo vedere come la produzione ha aggirato i limiti degli attori in carne e ossa senza necessariamente crollare nel live action pacchiano a cui siamo più o meno abituati.
Per esempio la resa dei personaggi più estremi è mantenuta abbastanza credibile anche a fronte di delle caratterizzazioni molto forti come nel caso di Last Boss o Chishiya. Il sadismo delle situazioni, invece, pur rimanendo psicologicamente molto forte, è graficamente limitato così da non trasbordare nel pacchiano.
Mentre lo guardavo mi è anche sorta un'interessante riflessione sul minutaggio. Se Alice in Borderland fosse stato ridotto in animazione avremmo probabilmente avuto 12 episodi da 25 minuti. Il formato serie TV è invece di 8 episodi per 40 minuti. Lo so che nella buia era del binge watching la differenza potrebbe sembrare irrilevante, però secondo me è interessante come finestre più lunghe permettano magari un maggior approfondimento dei personaggi a scapito dei cliffhanger, con situazioni come per esempio il gioco della caccia all'oni che possono essere sviluppate e completate in una sola unità, senza l'urgenza di trovare un punto dove spezzare.
Alice in Borderland è, per concludere una buona serie TV. Lo è perché, innanzitutto, è un buon anime realizzato con una certa cura, la cura che viene da un sistema di produzione maturo come quello giapponese. La trama non mi sembra fondarsi su chissà che mistero, nel senso che possiamo piacevolmente seguire l'ascesa fino al villain senza aver bisogno che questo ci stupisca particolarmente (anzi, secondo me è già ampliamente intuibile) e anche questo è buono. Inizialmente temevo che la storia si perdesse dietro una continua sequenza di "giochi", ma fortunatamente con l'introduzione della spiaggia la storia ha mostrato un diverso livello di ricchezza. Ovviamente però è difficile stabilire se il divertimento si manterrà agli stessi livelli anche con la seconda stagione.
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Regolamento: Uno sarà il lupo e gli altri tre saranno gli agnelli.
La persona trovata dal lupo diventerà il prossimo lupo.
Nascondetevi bene per non farvi trovare dal lupo.
Obiettivo. Vince chi, alla fine, è il lupo.
Tempo limite, 15 minuti. Allo scadere dei 15 minuti, i collari al collo degli agnelli esploderanno.”