Mostri
“...Anche la troppo lunga insonnia della ragione genera mostri”.
E noi non abbiamo bisogno di altri mostri: ce ne fornisce già abbastanza l'Industria dell'Intrattenimento, senza scomodare il Mondo Reale™.
Ma pensate che sfiga quando i mostri si annidano proprio all'intersezione tra Industria dell'Intrattenimento e Mondo Reale: un sottilissimo spicchio di un diagramma di Venn particolarmente maledetto, popolato di onesti raccontastorie, di guasconi simpatici, di ossessionati enciclopedici, e purtroppo anche di viscidi mostriciattoli gollumeschi che tramano nell'ombra irretiti dall'Unico Anello del contatore degli abbonamenti Twitch e Youtube.
Abbiamo già citato questi ultimi di recente, sporcando queste pagine e poi sporcandole ancora.
Mi sono giustificato (sempre a me stesso) tirando in ballo l'Etica Nicomachea e l'ira per zelum, tanto per dar sfogo all'indignazione che mi bolliva dentro quanto all'ispirazione incontenibile di certe letture altissime del momento... Ma perché continuare oggi?
Solo perché ci avviciniamo a Ognissanti e i “mostri” di ogni risma ritornano tematicamente rilevanti?
Magari un pochino sì! Ma c'è anche, vedete, questa ossessione divorante per Hollow Knight: Silksong che non mi lascia più da quel famoso 4 settembre 2025.
Una Mosca Bestia Feroce che mi ronza attorno, stupida e grassa, e non mi dà pace al sole sulle panchine del parco in questi crepuscoli ottobrini, o al chiuso di una stanzetta asettica illuminata da uno schermo.
Silksong è davvero, davvero il gioco che si dice che sia.
Vorrei parlare del gioco, e invece parlerò di come è arrivato nel mondo.
È piombato su di noi all'improvviso come uno sciame di moscerini che ti sbatte in faccia mentre vai in bici. È giunto per tutti nello stesso momento, quel fatale 4 settembre alle ore 16:00, senza far distinzione tra il popolino e gli addetti ai lavori, tra stampa e animali da palcoscenico, tra VIP bellissimi in set illuminati al neon e sfigati moccolosi coperti di patatine e pelo di gatto.
E non solo: non solo il cronometro è partito per tutti nel medesimo istante, ma i sette anni di silenzio stampa che lo hanno preceduto ci hanno consegnato, a noi tutti, un'esperienza pura e genuina.
Non succede mai.
Questa fortunosa congiuntura astrale ha messo a nudo i meccanismi che governano la critica e la comunicazione videoludica.
Per fare la recensione bisogna finire il gioco, recita l'assioma: e dunque le recensioni sono apparse alla spicciolata, man mano che il redattore eletto (di regola il Campione di ogni redazione) giungeva in cima alla vetta di Lungitela...
Ma si dà il caso che Silksong sia un Gioco Difficile, esigente: quella cima te la devi guadagnare. Non biasimo i redattori che hanno ceduto sotto l'enorme pressione psicologica e professionale di dover combattere un videogioco ostico, impegnati per giunta in una gara contro il tempo e contro i loro colleghi e concorrenti.
Biasimo invece certi meschini Vermilinguo che, arresisi al compito sovrumano, hanno preferito sviare diffondendo perfide insinuazioni su autentici Atleti Olimpici del Videoludo. I quali davvero lo avevano finito in cinque giorni, e finito per davvero (compreso l'enorme e pseudo-segreto Atto III).
Nel mezzo ci sono alcune anime belle: amatori del settore, non professionisti, che però sentono il bisogno di esternare le emozioni suscitate dai videogiochi in bella prosa. Magari anche farsi leggere da qualcuno, perché no.
La plebe si sfoga sui forum (o peggio, sui social): e nei primi giorni dall'avvento di Silksong sono nate leggende falsissime e cargo cult a bizzeffe. Tutto molto divertente. Ma alcuni, dicevamo, escono dall'anonimato, fanno un passo sotto i riflettori, e si prendono la responsabilità di Scrivere Un Pezzo.
Tipo questo.
Un racconto psicologico meraviglioso, un diario del cuore esposto in pubblico. Un atto quasi eroico perché riconosce la difficoltà del suo viaggio e il compromesso con i tempi editoriali.
C'è bisogno di questa roba, scritta dagli astri in ascesa del giornalismo videoludico. Ma un pezzo così mi dice molto più di chi scrive che del gioco: non bisogna per forza chiamarla “recensione”. Sembra una cosa da nulla, liberarsi di un'etichetta: invece è il genere di piccolo atto di ribellione per cui serve coraggio vero, perché può finire male.
Che tristezza invece vedere ancora oggi l'estro creativo imbrigliato in categorie editoriali stantie: e l'ironia è che il sito su cui è pubblicata dichiarava di essere Quello Diverso™ nel panorama editoriale italiano! (I suoi fondatori lo hanno proclamato spessissimo e in pompa magna e senza risparmiare critiche velenose a tutti gli altri.)
Ma dicevamo dei Vermilinguo. Quei personaggi di spettacolo (alcuni nel sito di cui sopra sono esponenti della categoria) derivano gran parte delle loro entrate economiche dall'aizzare polemiche su Internet: Internet funziona così.
La mia ira per zelum brucia anche perché noialtri qui su FTR saremmo in teoria toccati di striscio da queste polemiche (se esistessimo!). Sebbene infatti quei personaggi siano solo ingranaggi di un meccanismo più grande di loro, nondimeno si ergono a paladini della Purezza Critica contro il Conflitto d'Interessi... erm, e noi qui allora?
Ma scusate, noi che qui da ventiquattro anni scriviamo i nostri pensieri videoludici senza ricevere un soldo e anzi pagandoci questo sito a nostre spese? (Non è del tutto vero, mi pare che nel 2003 (!!!) o giù di lì per un paio d'anni ci abbia ospitato Multiplayer.it nel suo network)
Un sito che noi stessi ci siamo costruiti da zero con le nostre manine sante? Allergici alla presenza sui social?
Talmente liberi di scrivere quel che vogliamo, quando vogliamo, che siamo liberi persino dai lettori?
E noi allora chi saremmo, di grazia!? se non i Numi Tutelari di questo pantheon ridicolo che vi siete costruito tutto nella vostra testa?
Siamo dinosauri di un'altra epoca. Viviamo isolati in questa Fortezza della Solitudine lontana da ogni via battuta di Internet. Siamo voce di uno che grida nel deserto. Paghiamo un prezzo altissimo. Ma anche chissenefrega.
Lo-Rez: arte, storia, web designIl treno è sempre il treno
Oggi parliamo di Kabaneri della fortezza di Ferro, anime evidentemente realizzato sull'onda dell'Attacco dei Giganti, anche se, al di là di una premessa piuttosto simile, ha poi preso un'identità tutta sua e guadagnato anche un posto tra le storie prodotte nel suo anno, l'ormai lontano 2016.
La premessa: il Giappone della rivoluzione industirale è invaso dai kabane, zombie affamati dal cuore di ferro e dalle incredibili capacità. I superstiti della razza umana sopravvivono in fortezze collegate da linee ferroviarie percorse da treni giocoforza diventati macchine da guerra. Il protagonista della nostra storia, Ikoma, è deciso a sconfiggere i kabane con la scienza, ma nell'assalto della sua città viene morso. Riesce a impedirsi di diventare un kabane auto-impiccandosi e diventando un kabaneri, una sorta di creatura a metà strada, con il meglio dei due mondi. Con le sue nuove capacità riesce ad aiutare l'ultimo treno disponibile, con a bordo i notabili della città e i suoi amici a fuggire.
Sul treno incontra Mumei, ragazzina adolescente che, per tutta altra strada, è arrivata a essere come lui ma, consapevole delle sue capacità, è una sterminatrice di kabane inarrestabile.
E' evidente che Kabaneri discende dall'Attacco dei giganti in quanto a logiche di marketing, ma noi che siamo recensori smaliziati sappiamo che il genere dei mostri incontrollati che minacciano la razza umana mentre questa complotta contro sé stessa è un genere che ha radici molto lontane, di molto precedenti (mi viene in mente ora il mai abbastanza amato Sidonia, per esempio). Il quid che ha messo l'Attacco dei Giganti un passo avanti agli altri è il modo in cui ha gestito i suoi misteri misteriosi, come ha posto i suoi quesiti alla prima stagione e poi li ha clamorosamente evoluti. Tutto ciò Kabaneri non lo fa, anzi, in un certo senso sembra proprio che la serie lo sappia che non potrà andare avanti molto a lungo e quindi costruisce una vicenda piuttosto piccola, con pochi personaggi, una dinamica che si chiude in modo soddisfacente nei suoi dodici episodi lasciando però il mondo ancora allo sbando, buono per altre storie, come l'OAV che ne è seguito, ma senza spiegazioni di cosa stia effettivamente succedendo, se i kabaneri siano creature fantascientifiche o demoni o come liberarsi di loro una volta per tutte.
Proprio perché sa di avere vita breve, però, Kabaneri decide di far bruciare la sua fiamma il doppio proponendo un livello tecnico pazzesco in quanto a realizzazione e dettagli. L'ambientazione della rivoluzione industriale, con l'affascinante commistione di ingegneri e samurai e un sapiente mix di storia e steampunk permette degli scenari ricchissimi di dettagli, spettacolari paesaggi aperti e treni muscolari. Non parliamo forse della serie con i migliori combattimenti del secolo, anche perché questa cura del disegno è data anche da un uso parsimonioso del mezzo computerizzato, ma frame anche semplicissimi sono una vera gioia per gli occhi.
Kabaneri poi non verrà a offrirci la Grande Rivelazione, verissimo, ma intanto ci offre uno spaccato di società interessantissimo, come retrospettiva della storia giapponese, con i bushi ancora aggrappati alle tradizioni feudali mentre il mondo va avanti a macchine a vapore e l'eterno dilemma tra salvare l'onore e salvare la pelle. A questo scenario imponente aggiungete poi il personaggio di Mumei che, soprattutto all'inizio, quando l'introspenzione non ne smussa forse eccessivamente i bordi, è uno degli shinobi più incredibili che il mondo anime ci abbia mai consegnato, sia per cinismo che per capacità combattiva. A contraltare e ovvio secondo motore della storia Biba, l'oscuro salvatore della patria, la cui parabola a mio parere è molto bella, anche se forse nel finale avrebbe dovuto avere uno scontro un po' più importante con Ikoma. Nonostante questo le sue motivazioni, le sue azioni e le sue emozioni sono ben rese.
Kabaneri è, insomma, un anime bello. Si vede la volontà dei suoi autori di investire tanto in quegli aspetti che rendono un prodotto di alto livello, anche sapendo di non avere in mano la Storia con la S maiuscola di cui si parlerà negli anni. Anche opening e closing risultano di buona fattura, un jpop molto maturo e vendibile, che rimane abbastanza nell'orecchio.
In conclusione Kabaneri della fortezza di ferro è consigliato? Certamente sì. L'anime si compone di 12 episodi più un doppio film riassuntivo che vi ridarà la stessa storia con una cornice più cinematografica e un altro OAV che va in aggiunta alla trama senza dire molto di più. Lo guarderete con piacere, vi emozionerete dove dovrete, non avrete da districare matasse troppo complesse. Come un buon film d'azione di quando sapevano fare i film d'azione vi farà passare molto piacevolmente il tempo e con tutta la sua bellezza certamente vi lascerà dentro qualcosa.
Cymon: testi, storia, site admin“Because I made a vow. I won't run away anymore. Even if it would save me. I am not sacrificing any more lives!”