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938, 26/10/2019 - Lasciare il CV
938
26 . 10 . 2019

Il male di vivere

E se era un bell'astuccio ne sarà valsa la pena, Gödel! Ma basta scambiarsi storie da veterani del settore IT, che fa tanto Ingegneri di Mezza Età. Noi qui parliamo di videogiochi, che sono notoriamente cose da giovani!

Però lo facciamo da 18 anni, quindi... ehm. Lasciamo perdere.
Tanto più che in questi giorni è uscito proprio un gioco che fa al caso nostro, con un protagonista flaccido e di mezza età che si risveglia ubriaco nella sua squallida stanza da scapolo. Un gioco che predice accuratamente il futuro di molti di noi, dunque, ma non è questo l'unico suo pregio.
Disco Elysium (noto anche come No Truce With The Furies, ci tenevo a dirlo) è un gioco di ruolo dai molteplici pregi. Tutti lo paragonano a Planescape: Torment perché vogliono darsi un tono e fare i saputelli del videoludo, ma almeno qui vi risparmierò i paragoni saccenti (strano!). Anche perché a me gli RPG occidentali per PC non sono mai piaciuti, come potete constatare dall'archivio storico.
E allora perché mi ritrovo qui oggi a parlare proprio di un gioco di ruolo occidentale per PC? Ma perché questo ha una direzione artistica strepitosa, a differenza del solito. Questo entra di prepotenza nell'antologia del buon gusto e dell'arte curata: ogni schermata sembra dipinta a mano da un artista dell'Europa dell'Est, uno tipo Velinov o perfino il grandissimo Viktor Antonov (responsabile di Half-Life e Dishonored).
E il gioco si distingue anche per la sua scrittura eccezionalmente pregevole e intelligente (fin troppo, per i non madrelingua), nonché per un sistema di gioco che ricorda molto i giochi da tavolo e ben poco gli altri videogiochi. Niente azione in nessuna forma, solo una sequela interminabile di dialoghi: dialoghi con altri personaggi, dialoghi con noi stessi, dialoghi con i nostri talenti personificati, che ci assillano in continuazione al punto che forse preferivamo non spendere poi così tanti punti in quella skill...
Un gioco maniacale fatto per maniaci, strapieno di male di vivere neanche fosse stato scritto da un sovietico del '900. Un gioco deprimente come Kafka ma anche esilarante, nella vena di Bulgakov. Pieno anche di problemucci, ma i difetti non hanno mai impedito a un'opera di diventare una pietra miliare.

A proposito del male di vivere, ci sarebbe da commentare un trailer dell'ultimo Guerre Stellari, il Nono Episodio. Vi ho messo il link alla versione doppiata in italiano apposta per infliggervi un malessere ancora più grande.
Come dire, ho “un brutto presentimento”: mi sembra una parata di vecchie glorie riesumata per gonfiarsi il portafogli più che per qualsiasi reale necessità. Almeno si comincia finalmente a vedere qualche pianeta un po' più interessante dei giardinetti del vostro condominio. Sospendo il giudizio, naturalmente, ma il mio cuore ha già cominciato a sanguinare.

Lo-Rez: arte, storia, web design
26 . 10 . 2019

Costruire sulla sabbia

L'altro giorno riflettevo su quanto tempo abbiamo trascorso qui, è una cosa che faccio abbastanza spesso, immaginerete. In realtà non è che conta molto quanto tempo abbiamo passato noi, che siamo pur sempre l'ultima ombra della storia, ma quante altre cose abbiamo visto passare e quante, magari, ci hanno accompagnato e ci accompagnano ancora. Per esempio, mentre noi siamo nella seconda metà del nostro diciannovesimo anno ci sono ancora diversi webcomic che ci hanno ispirato e che sopravvivono ancora. Per esempio c'è PVP, che leggo regolarmente nonostante il suo sito pieno di bug e naturalmente c'è Penny Arcade che ormai è un po' più di un webcomic, ma che in fondo rimane anche un webcomic.
Ecco, non pensate tanto a noi, che non abbiamo mai riflettuto sull'utilità di quello che facciamo e procediamo allegramente a testa bassa, pensate a loro e chiedetevi: questo tipo di comunicazione serve ancora?
Il webcomic è un prodotto che nasce con il primo internet, quello dei siti handmade e della discussione veramente libera e selvaggia. Non è esattamente sovrapponibile al comic perché parla il linguaggio dell'internet. Oltre a essere vicino ai suoi argomenti è ancor a volte volutamente criptico, involuto, pieno di riferimenti. E' qualcosa di diverso dal comic e infatti ha avuto un'esatta parabola che è coincisa all'incirca con l'era della blogosfera, sia all'estero che in Italia. Passata quella, chi ha avuto voglia di sopravvivere è sopravvissuto, il resto si è spento come hanno smesso di apparire nuove idee.
Oggi, comunque, per chi c'era, ha ancora molto senso che gente come Tycho e Gabe prendano in mano le news del mondo dei videogiochi e decidano di fare una strip di commento, è quello che hanno sempre fatto. Però, se guardate la cosa at large, vi accorgete che grazie ai social ormai tutti commentano e tutti ironizzano con uno strumento che è allo stesso tempo più rapido e più grezzo: i meme.
I meme sono un oggetto cresciuto spontaneamente nell'internet, impossibile farne una fenomenologia. Certo, il migliorare degli strumenti a disposizione per la manipolazione delle immagini ha aiutato, ma non ha molto senso tracciare la loro crescita in modo preciso. Ultimamente, riflettendoci, ho pensato che tutti coloro che, in passato, hanno sentito il bisogno di fare ironia su un qualche argomento, oggi hanno attraverso i meme lo strumento per farlo così come ieri dovevano invece avere la fortuna/opportunità di scrivere una strip. Al di là della qualità il principio è, in entrambi i casi, fare ironia su un qualche concetto in un modo che possa arrivare al pubblico rapidamente.
Perché però i meme dovrebbero sopravanzare i webcomic e quindi, in qualche modo, metterli in cantina? Perché il meme è più duttile, può uscire dagli argomenti nerd e abbracciare tutta l'informazione, perché il meme è per definizione senza padrone (e i watermark possono poco contro questo) e quindi si trasmette viralmente con più facilità, perché alla fine tutti se ne sentono un po' padri. Infine perché il meme si adatta perfettamente all'ecosistema dei social, sfruttando le strutture di propagazione contenuti a suo vantaggio, addirittura diventando tormentone inconsapevole, facendo ridere replicandosi nei contesti più disparati.
Ma il meme rimane sempre un lavoro di bassa qualità, mentre abbiamo sempre creduto che i webcomic, come nuova forma di fumetto, potessero puntare a qualcosa di più, di certo, per amarli tanto, li abbiamo considerati in vari momenti qualcosa di più. Avevamo forse torto allora? Qui la domanda è più difficile, dopotutto anche il blog doveva essere un modo per raccontarsi ed è morto e tanti altri oggetti su cui abbiamo fatto esperimenti in questi anni lo sono. L'impressione che comincio ad avere, dopo aver accumulato così tanti anni di osservazione dell'internet, è che sono proprio le fondamenta di quello che facciamo in rete fatte di sabbia. L'internet ha la sua raison d'etre in quanto superficie, sottile lastra sulla nostra esistenza, alcuni di noi (sempre meno) hanno la tendenza di scavare per trovare qualcosa di profondo, ma questa cosa profonda non c'è. L'internet stessa è un'opera d'arte, un fluire di luci, colori e vita, ma ciò che vi si muove sopra, forse, è solo riflesso. Aver letto grandi opere come Penny Arcade e PVP è stato opera d'arte, lo è stato l'esperienza di farlo, ma nemmeno loro possono sopravvivere allo scorrere inesorabile del tempo se le fondamenta non permettono di aggrapparsi. In questo senso, allora, giusto esistano i meme, giusto dominino, la loro aerodinamica è più corretta per scivolare su un ghiaccio così insidioso, i loro pattini più veloci e, soprattutto, la loro consistenza è più effimera. Se tutto scorre, se tutto scompare, se niente lascia il segno, tanto vale essere biodegradabili, così anche Greta Thunberg è contenta.

“We choose to go to the Moon in this decade and do the other things, not because they are easy, but because they are hard; because that goal will serve to organize and measure the best of our energies and skills, because that challenge is one that we are willing to accept, one we are unwilling to postpone, and one we intend to win, and the others, too.”

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