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888, 27/10/2018 - Malfunzionamento badge
888
27 . 10 . 2018

I grandi paesaggisti del '900

Soltanto una settimana fa galleggiavo nelle tiepidissime acque del mare nostrum per il mio ultimo bagno della stagione (e anche il primo), ma già ora mi sembra un ricordo sbiadito a forza dai filtri peggiori di Instagram, ora che la pioggia (ma non il freddo!) è arrivata all'improvviso come uno spavento in un film horror classico, proprio quando non te l'aspetti più.
Ma chissenefrega delle condizioni atmosferiche, tanto Neo e gli altri personaggi della nostra serie Jobs sono sempre chiusi in ufficio.

E invece il meteo dovrebbe interessare perfino i videogiocatori più ossessivi tra noi, perché grazie a Red Dead Redemption 2 pare che trascorreranno un mucchio di tempo con il cielo sopra la testa, la brezza sul viso, esposti al sole e alle intemperie. Chi l'avrebbe mai detto che la natura è così affascinante?! Ci voleva una tecnologia superlativa per ricrearla faticosissimamente, spingendo al massimo i circuiti della generazione attuale, per aprirci gli occhi e il cuore alle meraviglie del nostro mondo...

Ma davvero il cielo con i suoi nuvoloni è più bello visto dentro uno schermo 4K piuttosto che fuori dalla finestra?
Sembra una idiozia da giocatori avvelenati, disadattati, eppure in fondo è esattamente il motivo per cui apprezziamo l'arte anche da quando esiste la fotografia, e la fotografia anche da quando abbiamo gli occhi per guardare il mondo che ci circonda.
Lo spettacolo di Red Dead Redemption 2 è talmente manifesto che possiamo accostarlo ai capolavori della pittura paesaggistica americana senza fare la figura dei mentecatti. Abbiamo atteso a lungo, ma finalmente nel 2018 il momento è giunto.
In quell'articolo si afferma tra l'altro una cosa di una arroganza sconvolgente, ma vera: che è passato il tempo in cui la grafica dei videogiochi si ispirava al cinema per costruirsi uno stile fatto di effetti cromatici, giochi di luce e distorsioni ottiche. Il videogioco contemporaneo è abbastanza sofisticato da aver raggiunto una sua indipendenza espressiva, e può ispirarsi direttamente alla realtà.
E dunque niente filtri di Instagram da vecchio West, niente grana e graffi da pellicola, che stonano perché non c'è nessuna pellicola; niente fondali montuosi di cartone, né nuvole dipinte su un cielo piatto. È la foschia naturale a sfumare e desaturare i colori all'orizzonte, sono le ombre delle nuvole a oscurare la prateria, è il freddo ad arrossare i volti dei personaggi. Pare di sentirlo.

Lo-Rez: arte, storia, web design
27 . 10 . 2018

Be my sword

Trovo sempre inquietante che la gente legga la posta su quei sistemi a linea di comando, ma dopotutto io uso come editor per il software gVim quindi ognuno merita di tenersi strette le sue paranoie. Ora però receditoriale!

Noi nerd anziani non possiamo correre dietro agli shonen. Sono millemila episodi che non possiamo bingiare e di certo non torniamo a casa da scuola per pranzo per poterci vedere gli episodi giorno per giorno. Avremmo però piacere lo stesso di guardare qualcosa di frivolo ogni tanto, senza correre dietro alle opere anime più impegnative del mercato. In questo ci viene sicuramente in aiuto la larga produzione di anime derivanti da videogiochi. Non è che questi anime siano necessariamente di serie B, ma abbastanza pacifico che si tratti spesso di frivole commercialate che quindi possono aiutare ad alleggerire la mente. Era stato, per me, ai tempi con Tales of Zestiria, torna a esserlo oggi con Katsugeki Touken Ranbu, basato su un gioco di carte collezionabili free-to-play.

La trama in spicciola vede Saniwa, saggio millenario (o scienziato, chi lo sa) vegliare sul fluire del tempo, minacciato dai predatori del tempo che vengono da lontano, una galat... no, dai crono-regressori, i quali vogliono cambiare la storia del Giappone (non sto a spiegarvi perché proprio quella del Giappone). Per impedirglielo egli manda in giro per la timeline delle spade leggendarie (alcune tracciate nell'effettiva storia del Giappone, altre più curiose) che però sono divenute nel frattempo delle vere e proprie persone. Questi samurai mistici si trovano quindi di volta in volta ad affrontare i loro mostruosi nemici mentre intorno a loro la vera storia cerca di procedere sul suo corretto corso.

Il corso della storia è forse il primo punto su cui vale soffermarci, nella disanima di Touken Ranbu. Quando si parla di Giappone nel passato ci si trova sovente a confrontarsi con spezzoni più o meno coerenti del Sengoku Jidai. Il motivo è abbastanza ovvio: il Sengoku Jidai è l'epoca dei samurai fighi, l'epoca della maggior parte delle leggende, l'epoca in cui, soprattutto noi nerd, ci aspettiamo sia successo questo e quest'altro, andando a ruota alla mitizzazione che la stessa epoca ha avuto nella cultura pop. Touken Ranbu, invece, si svolge principalmente durante la guerra Boshin, ovvero il conflitto che ha visto la fine dello shogunato Tokugawa nonché la fine dell'isolamento Giapponese nei confronti dell'occidente. E', per capirci, il periodo a cui fa riferimento anche Shogun: Total War 2. E' un'epoca molto più vicina a noi (1860), in cui il combattimento samurai era stato ormai trasfigurato dalla tecnologia, un'epoca che necessariamente bisogna affrontare con una diversa serietà. Personalmente ho trovato molto stimolante il lavoro che è stato fatto, sia perché si scende molto spesso nel dettaglio di eventi che probabilmente sono ovvi per dei Giapponesi che hanno studiato storia a scuola (così come noi possiamo ritenere oggi, diciamo, le Cinque Giornate di Milano), ma che ovviamente arrivano a noi per la prima volta. C'è anche una sorta di "linea editoriale" nel modo in cui questi eventi sono resi, estremamente conciliatoria per quel che riguarda le fazioni. La fazione che verrà sconfitta dal conflitto (e che quindi i giapponesi attuali avevano tutto il diritto di dipingere negativamente) viene trattata con notevole rispetto e le sue azioni, per quanto "sbagliate" vengono giustificate come corrette, solo fatte prendendo un punto di vista che si è rivelato perdente.

Ma a parte la lezione di storia, che si può dire di Touken Ranbu? All'incirca che rispetta le parche attese. I nemici sono degli zombie anonimi che poco contribuiscono a rendere la trama stimolante. I protagonisti, derivati dalle "carte" del gioco online sono divertenti nella loro varietà e, a volte, nella loro profondità storica. L'anime non ha pretese di ampio respiro, comincia in media res e finisce chiudendo il suo story-arch locale, lasciando intendere che non ci saranno grandi approfondimenti per capire i retroscena globali. L'arte è senza infamia e senza lode mentre i combattimenti fanno decisamente il loro dovere, soprattutto considerando il climax finale. Le musiche pure rientrano esattamente nella media, senza rimanere granché in testa, ma senza infastidire.

Esiste qualcosa che rappresenti l'anime riempitivo più di Katsugeki Touken Ranbu? Probabilmente no. Guardatelo quando proprio non avete voglia di impegnarvi e volete farlo con degli anime, prendetevelo per un viaggio in treno lungo o qualcosa del genere. In questo senso non vi deluderà. E poi potrete dimenticarlo senza rimorsi.

“Più onorevole di un vero guerriero”

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