Raquel Welch
Spiace constatare che i cari vecchi Neo & Gödel, cui siamo affezionati (?) ormai da 16 anni, appena ne hanno l'occasione danno sfogo ai loro più demoniaci istinti e si approfittano in maniera ignobile del povero piccolo Stagista Vietnamita, l'ultimo arrivato nel cast di FTR.
Non si fa, ragazzi. Quindi mi piace pensare che non sia un caso il poster di Raquel Welch in 1 Milione di Anni Fa (1966): dopotutto si tratta dello stesso poster appeso per nascondere il cunicolo per evadere di prigione in Le Ali della Libertà (1994), un film notorio per la sua rappresentazione di brutali abusi tra e sui detenuti.
Le palpitazioni indotte da Blade Runner 2049 non si sono ancora chetate: lo spettacolo è troppo sontuoso, la colonna sonora troppo roboante. Ma come da mia tradizione oggi voglio occuparmi dei difetti del film.
Né l'originale né questo seguito sono fantascienza hard, sicché non ha molto senso indignarsi per l'implausibilità scientifica e l'assurdità pratica dei Replicanti identici agli umani: mi sta benissimo. Però mi sarebbe piaciuto che questo nuovo film, in questa epoca, affrontasse la questione dei replicanti con un po' più di consapevolezza per le tecnologie moderne, in particolare l'Intelligenza Artificiale. Cioé avrei voluto che questi replicanti assomigliassero un po' di più agli androidi di Westworld. Che si notasse almeno un pochino che sono artificiali, se non altro nella mente... perché altrimenti dove sta il dilemma?
Va bene che l'Intelligenza Artificiale è rappresentata già più che degnamente dalla waifu dei sogni, ma il suo personaggio è più vicino alla poetica di Her.
Devo controllarmi, il Cinema sta sgorgando da me come un fiume in piena in questi ultimi editoriali. Ci proverò.
Tutto questo Cinema mi ha fatto ignorare un Tokyo Game Show 2017, ma anche una Milan Games Week 2017, notevole esclusivamente per suo il torneo ufficiale di Street Fighter V.
È triste, ma purtroppo il Tokyo Game Show è stato del tutto trascurabile quest'anno: nulla che mi abbia entusiasmato, anche se non l'ho seguito con la partecipazione degli anni scorsi. Troveremo comunque qualcosa di bello di cui parlare in futuro, probabilmente.
Intellettuali del menga
E' il vostro momento, fan dell'anime impegnato, feticisti del momento di cultura, snob appassionati di vicende introspettive che elevano il vostro media al di là delle vette che da sempre gli convengono. E' suonata la vostra ora, è la resa dei conti, è uscita la quarta stagione di Symphogear! Sculacciate che piovono!
Symphogear - lettere a caso in parte differenti dalle lettere della stagione prima - era stato annunciato con arroganza già alla fine della terza stagione, il cui receditoriale è qui, sperso nel 2015. Le ragioni per cui Symphogear continua ad avere nuovi episodi e continuerà ad averne (la quinta stagione è praticamente certa) li ho già sviscerati in vari momenti, quindi non mi soffermerò. Credo anzi che forgerò un editoriale puramente di giudizio, al massimo viziato dal mio amore morboso per le intonate e per quello che gli sta intorno.
La mitologia di Symphogear non è esattamente disegnata con grande precisione, ma non ha perso compattezza nello spalmarsi su quattro stagioni. Da una parte abbiamo la cosiddetta tecnologia eretica che fa capo al mitologico personaggio di Fine e che, in qualche modo, è in conflitto col divino che dovrebbe avere sede sulla Luna. Dall'altra parte, invece, abbiamo gli alchimisti, che fino a Carol abbiamo creduto semplicemente blandamente legati al mondo dei poteri symphogear, ma che in questa ragione invece scopriamo essere in aperto conflitto proprio con Fine da un botto di secoli, proprio per la diversa visione su quello che è il potere divino.
La realtà dei fatti, comunque, è che l'interno universo è descritto con più profondità nel paragrafo qua sopra (che ricollega un po' tutti gli avvenimenti delle serie) che nel cartone effettivo, che pur cercando ogni tanto di gettare qualche evocativo richiamo mitologico non affonda mai granché nella ricca vena della sua tecnomagia, questo detto con rammarico, perché potrebbero vedersene delle belle.
Dopotutto, Symphogear vive e trionfa della sua ignoranza Shonen e della sua ripetitività rituale. Ecco quindi che anche in questo AXZ compare un nuovo gruppo di ambigue ragazzine che naturalmente hanno dei poteri e, volendo, pure delle armature. Secondo un meccanismo ormai abbastanza scontato queste ragazzine vorrebbero la fine del mondo, ma per dei buoni motivi e così, col procedere della storia, si scoprono sfruttate da un ubercattivo, in questo caso il lodgemaster Adam Weishaupt, che ha ovviamente il desiderio della conquista dell'universo. Mentre quindi loro si avviano verso una blanda redenzione, le nostre sei intonate, intanto, galoppano lungo la storia alternando i consueti combattimenti contro (alca)noise a momenti di technobubble che dovrebbero portare al miglioramento delle loro capacità e, di conseguenza, all'aumento delle loro capacità di sconfiggere il male. Questo fino allo scontato e un po' meccanico trionfo finale (raggiunto però con un'escalation che il mio vecchio cuore non può che giudicare notevole).
Non è che il mio lato irrazionale, di fronte a questo AXZ, non sia rimasto sedotto, ma persino io devo ammettere che l'anime, dopo tanti anni, comincia un po' a mostrare la corda. Sebbene la profondità narrativa non sia poi più meschina che le altre volte, si avverte proprio una stanchezza o quantomeno un'incapacità di uscire dal proprio cliché. Un po' come accadeva già in GX vengono costruite delle side-story che cercano, in maniera un po' casuale, di approfondire la psicologia di alcuni personaggi. In GX, però, questi momenti, per quanto estemporanei, erano piuttosto forti, mentre qui appaiono brutalmente accessori anche quando provano a focalizzarsi su aspetti effettivamente interessanti. Questo di certo non giova a uno schema principale che più meccanico non si può, con combattimenti randomici e un procedere assolutamente ottuso verso il finale.
Sicuramente una ferita aperta è anche il lato tecnico e soprattutto musicale della serie. Symphogear AXZ ha forse la migliore ending delle quattro serie, ma per quello che riguarda la musica all'intero dell'anime (parte integrante della sua forza) questa si vive proprio male, malamente amalgamanta all'azione e scritta di fretta. Nelle altre stagioni c'erano dei momenti in cui effettivamente le protagoniste cantavano in delizioso delirio J-POP, mentre qui si limitano a sovrapporre alle scene action degli striduli acuti senza costrutto.
Concludendo non ha alcun senso, naturalmente, che dia un giudizio positivo o negativo a Symphogear o che, peggio, vi consigli o sconsigli la visione. Se siete arrivati con me a questa quarta serie non potrete farne a meno e se siete affezionati alle ragazzine come lo sono io non vi dispiacerà nemmeno guardarla. Il problema, forse, è che io per primo vedo del potenziale in tutto il sistema Symphogear, una capacità di esprimere un anime un po' più corposo e maturo, e tutto ciò viene sistematicamente buttato via, mi sembra, in realtà più che altro per pigrizia. Le cose possono anche essere andate bene un paio di volte (la prima serie, ovviamente, è un capolavoro a sé che non aveva bisogno di tante pippe), ma sperare di continuare così per cinque volte mi sembra un po' troppo. Vista la solidità del brand, probabilmente persino noi avvelenati possiamo pretendere un po' di coraggio.
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