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1048, 15/01/2022 - Amuchina Cooling
1048
15 . 01 . 2022

La tombarola

La ferita brucia ancora sotto il sale sparso dalla grande Campagna dell'Odio di settimana scorsa.
Come in The Last Duel (2021), anche qui ci sono tre protagonisti: io, la mia Nostalgia violentata e Matrix 4, marrano maledetto. Non poteva che finire con una impressionante esplosione di violenza.
Ma una volta assaggiato il sangue è difficile comandare alla Bestia di ritornare a cuccia... e dunque ci aggiriamo ancora per queste colonne assetati di sangue, grondanti sangue dalle fauci, in cerca di un'altra preda sbranare... bel modo di iniziare l'anno! Sarà la Situazione che ci incattivisce come belve in gabbia.
Oggi il mio sguardo famelico si è posato su una facile preda, vecchia e isolata dal branco: Tomb Raider, Quello con gli Incas (2018). O i Maya. Questo titolo ci è stato regalato per le feste dal nostro Zio d'America, Epic Games Store: ma non per questo ritrarremo gli artigli. Piuttosto, questo titolo ha un po' di anni sulle spalle, e passi celebrare i capolavori del passato, ma nemmeno su queste pagine siamo tanto arteriosclerotici da insistere sui difetti di un gioco vecchio. E allora questo povero vecchio Tomb Raider ci darà lo spunto per criticare il genere tutto, vecchio e meno vecchio.

Sì, sto sfregiando la sacra colonna di FTR scrivendo di un gioco popolare come Tomb Raider, un gioco che i bamboccini si trovano per le manine quando rovistano nel cestone dell'Esselunga. Perché tutto sommato non sono un hipster con la barba come un baleniere dell'Ottocento: ogni tanto gioco anch'io i Giocazzi Popolari Mondiali.
Ebbene, veniamo alla critica. Quest'ultima trilogia di Tomb Raider (ma anche gli Uncharted eccetera) mi sembra un esempio eclatante di quella che i filosofi professionisti (e gli Youtuber per undicenni) chiamano Dissonanza Ludonarrativa™: ovvero abbiamo una protagonista che nelle scene di intermezzo e nei materiali promozionali è caratterizzata come un essere umano sensibile ed etico, una giovane Donna Forte esempio per tutta la sua generazione... ma poi nel gioco le facciamo ammazzare decine e centinaia di altri esseri umani senza batter ciglio.
Lara è l'eroina senza macchia... ma quando emerge da un tempio Inca/Maya/Azteco dopo aver letteralmente guadato fiumi di sangue umano e calpestato decine di cadaveri squartati di fresco, tutti i suoi commenti sono per quell'antico vaso mesoamericano del tredicesimo secolo.
Lara è il volto Politicamente Corretto di una Campagna in Difesa dell'Ambiente... ma ora che arrivi alla fine ha sgozzato duecento capibara, scannato trecento furetti maculati, e strappato migliaia di orchidee in via d'estinzione per farsi le munizioni avvelenate.
Non solo è ridicolo, ma è proprio surreale. È una contraddizione grossolana che svilisce l'intero mezzo videoludico. Anche con certi film d'azione succede la stessa cosa, ma questa è proprio roba degna di una parodia di serie Z con Ezio Greggio.
Altrettanto becero è il conflitto tra il pathos delle sequenze narrative e la microgestione delle risorse: un titolo narrativo di stampo cinematografico non può farti divagare ogni due passi per rovistare nei rifiuti. Lara è lì, inquadrata da dietro nella penombra, mentre penetra tra le rovine mai scoperte di un'antica civiltà, la musica evocativa e i movimenti di camera maestosi... ma tu appena ritorni ai comandi torni indietro e spacchi a calci i vasi nell'angolo per raccogliere pezzi di legno e stracci.
Ormai il contrasto è insostenibile, ingigantito dalla tecnologia ultra-realistica e dalle ambizioni narrative di oggi. In parte è anche colpa della fissazione moderna di infilare elementi RPG anche nei giochi d'azione, che ti ossessionano ad ogni passo con la raccolta delle risorse e dei punti esperienza. Se Tomb Raider fosse azione pura come nei primi e primitivi titoli con Lara esca per adolescenti dalle forme triangolari, allora almeno non ci sarebbe bisogno di cacciare dieci porcelli della giungla albini. E forse finalmente potremmo lasciarci trasportare dal senso di avventura, dall'entusiasmo dell'esplorazione, e fare “Ooooh” a bocca aperta quando il gioco lo richiede.
Una struttura anticonfluenziale (fosse un romanzo diremmo così) che incoraggia la divagazione e i compiti ripetitivi e veniali... unita assieme a una struttura rigidissima e limitata nelle fasi narrative: questa drammatica contraddizione mina le fondamenta stessa del genere che va per la maggiore oggi.
Non tutti i giochi devono fare tutto: i minestroni da maiali lasciamoli ad Assassin's Creed e alla sua genìa. Servono più titoli più concentrati, che hanno bene in testa quello che devono essere e quello che devono evitare per non coprirsi di ridicolo.

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15 . 01 . 2022

Persa nel suo labirinto

L'ultimo regalo natalizio di Epic quest'anno è stato la trilogia di Tomb Raider, ma quella rebùt, cominciata nel 2013. E' sempre stato strano il mio rapporto con Tomb Raider, non ho mai visto niente di epico nel personaggio di Lara Croft eppure, anche così, ricordo di aver completato almeno un paio dei videogiochi che nella storia l'hanno riguardata. Anche stavolta, appena i titoli sono stati nella mia libreria, non sono riuscito a trattenermi dall'installare il primo e, diamine, girava pure bene sul mio PC e, diamine, caspita che gioco.

Al di là del mio rapporto personale con Lara è indubbio che la sua importanza per FTR sia enorme. Quando siamo nati, nel 2001, mi sembrava impossibile non inserire nel fumetto anche un riferimento a Lara Croft e così nacque Clara Croft, la nostra Clara, quella che oggi vedete al reparto Marketing e, se magari non siete aficionados di lungo corso, nemmeno sapevate essere la sorella misconosciuta della Lara dei videogiochi (non che non avreste una pagina dedicata al cast, ma sia mai che andate a leggere i testi collaterali alla strip. O gli editoriali).
E' principalmente per questo che non mi vergogno di venire qui a parlarvi di quello che penso di questo Tomb Raider 2013 nonostante sia un gioco che appartiene al passato di tutti voi, diciamo che ne sento il diritto e mi aiuterà anche a tirare i fili di certi ragionamenti.

Perché non è che non ne abbiamo parlato, in passato, di questo Tomb Raider 2013, anche non giocandolo, perché fu un gioco che fece un certo scalpore, in qualche modo rappresentò un piccolo trauma per l'utenza. La leggenda voleva che a un certo punto la nostra protagonista venisse stuprata, o si provasse a farlo o insomma, ci si comportasse con lei come non si dovrebbe con un'eroina dei videogiochi. La verità dei fatti è molto più blanda, ci sono certi uomini cattivi (cattivissimi) che a un certo punto hanno degli atteggiamenti lascivi nei confronti di Lara, ma tutto si risolve in pochi attimi, attimi che coincidono anche con la prima volta che Lara uccide qualcuno, avvenimento che è vissuto proprio come un trauma, dalla protagonista, come si confà al meglio cinema del genere.
Il trauma, in realtà, è proprio il bello di questo Tomb Raider, un gioco in cui Lara passerà tutte le ore di gioco, invariabilmente, a lamentarsi e gemere (ehm), ferita, spaventata, bagnata (ehm) infreddolita, sanguinante, urlante, torturata. Nei primi sette minuti di gioco, quasi nemmeno il tutorial, la nave su cui ci troviamo si schianta contro gli scogli e si spezza in due. Noi cerchiamo di sfuggire ai suoi corridoi che si stanno riempiendo di acqua, ma quando proviamo a saltare tra le braccia del nostro mentore questo non riesce a prenderci facendoci cadere nei flussi. Veniamo gettati dalla risacca sulla spiaggia e vediamo i nostri amici presi a botte da degli specie di predoni e poi ci tirano una randellata in testa. Ci svegliamo appesi a testa in giù, ci liberiamo, ma cadiamo su un lungo chiodo arrugginito che ci passa da parte a parte. Con un buco nella pancia di trasciniamo per dei cunicoli angusti e veniamo inseguiti da un maniaco. Nel liberarci di questo facciamo crollare la grotta e dobbiamo correre all'esterno in qualche maniera per non essere schiacciati sotto le pietre.
In sette minuti, manco il tempo di capire dove si trovano tutti i tasti.

Il trauma, però, è un elemento videoludicamente strano parlando di Tomb Raider. Lara Croft nasce negli anni novanta, negli anni di videogiochi d'azione anni novanta e dei film d'azione anni novanta. Lara Croft nasce piatta. Cioè... Lara Croft nasce narrativamente piatta, è una miliardiaria inglese con il vizio dell'avventura, non si spaventa davanti a nulla, è sempre lì a gettarsi a rotta di collo in qualsiasi avventura. Va bene così, il cuore del primo Lara Croft era reinventare il mondo dei platform una volta ottenuti dei motori 3D abbastanza efficaci per farlo, non raccontare una storia. Però Lara Croft è diventata un'icona, un'icona per una dozzina di ragioni che negli anni ci siamo impegnati a raccontare persino su FTR, lo è diventata per la sua immagine, per la sua forza, per il suo design. A seguito dei giochi originale è vero che già provarono a darle un passato, ma sappiamo bene che queste operazioni a posteriori sono sempre un po' fan-service e un po' paracule, mancano dell'empatia necessaria per funzionare.
Ed è empatia, assieme a trauma, la chiave di volta di Tomb Raider 2013. Stiamo parlando di un gioco che più che farti interpretare Lara Croft ti fa essere con lei e ti fa vivere da testimone della sua crescita, una crescita clamorosa per il tipo di gioco di cui parliamo. Certo, una crescita anche ridicola, soppesata sul gameplay, visto che passiamo dal vivere con grande conflitto interiore il nostro primo omicidio al massacrare nemici a manciate come i peggiori Oliver Queen, ma una crescita che, al netto di quello che deve concedere al nostro divertimento di aridi videogiocatori, è coinvincente, ci fa arrivare alle ultime immagini del gioco (con tanto di doppia pistola assai gigiona) come si arriva in fondo al percorso di un ottimo romanzo di formazione, con la protagonista cambiata, cresciuta, evoluta. E la cosa più bella, per chi la vede la cosa dalla mia prospettiva, per chi è partito dagli anni 90, è che la Lara Croft del finale di questo Tomb Raider è Lara Croft. E' un personaggio potente, invincibile, coraggioso, sempre pronto ad affrontare il pericolo e a sconfiggere chiunque. E' un cazzo di badass esattamente come la sua prima incarnazione. Ma adesso sappiamo perché è diventata così.

Ho spesso parlato male della generazione triplaA che comunque si trova tutt'oggi al centro del mercato videoludico, ne ho sempre parlato come la fase terminale dell'evoluzione del gameplay. Per molti anni, per tutta l'epoca d'oro, i giochi erano successi clamorosi nel momento in cui inventavano nuove dinamiche e convincevano il giocatore a provarle. Questo, oggi, non esiste quasi più (in un certo mercato), inutile che ci prendiamo in giro. Possono cambiare certe calibrazioni, possono esserci delle sfumature differenti, una componente ruolistica gestita diversamente, ma parliamo sempre di sfumature all'interno di uno spettro ben determinato di scelte. Anche se Control (per dire un altro titolo di cui ho avuto esperienza diretta) e Tomb Raider non sono decisamente lo stesso gioco riusciresti a far fare a Jesse quello che fa Lara e viceversa.
Questa specie di schema consolidato, più che cristallizzato, però, forse lascia anche a questi generi degli sbocchi narrativi più sperimentali, costringe in qualche modo gli sviluppatori a dare un certo carattere ai loro personaggi, a creare delle storie che finiscano col sopravanzare il fatto di essere sempre dietro la spalla del protagonista e salvare. E' stato certo per Assassin's Creed che ha fatto uscire Ezio Auditore dallo schermo assieme alla sua Firenze e alla Storia che rappresenta, lo è stato per la fantascienza straniante di Control e adesso posso dirlo che lo è stato per l'intima vicenda mostrata in Tomb Raider.

Insomma, Tomb Raider 1996 inventò un modo di fare platform che non c'era e si limitò a costruire una protagonista ottima da mettere sotto i riflettori e da tenere la centro del suo immaginario. Chi fosse quella protagonista veramente e quale fosse la sua tridimensionalità umana (narrativamente parlando) lo ha potuto però fare solo Tomb Raider 2013, senza inventare nulla dal punto di vista del Gameplay, ma scoprendo di avere la possibilità di raccontare.

Trovo infine tragico che nel 2018 presero tutto il prezioso materiale di questo gioco 2013 per farne un film e sostanzialmente buttarono via quello che c'era di buono, riproponendo alla fine la stessa piattezza che già era (più legittimamente) dei film originali con la Jolie. Credettero tutti di scamparla con un prologo dove la povera Lara è povera e va in bici ed è una di noi, per poi darle la solita isola tutta saltelli e trucchi per aprire porte di pietra. Un film che effettivamente avesse cercato di affrontare quello che Tomb Raider 2013 è sarebbe stato un gran film, avrebbe rappresentato una maturazione del cinema d'avventura che probabilmente non siamo ancora pronti a vedere.

“Il mio ragazzo guida una Fiat / In piena notte in cerca di guai / Noi siamo una coppia fica / E tu, bamboccio, solo rimarrai”

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