Strip
serie
936, 12/10/2019 - Cancelleria
936
12 . 10 . 2019

HK

Povero Stagista! Venuto al mondo solo per soffrire, vessato dalle angherie quotidiane di Neo & Gödel! Quando lo abbiamo concepito non è stato con malizia, giuro, anche se in effetti già nel lontano 2008 il nostro TheRabbit stigmatizzava così, lapidario, il ruolo dello Stagista nel settore dell'Informazione:
“Tipo un pet, ma con meno diritti”.

Ho deciso che questo editoriale sarà un santuario naturale libero dalle ossessioni del momento, che sono Death Stranding e la moda di ACRONYM.
Sono tempi tormentati, in cui perfino i videogiochi diventano terreno di scontro ideologico. La guerra della disinformazione imperversa anche nei regni della fantasia, per difendere interessi nel Mondo Reale. Che tristezza.
L'estremo oriente è il teatro di guerra principale, e solo nell'ultima settimana case storiche e importanti come Blizzard (e meno storiche come Riot Games) hanno violentato il mondo fatato dei videogiochi con l'intrusione di censure e repressioni ideologiche nei confronti di certi giocatori famosi, per conto dell'onnipotente impero cinese. Perfino Apple ha mostrato proprio tutto il contrario di quel Coraggio™ che propaganda nei suoi prodotti, piegandosi come una canna al minimo refolo di vento da oriente.
È quindi con un certo stranito disprezzo che devo guardare l'ultimo video musicale di League Of Legends. Lo scorso inverno l'esistenza stessa di questo sito e dei suoi autori è stata sconvolta dalla potenza di un altro video, KDA: Pop/Star. Ma oggi è diverso: questo video che ha per protagonisti persone reali del mondo reale, celebra i trionfi di giocatori professionisti in gran parte orientali, ma è impossibile non notare il contrasto con il modo in cui il mondo reale sta trattando quelli tra loro che sono considerati sgraditi.
Il successo, a quanto pare, non è proprio per tutti.

La generazione al comando è cresciuta videogiocatrice, ed è solo naturale che porti i suoi conflitti anche sul terreno virtuale. E anche se c'è qualche squilibrato che usa i videogiochi per perpetrare il male, ci sono tutti gli altri che invece dai giochi traggono solo diletto e profitto: per restare ottimisti consiglio questo articolo e anche quest'altro, che si salvano dallo squallore generale del giornalismo contemporaneo.

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12 . 10 . 2019

The day we stand

Inutile enumerare le infinite volte che abbiamo tenuto lontano il mondo reale da questo sito. Lo abbiamo sempre fatto con cognizione di causa, abbiamo sempre creduto che se volevate informazioni o pareri su dei temi "seri" non sareste venuti a cercarli qui, per cui, indipendentemente da quanto importante fosse quello che scuoteva le genti, non abbiamo continuato sempre a fare il nostro umile lavoro. Avete cliccato sul link a FTR per sentire di videogiochi e cazzate. E' nostro dovere fornirvi videogiochi e cazzate.

Poi, però, ci sono quelle aree grige in cui i videogiochi smettono di essere cazzate e allora è un po' più difficile muoversi. Beh, abbiamo alcuni temi cardine, roba per cui ormai abbiamo fatto la gamba, ma ogni tanto quello che accade esula anche da questo e quindi la domanda se includerlo o no in ciò che può essere materiale da editoriale è legittima e si prende sempre qualche minuto.

Non si può parlare di BoycottBlizzard e non parlare della situazione di Hong Kong. Non si può spiegare l'esplosione di immagini di Mei di quest'ultimo periodo senza finire dentro fino alle ginocchia in qualcosa che è proprio la più appiccicosa, densa e problematica vita reale. Viene proprio la voglia di lasciare la cosa di là e dedicarsi ad altro. In altre epoche però mi sarei sentito legittimato a farlo, adesso invece non mi sembra proprio il caso.
In breve (per il lungo, tanto per rimanere seri, beccatevi la CNN), un giocatore di Heartstone ha sfruttato un evento Blizzard legato al gioco per esprimere il suo sostegno alle proteste di Hong Kong. Blizzard gli ha impedito di ritirare il premio e gli ha dato un anno di ban (in queste ore mi par di capire che le "pene" siano state ridotte, ma il ban rimane). Questo atteggiamento non è piaciuto molto al seguito dell'azienda che ha deciso di avviare un'azione di boicottaggio che ha avuto anche una sua efficacia, se è vero che Blizzard stessa si è trovata a disattivare la funzionalità di disiscrizione dai suoi servizi, ma che in realtà non ha spostato poi di molto la posizione della società che, difendendosi dietro i regolamenti del torneo dove è avvenuto il fattaccio, rivendica di dover tenere fuori dai videogiochi vicende che non gli appartengono (come ho scritto nel mio cappello iniziale, curiosamente) e anche senza gudicarle deve agire da censore. Inutile però non notare, a latere, anche gli interessi di Blizzard nel mondo cinese e come quindi agire in modo meno rigidi potrebbe portargli danni effettivi su un mercato che, ricordiamolo, comprende più di un miliardo di utenti (il caso della NBA è ovviamente parallelo, ma questo è un sito di videogiochi, non fatemi doppiare tutti i discorsi, dai).
Facciamola breve: non credo sia più possibile, per un'entità come Blizzard, chiamarsi fuori da vicende del genere e quindi mostrarsi supina agli atteggiamenti censori della Cina. Nel momento in cui intendiamo il media videogioco come un media maturo (e con media intendiamo soprattutto le sue possibilità di aggregazione come negli eventi di esport) dobbiamo accettare che rappresenta probabilmente il media più "ecumenico" datoci dalla nostra epoca. Un videogioco riesce a fare il giro del pianeta molto più velocemente di qualsiasi altro prodotto d'intrattenimento e comunicazione, solcando le veloci rotte della rete, ma anche impattando ovunque con lo stesso linguaggio. I videogiochi, al contrario di cinema e serie TV, fanno molto meno fatica a penetrare in mercati diversi da quello dove sono nati, tanto che sugli stessi canali vediamo proposti giochi giapponesi, europei o americani messi tutti sullo stesso piano, in cui è il giocatore (al di là del tema linguistico) ad adattarsi a meccaniche e idee lontane. Anche la Cina, letteralmente circondata da un mondo "capitalista" sostanzialmente omogeneo, non ha potuto fare a meno di cedere alle pressioni di questo mondo e arrivare quindi a condividere alcuni di questi contenuti. Lo ha fatto, però, senza poter esercitare quel controllo capillare che è riuscita a impiegare sull'internet in quanto sistema di comunicazione perché per l'appunto il videogioco trae la sua forza dalla condivisione e dalla diffusione e per quanto vasto sia il mercato interno cinese, la forza planetaria del resto della rete non è apparsa eguagliabile.
Questo ecosistema rende quindi la Cina vulnerabile a certe strategie comunicative che, venendo genuinamente dal basso, non possono essere regolate. La leva della nazione, a questo punto, è di tipo economico sull'azienda che sostiene il prodotto attraverso cui tale comunicazione è passata. La strategia aziendale in risposta ad attacchi del genere è fisiologicamente abbozzare, ma possiamo oggi parlare di Blizzard (Activision) o delle altre mega-major del divertimento elettronico semplicemente come di aziende?
Sostanzialmente un'entità come Blizzard muove, mediante i suoi utenti, quanti gargantuesche di denaro che recupera worldwide. Difficile parlarne come di un'azienda "americana" perché parliamo di una multinazionale diffusa a livello globale. Anche non volendo scendere a questi aspetti più prosaici della sua struttura, è vero che ha in mano un sistema di comunicazione con cui parla a milioni (milioni) di persone e tramite cui riceve informazioni su milioni (milioni) di persone, forse con un'efficacia, oggi, che anche i grandi network di informazione non hanno. Se allora deve esistere un'etica dei network di informazione tradizionali che li pone quantomeno a interrogarsi su certi temi, non è forse anche il tempo che lo faccia anche Blizzard? Non è ora che accettiamo anche un'entità come Blizzard, esattamente per il lavoro che fa, come un attore della società in senso lato, le cui azioni non sono prive di conseguenze?

Concludendo credo che non sia più plausibile che l'industry del videogame decida a suo piacimento quando mostrare i muscoli e far capire la sua rilevanza nel sistema-mondo e quando invece nascondersi dietro la definizione di "intrattenimento". La maturità è quella cosa che ha portato Blizzard a modificare il suo fatturato di ordini di grandezza rispetto a quando trionfava con Battle.net. E' ora che quella stessa maturità rappresenti una presa di coscienza rispetto a quello che si sta facendo. Attenzione: io non sto dicendo che Blizzard dovrebbe schierarsi dalla parte di Hong Kong. Quello che sto chiedendo, più semplicemente, è che di fronte a un tema controverso lasci la libertà di parola ai suoi utenti nelle stesse sedi in cui la loro immagine viene sfruttata e, soprattutto, non agisca in modo censorio sulla base di connessioni non proprio limpide tra i suoi interessi e sistemi non libertari.
Siete diventati grandi. Non è più tutto un parco giochi.

“Il mio voto vale quanto quello di questo imbecille / Allora cosa me ne frega delle vostre cinque stelle / E di tutte le parole che vi sento blaterare / Sopra il bene comune l'amore universale”

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