Pop/Stars
Mentre lo smog, la nebbia e il crepuscolo confondono il mondo in una bruma indistinta, rotta solo a occidente dal dilagare di un tramonto color fucsia come il vestito incredibile di Ursula Andress in La Decima Vittima (1965), io sono intrappolato nel traffico. Le facce della gente, la famosa gente comune assatanata e abbruttita dalle corse delle feste, ricordano l'ultima agghiacciante inquadratura di Wolf Of Wall Street (2013): sono lupi famelici, dal primo all'ultimo, aspettano solo il loro momento.
Soffoco oppresso da tutto questo fumo scuro, e ho modo di pensare che sì, l'inferno sono gli altri, e la sofferenza che si infliggono a vicenda.
Nemmeno le lucine sono d'aiuto. Tra l'altro, queste lucine che ci addobbano casa dovrebbero avere una temperatura del colore di almeno 5000K per non farci male agli occhi e sì, sono abbastanza vecchio da badare a queste cose, ormai.
Le mistiche stelle quest'anno manco si vedono: alzate pure gli occhi al cielo fin che vi pare, sarà tutto inutile... perfino le Battaglie Negli Spazi Stellari sono rimandate al prossimo anno.
Nel caso importasse ancora qualcosa a qualcuno.
Non ci resta che affondare il muso tra fette di panettone artigianale pucciato in un oceano di Crema Gran Marnier, rimpinzarci di biscotti IKEA allo zenzero e cannella, divorare udon e sushi otoro, a capo chino come Goku & figli, fino a restare senza fiato.
Ci sarà mai una luce per guidarci fuori da queste profondità caligginose? Sì: le canzoncine pop coreane.
E chi se lo aspettava, che dopo diciassette anni di FTR avremmo un giorno disonorato queste sacre colonne macchiandole con... le canzoncine K-pop? Ma no, si scherza: in diciassette anni abbiamo avuto occasione di scrivere ben di peggio. E poi non sono precipitato definitivamente nell'insania: ci voleva una canzone speciale per convertirmi infine e mostrarmi la luce.
Più che una canzone, un video musicale: Pop/Stars by K/DA.
Questo sarà il mio regalo per voi: un video su Youtube, vecchio ormai di mesi. Bello, eh? Quattro personaggi fittizi, le quattro ragazze più famose di League Of Legends, trasformate in versioni K-pop di se stesse per un video d'animazione promozionale. Ma che energia! Che stile! Che arte, che costumi, che effetti visivi! Che, ehm, code di volpe!
Non abbandoniamoci alla notte prematura e all'oblio e alla cenere: combattiamo con l'energia di queste cantanti adolescenti coreane immaginarie. Più vive di noi.
Chi è il morto
Di solito gli anime horror giapponesi sono sempre un po' tutti uguali e rimestano per dozzine di puntate nel tentativo di metterti a disagio, quindi tendo a evitarli. Another però mi diceva qualcosa e comunque non avevo nient'altro da vedere così ora vi trovate a leggervi la recensione che, per quello che mi interessa dirvi, cercherò di mantenere no-spoiler.
Another, dicevamo, è un anime horror. C'è il protagonista che arriva nella nuova scuola per frequentare la terza media (in provincia, niente Tokyo) e comincia a intrattenersi con una strana bambina con la benda sull'occhio. Nei primi episodi, letteralmente, l'anime urla il fatto di essere horror, in modo che infastidisce abbastanza. Come sapete l'horror giapponese è uno strano rimescolamento di stereotipi occidentali e misticismo orientale. All'inizio c'è proprio tutto questo nella maniera più spudorata e pedante, con contorno di bambole grottesche, ragazzini che fissano il vuoto e clima perennamente uggioso. In quel momento, lo ammetto, mi sono pentito di aver deciso di seguirlo perché mi stava dando effettivamente tutto quello che temevo.
Poi, fortunatamente, interviene il plot-twist che inquadra la storia in quella che è la sua reale cornice ed è a quel punto che sono stato sedotto. Another, caso più unico che raro, si dimostra essere un horror intelligente, ovvero una vicenda che, pur ricadendo in quel genere, non vi indugia, ma anzi tesse una trama ricca di nodi e svincoli, in cui le morti e il sangue scandiscono il ritmo, ma, fortunatamente, non dettano i tempi. E' spesso stucchevole il modo in cui le tipiche "red shirts" vengono inserite nelle dinamiche della storia al solo scopo di essere macellate, ma fortunatamente la storia in sé non si sofferma su di loro, dovrendo invece costruire, da una parte, l'impianto soprannaturale della calamità e dall'altro la psicologia dei suoi protagonisti.
Per quello che riguarda la metafisica è indubbio che viene eretta una mitologia e una superstizione particolarmente contorta, che potrebbe quasi far storcere il naso per il rincorrrersi di anomalie forzate, ma che secondo me può essere facilmente accettata da chi è inserito nella cultura orientale e allo stesso tempo risulta piacevolmente disturbante per lo spettatore medio occidentale. Tra i personaggi abbiamo in Misaki una Rey Ayanami abbastanza tipica mentre Koichi è naturalmente poco più di un occhio esterno, che ci accompagna permettendoci di vivere l'enigma in prima persona. Il resto degli scolari faticano un po' a entrare in testa, sia per il taglio decisamente anonimo del loro design, sia perché l'atmosfera rareffata (e, mi raccomando, horror) dell'inizio rende difficili le interazioni e quindi far uscire le loro identità. Molto spesso si ha la fastidiosa sensazione che Koichi sia diventato loro amico mentre non guardavamo, lasciandoci il dubbio se ci siamo persi qualcosa. Fortunatamente, nel proseguo, anche questi aspetti si consolidano permettendo di avere abbastanza punti di riferimento.
Per quello che riguarda il comparto tecnico non c'è molto da dire. L'anime non è iper-realista come molti altri horror, ma sceglie una palette di colori che escludono tutto il pastello e le caramelle gommose a cui potreste essere abituati altrove, il tratto restituito è in generale pulito, ma di certo non è questa la serie che deve basarsi su immagini spettacolari. La opening è JPOP abbastanza genuino ma mediocre, mentre la closing cerca di far apparire la serie per il più melenso degli slice of life che ovviamente non è.
Concludendo, Another è uno di quei pochi anime che consiglio vivamente, proprio per la sua intelligenza nella storia prima che per altri aspetti magari più frivoli o appariscenti. Ha bisogno di un certo spirito di abnegazione per superare i primi cliché e dovete fare alcune concessioni alla logica dei suoi meccanismi, ma se state cercando qualcosa di generalmente interessante credo sia proprio quello che fa per voi.
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