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820, 10/06/2017 - Su un blog
820
10 . 06 . 2017

Roba da vecchi

Quando abbiamo assunto lo Stagista Vietnamita, non potevamo immaginare che sarebbe stato così, emm... irritante. Ma dopotutto è un giovanotto del Nuovo Millennio, lo scontro tra generazioni a bordo dell'Enterprise della vita era inevitabile.
Da un lato abbiamo gli entusiasti che scrivono codice quasi esclusivamente facendo copincolla da Stackoverflow; dall'altro i vecchiardi sconfitti dalla vita, inaciditi dal lavoro, che hanno consumato gli occhi leggendo The Art Of Computer Programming, che non si sentono più pronti all'eenesima rivoluzione. Non dico di proibire internet in ufficio come faceva Nintendo nella sua sede di Kyoto fino a pochi anni fa... ma insomma si potrebbe trovare un compromesso.

Tutto questo parlare di giochi di combattimento 1 vs 1, in questo Rinascimento che ha travolto il genere, mi fa venire in mente un'intervista molto gustosa ai veterani della SNK ai tempi del NEO-GEO. Quindi oggi faremo un'immersione nel nostalgico passato, ed eviteremo l'ennesimo editoriale su Super Omaccini V. Che bello!
L'intervista, naturalmente, è pubblicata su The Madman Cafe. E dove sennò? A chi altri potrebbero mai interessare le farneticazioni di vecchi giapponesi bavosi? Ad ogni modo il mio passaggio preferito è quando il tizio si lamenta un po' perché oggi le persone che lavorano nel settore dei videogiochi sono “normali”: è tutta gente che è andata all'università, che sa allacciarsi le scarpe da sola, che si cambia le mutande più di una volta al mese.
Ai bei tempi, invece, la gente andava in ufficio al lunedì mattina e ne usciva il sabato notte: tra i cubicoli erano stese ad asciugare le camicie, sul pavimento dei corridoi erano allestiti dormitori improvvisati. Internet non c'era, né tantomeno Stackoverflow.

Per chiudere queste reminescenze da vecchi, diciamo pure che mi fa tanto piacere leggere questa roba su un sito come il Madman Cafe, che leggo dal 1999 circa. Sono ben pochi i siti rimasti così uguali a se stessi attraverso tutti questi anni, ed è confortante avere una costante, un punto di riferimento mentre affrontiamo le turbolenze della vita.

Un altro, naturalmente, è Follow The Rabbit.

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10 . 06 . 2017

Gioco di parole con E3 a piacere

Anni di lavoro mi hanno insegnato che articolate soluzioni trovate su blog geek estemporanei non sono necessariamente il Verbo, più che altro perché il bello dei blog è potersi astrarre dalla realtà, proponendo logiche che non necessariamente possono essere applicate in certi contesti e ridendo, nel contempo, di quanti magari in quei contesti si sono trovati ad affondare. Se vogliamo questa è una riproposizione in miniatura del problema che ormai infesta la rete dello scollamento tra quello che si dice online e il mondo vero. Ma di questo argomento non parleremo mai abbastanza.

L'E3 è cominciata da poco e figuratevi io quanto posso starci attento, però un occhio ho voluto buttarcelo. Innanzitutto mi sono tolto la curiosità di guardare il trailer di Kingdom Hearts III. Ho sempre avuto un rapporto particolare con KH. Ho sempre considerato la sua storia geniale, ma il suo gameplay troppo macchinoso. Anche in questo trailer mi è sembrato che Sora saltelli e faccia fin troppo, ma magari mi sbaglio. Quello che è certo, invece, è l'impatto grafico cartoonistico eccezionale.

A Way Out invece è interessante per essere uno dei pochi tentativi di innovazione di gameplay degli ultimi tempi (che, ricordo, sono bui). Al di là dell'impostazione sembra quasi di avere a che fare con un'avventura grafica e i ritmi non credo saranno più elevati, considerando l'ingombrante presenza dello split screen. Se vogliamo, il suo riferimento più prossimo potrebbe essere Heavy Rain e il suo filone (con tutt'altre atmosfere, ovviamente). Da tutto questo però esula il discorso collaborativo, che invece mi sembra non avere molti precedenti e sia tutto da esplorare. Non è che sia in generale esaltato da questo titolo, ma almeno è un'esplorazione, bisogna sostenerlo per questo.

Più delicato il discorso di Anthem. Bioware si trova in un momento un po' così, si sente il suo disperato bisogno di rifarsi una verginità dopo aver fatto un po' troppi casini col brand Mass Effect (e si, qualcuno era anche colpa sua). Di Anthem non si vede per ora granché anche se l'ambientazione sembra di minor respiro, quantomeno non voleremo in giro per galassie e la presenza di grossi robot guidabili potrebbe indicare un aspetto action più marcato. Quello che sinceramente spero è che, allontanandosi da Mass Effect, gli autori perdano il vizio di infilarsi in inutili e artificiose meccaniche come quelle del tutti trombano tutti che per quanto siano un aggiunta intrigante comunque non possono arrivare a far parlare più del gioco principale.

Non ho molto altro da dire per questa settimana. Se leggete questo editoriale molto in fretta e possibilmente distratti, potreste persino credere che sia un pezzo di cronaca come si deve sulla fiera del momento. Una roba mainstream che, oggettivamente, sono anni che non facciamo più.

mi ci vedo, insegnante di scrittura creativa.
- come è andata, Miss Thompson?
- ho perso 18 dollari.
- su chi ha puntato nella corsa clou?
- su One-Eyed Jack.
- scelta scema. il cavallo rendeva 5 libbre, il che attira la folla, ma significa anche un passaggio a classe superiore. e un surclassato vince solo quando è giù di giri sulla carta. invece One-Eyed Jack aveva fatto registrare ottimi tempi, altro motivo di attrazione per la folla, ma questi ottimi tempi si riferivano a un percorso di 6 furlongs e, su tale distanza, la velocità è sempre più elevata, rispetto a quella che si realizza su altre piste. Inoltre, quel cavallo aveva risalito sei posizioni, quindi, ragionava la folla, avrebbe ben figurato sul miglio-e-un-sedicesimo. ma One-Eyed Jack non vince una corsa con 2 curve da due anni. e non è un caso, questo. quel cavallo è uno scattista, e solo uno scattista. che sia arrivato ultimo, pure dato 3 a 1, non sorprende.
- com'è andata a lei professore?
- ho perso 140 dollari.
- su chi ha puntato nella corsa clou?
- su One-Eyed Jack. la lezione è finita.

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