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797, 31/12/2016 - Privacy Policy
797
31 . 12 . 2016

Cento di queste storie

Al crepuscolo del vecchio anno, ho infine alzato gli occhi verso gli spazi siderali tanto temuti, e ho veduto le mitiche battaglie che infuriano tra le stelle.
Ho già espresso la mia esitazione nei confronti di questo nuovo annuale film di Guerre Stellari, ma alla fine come un cagnolino fedele nonostante tutte le botte del padrone sono tornato a scodinzolare tra le sue gambe, sempre sperando che questa volta l'amore mi facesse soffrire un po' meno.
L'insoddisfazione perenne è connaturata nel genere umano, e in quelli come noi in particolar modo. Ci sono aspetti di questo Rogue One che mi hanno irritato, come i dialoghi che invariabilmente mi fanno lo stesso effetto delle unghie che graffiano la lavagna, o una raccapricciante testa di attore finta che distrae dalla scena e improvvisamente mi ricorda che sto guardando un film del 2016.
Nonostante tutte le percosse che la mia fede ha subito, mi ostino ancora dopo tutti questi anni a cercare in questo genere di film una trama razionale: non l'ho avuta nell'Episodio VII, non scherziamo, ma non l'ho avuta neppure in questo, e sono doppiamente irritato perché stavolta non ci voleva tanto: questa è una storiella semplice semplice, la sinossi l'abbiamo letta letteralmente nei titoli di testa del film del 1977! Dateci dei ribelli che si buttano contro l'impero e stiamo sereni così... Che bisogno c'era della solita convoluta serie di coincidenze per mettere insieme una manciata di comparse male assortite, prive di motivazioni plausibili per trovarsi lì? La motivazione ce l'avevano ed era semplice: sono RIBELLI. Non divi del cinema asiatico ingaggiati a caso. Ribelli.
Allo stesso modo mi sono sentito mortificato da uno scontro a terra che sembra la classica partita noiosa a Star Wars Battlefront, dove sei costretto a fare il soldato semplice di fanteria, col fucile e l'elmetto, e dopo un quarto d'ora non ti ricordi nemmeno più se sei nella Seconda Guerra Mondiale o in una galassia lontana lontana.
Sono troppo gamer (!) se chiedo qualche trovata un po' più interessante di sparatorie e granate? Va bene che in questo film non volevano le spade laser, ma questa sembra la guerra di mio nonno.

Ma sono così esigente solo perché ti amo, piccolo Rogue One. Ho amato un po' perfino il tuo fratello maggiore, quindi figuriamoci!
Amo quelle scene maestose che ci restituiscono le autentiche Guerre Stellari senza le limitazioni tecniche: uno Star Destroyer parcheggiato sopra la città per far capire chi comanda, o la fortezza da manuale del perfetto Cattivo completa di cascatelle di lava. Sono scenografie che colgono in pieno il carattere Science Fantasy di Guerre Stellari, fedeli alle sue origini nella Space Opera, nel Raygun Gothic, nell'architettura brutalista, nei paesaggi barbarici delle illustrazioni pulp di Frazetta e di Segrelles.
I design di personaggi e mostri invece sono limitati dalla necessità di allinearsi a quelli che abbiamo già visto quarant'anni fa; non sono costumi provenienti dall'universo di Guerre Stellari, sono costumi provenienti dai film di Guerre Stellari: si nota e non è bello. Quelli di Episodio VII restano superiori. Non mi convincono appieno neppure le palme e la spiaggia tropicale: ma pazienza, il sole e le ombre sulle astronavi bianchissime nelle battaglie spaziali (che ci sono!) sono una gioia per gli occhi che ci fa sorvolare su queste stonature.
La rappresentazione delle tecnologie dell'Informazione, ovviamente assenti nei film originali, mi ha pienamente convinto: gli schedari meccanici e i supporti a nastro sono la scelta corretta.

Possiamo quindi lasciarci in pace sul finire dell'anno, riconciliati in parte con il mondo e le sue brutture. Episodio VII mi ha insegnato un anno fa a lasciar andare, a prendere con leggerezza anche le opere di intrattenimento più sacre.
La missione di Rogue One è compiuta: potrei guardare altre cento storielle come questa, grato di quel poco che possono darmi, rassegnato al fatto che alla nostra età ci vuol ben altro che un film per cambiarci la vita.

Lo-Rez: arte, storia, web design
31 . 12 . 2016

Verso il futuro

Dopo avervi propinato un editoriale strettamente natalizio a Natale, con un nuovo editoriale che cade esattamente sulla ricorrenza (e che comunque leggerete dopo la ricorrenza stessa, perché sono in ritardo con l'aggiornamento), non credo sia il caso di allontanarci troppo dal tradizionale e quindi spenderò le mie consuete righe settimanali sull'anno, non l'anno che verrà, che è al solito un mucchio di sterili proiezioni che falliranno, ma sull'anno che è stato.

Lasciatemi solo sfiorare il fatto che è stato un anno decisamente complicato per il mondo reale, quello da cui ci astraiamo, di solito. Un anno così complicato che a volte ci è sembrato essersi messo in carreggiata verso uno di quegli scenari apocalittici che invece si, trattiamo di consuetudine come settimanale di videogiochi. Come racconterebbero altri, "stiamo vivendo tempi interessanti".

Andando invece a riguardare gli editoriali con cui vi ho intrattenuto in questi dodici mesi, invece, spicca preponderante il nome di Star Wars. 2016 è nato assieme al Risveglio della Forza (emblematico, direi) e questo, a cascata, ha fatto crollare sulle nostre spalle infiniti argomenti che da troppo tempo giacevano cristallizzati nel limbo. Siamo arrivati in fondo con una recensione di Rogue One che però non chiude affatto nessun ciclo. Star Wars fa ormai parte del rumore di fondo del nostro mainstream, sotto molti punti di vista non è una bella cosa (il mainstream e il rumore di fondo non lo sono mai), ma è il caso di accettarlo.

Cinematograficamente parlando è stato anche l'anno della riscossa DC nel mondo dei comic-movie, riscossa con risultati altalenanti. Come si dice in questi casi per salvarsi con stile, parliamo di film che "hanno fatto parlare di sé". Come spesso capita sono pellicole che, al di là di quello che ne pensa la massa, io tengo strette con un certo affetto. Questo per non parlare dell'assoluta esplosione DC nel mondo televisivo, che mi vede abbastanza fanboy senza vergogna, invece, anche qui nel bene e nel male.

Per quello che riguarda i videogiochi è stato questo l'anno del Nintendo Switch e, forse, l'anno che comprenderà completamente la parabola dei visori VR. Questi ultimi, che a inizio anno dovevano essere l'innovazioni necessaria per tutta la popolazione mondiale, oggi rappresentano un gadget che solleva tiepidi sentimenti e una perdita secca per le aziende che li hanno realizzati. A me spiace perché se fossero arrivati a un successo clamoroso forse sarebbero divenuti così nazionalpopolari da permettere anche a me l'acquisto. Io naturalmente non sono più un giocatore tanto hardcore da considerare l'idea di prendermi oggi un visore, ma è indubbio che le sensazioni che mi ha fatto provare il mio unico esperimento a riguardo sono tali che mi farebbe piacere avere la possibilità di sperimentare esperienze simili. Penso che, come è stato per il barocco controller della Wii U, il problema sia che qualsiasi uso rappresenza un "evento". Non potrai mai sentirti casual se per giocare dovrai mettere su degli occhialoni che ti escluderanno dal mondo. E, si sa, il casual è tutto.
Quello che attendo, da informatico più che da videogiocatore, è un'interfaccia innovativa per fare cose basata sugli occhialoni. Microsof, con Surface Studio, oggetto che abbiamo colpevamolmente mancato di trattare, ma di quest'anno, ha dimostrato che il prossimo mercato è quello delle interfacce ergonomiche avveniristiche per particolari attività professionali. Bisogna vedere quanti altri abbiano capito questo tipo di necessità.

A parte i trend, ci sono stati dei titoli, che hanno marchiato indelebilmente l'anno. Per quello che mi riguarda, direi che parliamo di Overwatch, Battlefield I e Pokemon Go. Non annovero, io, FFXV perchè quelle sono questioni di cuore e io non voglio entrarci. Overwatch è la nuova killer app Blizzard, in realtà anche in questo caso parlarne suona particolarmente mainstream, Battlefield I, invece, sembra essersi rivelato una mossa molto intelligente nella grande guerra dei simulatori di guerra. Decidere che il vintage poteva vincere sul futurismo ha dato al gioco un'identità che nei mesi gli ha permesso di penetrare le folle. Pokemon Go, invece, è l'inizio di qualcosa di molto più vasto, che coinvolge Nintendo e i cellulari. Se l'argomento vi stuzzica vi consiglio di tornare indietro lungo gli editoriali, perché non é roba che si può sintetizzare qui.

Bene, avevo un po' nostalgia di questi editoriali riassuntivi, che vedono in prospettiva periodi di tempo lunghi, su cui ormai proprio più nessuno si interroga. Credo di avervi reso un buon servizio, senza annoiarvi come settimana scorsa, ma anche senza uscire dal tema della festa. Buon '17, belli, che ci crediate o no, siamo ancora qui, al contrario di un mucchio di star del rock. Perché, si sa, non c'è giustizia a questo mondo.

“Don Giovanni / A cenar teco m'invitasti / e son venuto”

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