Strip
serie
619, 08/06/2013 - Il grosso tasto
619
08 . 06 . 2013

Destroy everything you touch

La strip di oggi si commenta da sola, perlomeno se fate parte di quella ristretta categoria di persone capaci di immedesimarsi negli Ingegneri delle Tenebre che spesso rappresentiamo nella nostra serie Jobs.
Una rapida occhiata alle notizie della settimana mi fa capire che non c'è molto altro di cui parlare a parte The Last of Us. A dire il vero non posso parlare di “una rapida occhiata”: per come funzionano i mezzi di comunicazione moderni, quello che facciamo è più simile a pucciare il dito nella corrente per valutare la temperatura dell'acqua. Ad ogni modo The Last of Us ci colpisce come un Grande Evento, di quelli che ridefiniscono il nostro settore videoludico.
Le recensioni lo riconoscono come nostro signore incontrastato, ma se leggete queste colonne da un po' di tempo sapete il disgusto che provo per il giornalismo videoludico... secondo me si salvano in pochissimi, e non ho la pazienza di cercare questi rari esempi di giornalismo dignitoso. Dopotutto si tratta di un gioco Ad Alto Budget, un budget che lo rende praticamente immune a qualsiasi danno, come la stellina che conferiva l'invincibilità temporanea in tanti bei giochi di una volta.

Se poi volessi allargarmi ad altre forme di intrattenimento, diverse da quella sacra videoludica, ci sarebbe da commentare un fenomeno curioso: le reazioni del pubblico al finale di questa stagione di Game of Thrones. A quanto pare la serie TV è arrivata a un certo punto della trama, in cui (senza voler rovinare la sorpresa a nessuno) si... interrompono diverse linee narrative, e gli spettatori rimangono smarriti perché non si sa cosa prenderà il loro posto.
Non ho ancora visto la serie televisiva, ma ho letto i libri tanto tempo fa e mi ricordo vagamente di quell'episodio: a quanto pare non mi aveva fatto molta impressione a suo tempo. Eppure pare che mezzo mondo sia in preda a crisi isteriche, tra chi maledice gli autori della storia e chi cade in depressione per il destino crudele riservato ai personaggi fittizi che tanto amava. Spesso la gente si lamenta di trame prevedibili e finali hollywoodiani scontatissimi: stavolta hanno avuto qualcosa di ben diverso dal solito, ma non pare che i più abbiano gradito. Come al solito, anche questo sbalzo di umore mondiale è stato amplificato dai social network. È proprio vero che sono molto pericolosi.

Lo-Rez: arte, storia, web design
08 . 06 . 2013

Cubetti

Il Nintendo eShop ha messo in vendita il Tetris per Gameboy alla modica cifr... al ragionevole prezz... al... a quattro euro. Sinceramente, per quanto i miei euri sull'eShop li abbia spesi, non sono mai stato attratto da queste operazioni di retrogaming. O meglio, sono sempre stato attratto dal retrogaming, ma non a queste condizioni. Il retrogaming è un recupero di storia e cultura che non necessariamente deve portare alla fruizione effettiva di un titolo, serve solo a fartelo possedere, fartelo studiare, farti realizzare cos'era. In questo senso il fatto che il suo prezzo sia pari a quello degli effettivi giochi puramente scaricabili 3DS mi ha sempre dato un minimo fastidio.
Anche per quello che riguarda il Tetris mi sono soffermato sulla sua casellina e ho guardato il trailer non tanto accarezzando l'idea di possedere un tetris per 3DS, non tanto accarezzando l'idea di possedere IL tetris sul 3DS, ma più che altro riflettendo su un'epoca lontana e su quello che quella semplice cartuccia Gameboy ha rappresentato nella Storia.
La data di nascita di Tetris è 1984. Era un'epoca in cui i videogiochi erano realizzati da gente strana e completamente pazza, non necessariamente americana o giapponese, non necessariamente sul punto di diventare straricca. Tetris lo ha inventato un russo, per esempio, motivo per cui la Piazza Rossa campeggia nella maggior parte delle versioni originali e in molte derivate. Il game design di Tetris è virale, infettivo, perché si può descrivere in sei righe e non ha minimamente bisogno di grafica. Ragiona per cubetti, esattamente come ragione l'informatica tutta e la sua musichetta è un midi che molti canticchiano tutt'oggi con orgoglio.
Dalla sua nascita, Tetris si è avvinghiato senza pietà a qualsiasi sistema esistesse, cosa inquietante se considerate i sistemi della sua epoca. Ma questo è poco importante, perché le terre senza padroni del videoludo del tempo erano terribilmente vulnerabili a qualsiasi concetto di idea. L'idea affilata e essenziale di Tetris, a ben guardare, era un fiammifero acceso buttato su una catasta di sterpi.
Il momento affascinante di cui sto parlando io, invece, è cinque anni dopo, nel 1989. Nintendo, che era già una leader del settore, se ne esce con un'idea simile a una bestemmia: una console portatile. Mentre ci stiamo lentamente abituando all'idea che i computer non hanno bisogno di intere stante per girare e che i videogiochi della sala giochi si possono avere anche in casa, Nintendo è convinta di convincere il mondo che i videogiochi si possono portare in tasca, per giocarci sull'autobus mentre si va a scuola. Nasce il Gameboy.
Il Gameboy è uno scassone di plasticona grigia con due tasti di un improbabile color prugna e uno schermino monocromatico verde dove si può distinguere solo il nero, il non nero e quella cosa tutta con dei pallini che fa finta di essere grigio. Viene scelta una killer application per far arrivare il gioco ovunque: il Tetris che viene infilato d'amblé all'incirca in tutte le distribuzioni. Il successo è devastante e, forse, è tutt'oggi alla radice dello strapotere del 3DS, che di quel Gameboy è il pro-nipote.
Dove vogliamo arrivare?
Oggi il concetto di killer application ha un peso mostruoso nel ciclo di vita di una console. PSVita, ma anche PS3, al tempo, hanno sofferto molto il fatto di non averne all'uscita, XBOX, in tutte le sue incarnazioni, ha letteralmente basato la sua sopravvivenza su Halo, a larghi tratti. L'intero mondo Supermario è qualcosa che da solo fornisce a Nintendo una quota di venduto garantito e non è un caso se la Wii-U boccheggia nell'attesa di qualcosa di clamoroso che ormai "il solito Mario" non può rappresentare.
MA nel 1989, quando la terra era giovane e la magia ancora albergava tra gli uomini, killer application era un concept di sei righe fatto di quadratini, una musichetta sincopata e uno sfondo con la Piazza Rossa. Ce n'è di che riflettere sulla natura stessa dell'uomo.

Intanto, in un'altra porzione del multiverso, Peter Molyneux continua a sollevare perplessità per il suo progetto Godus e intanto si affida a un enigma fatto di cubetti per scegliere Dio e trova l'Essere Eletto in un bimbomin... in un giovane diciottenne nerd che sempra l'archetipo stesso del videogiocatore, così perfetto da sembrare finto (si, ok, qualche sospetto ci è rimasto).
Nei cubetti possiamo leggere il nostro futuro. Di cubetti è fatto il nostro passato. I cubetti scorrono nel nostro sangue. Anche in FullHD su monitor 60 pollici, i cubetti saranno dietro ogni nostro movimento.
I più snob li chiamano pixel.

“Mi son reso conto / Che serpeggia / Tra i credenti / Il malcontento / Per la pioggia / Di mancati / Appuntamenti / Nei millenni, / Ma si metta / Nei suoi panni... / Quell'incetta / Di pianeti / Da salvare... / Di pianeti da salvare! ”

Cymon: testi, storia, site admin