La rabbia
Rieccoci ancora seduti a sentire Clara che presenta il mirabolante personaggio di Marty Panzeroth©™, un franchise destinato nel tempo a superare in popolarità perfino Topolino.
Non ci è dato sapere se la presentazione della nostra Clara è la stessa che va avanti da una settimana (il che sarebbe comunque molto aderente alla realtà, se avete esperienza di questo genere di ambiente), oppure se il concept di questa nuova icona videoludica venga presentato man mano che gli autori si fanno venire in mente nuove idee. Di certo sarà lanciata sul mercato una linea di pupazzetti snodabili ispirata a tutti i cattivoni della serie, da Vicious Pandah a Fok Monk. In più saranno disponibili, ma solo in edizione limitata, anche gli animali delle versioni di Ubuntu, come special guest.
Si sarà capito da certe battute che sono molto stanco. La vita è spesso brutale, certe settimane più di altre, ma un posticino per FTR cerchiamo di trovarlo sempre. Costi quel che costi. Questa settimana in particolare, poi, nel Mondo Reale sono successe due o tre cose che riguardano anche le vite parallele che si svolgono nei nostri mondi virtuali. Sospetto che Cymon qui di fianco ne parlerà, lo ha anche anticipato sulla nostra (solo sua, in verità) pagina nel social network del Maligno.
Per quanto mi riguarda, solo il rivolgere il mio pensiero a questi fatti mi disgusta, perché questi fatti rivelano drammaticamente la pochezza degli esseri umani. Ad esempio non posso soffocare una risata ogni volta che sento parlare della “neutralità” di Wikipedia, della “democraticità” del suo processo, della “veridicità” dei suoi contenuti. Ho fatto qualche sciocco esperimento, in passato, vandalizzando in maniera lieve certe pagine su roba come il metodo Cavalieri-Simpson o la distribuzione di probabilità gaussiana, e aspettando che L'Onnisciente Comunità si accorgesse degli errori. Ho aspettato, ho aspettato finché la coscienza me lo ha permesso, e niente. E stiamo parlando di nozioni matematiche la cui veridicità può essere provata rigorosamente... Figuriamoci poi cambiare una virgola sulle pagine di storia, o di geografia: significa scatenare migliaia di commenti nelle discussioni tra esagitati fanatici, meschini cui non sembra vero di poter riscrivere la propria versione personale della Verità, letteralmente.
Chi la vince, alla fine, sono sempre quelli che dimostrano con più violenza il loro dissenso. In questo senso, davvero Wikipedia è lo specchio della nostra democrazia.
Sarebbe molto triste, però, che questo covo di falliti megalomani la cui cultura consiste nell'aver accesso alla casella di ricerca di Google, fosse spazzato via da legislatori analfabeti informatici, neppure capaci di rendersi conto delle conseguenze pratiche di quanto stabiliscono, le cui macchinazioni di potere rischiano di schiacciare i wiki con la stessa noncuranza con cui si pesta una formica camminando.
E dunque è appropriato che proprio questa settimana sia uscito un gioco che si chiama “Rage”. Peccato che poi la RABBIA la faccia venire lui agli utenti, con una serie di problemi tecnici mostruosi e imperdonabili. E questo da parte della software house che ha fatto del computer anche una macchina da gioco, vent'anni fa.
Io non sono arrabbiato, sono solo triste. Su console Rage è il motore grafico migliore mai creato da uomo, questo è evidente. Il sistema di streaming delle texture e delle geometrie in tempo reale è un prodigio della scienza: ma è fatto apposta per architetture con poca memoria e bassa latenza. I PC attuali, guarda un po', hanno un'architettura con molta memoria e alta latenza... proprio il contrario.
Quando John Carmack si è trovato di fronte a questo compromesso tecnico, e lo ha spiegato ai suoi datori di lavoro, secondo voi il reparto commerciale chi gli ha detto di privilegiare?
Alzare gli skudos
Credo sia giusto che FTR ricordi Jobs. Non con la retorica sperticata che usano certi, questo no, ma con affetto e onesta ammirazione. Perché prima di tutto Jobs è stato uno de pilastri della generazione che fu, di coloro che fondarono l'informatica quando l'informatica non era, quando i garage erano i posti dove il mondo andava avanti, all'insaputa di tutti.
Ricorderemo Jobs anche con quel nobile senso di rispetto che si tributa ai buoni nemici. Perché non siamo mai stati granché d'accordo con Jobs su molte cose, ma non per questo abbiamo ritenuto le sue idee sbagliate. O almeno, le abbiamo ritenute tali perché solo da un conflitto del genere, solo dalla contrapposizione di idee può nascere il miglioramento di noi tutti.
Ricorderemo Jobs, ma non gli dedicheremo l'editoriale. Perchè noi Jobs non lo vivevamo, non ci interessava granché, e scoprirci oggi a raccontare melensi aneddoti inesistenti sarebbe solo da pessima tv del dolore.
Scriveremo di altro, tracceremo una nuova pagina di storia contemporanea. E faremo tutto questo al plurale perché suona un sacco bene.
Ora che mi sno concesso questo paragrafo di apertura che ritengo fosse dovuto, permettetemi di andare al cuore dell'argomento che invece avevo intenzione di trattare oggi e che poi si è evoluto durante alla settimana, prospettando per tutti voi un editoriale massacrante.
Comincia tutto con Nonciclopedia che decide preventivamente di chiudersi a seguito di una querela arrivatagli da Vasco Rossi. Cerchiamo di mantenere i fatti il più asciutto possibile: Nonciclopedia è un sito caustico, abbastanza probabile che abbia pubblicato qualcosa di pesantino su mr. Rossi, come fa su tutti. Mr. Rossi, che tra parentesi ultimamente è mediaticamente assai vulnerabile per le sue scorribande facebookike, se la prende un po' più del dovuto e passa per avvocati con una querela che è un atto abbastanza banale e poco clamoroso, a ben guardare. A sentir Nonciclopedia, a questo punto, nonostante loro fossero pronti a collaborare, la cosa è diventata più tignosa del dovuto e così si è arrivati all'atto clamoroso di sigillare il sito e fare un vero e proprio call to arms web per difendere il sito e abbattere l'oscuro signore.
Salviamo Nonciclopedia ottiene rapidamente 200.000 fan, condiviso anche dalla nostra pagina, il tam tam mediatico fa arrivare la notiza su molta stampa e parte la consueta trafila di commenti e polemiche. Il bailamme rapidamente esaurisce dinamismo, tra Mr. Rossi e Nonci finisce a tarallucci e vino e tutti sono contenti.
Tranne me, che non ho ancora avuto occasione di dire qualcosa di impopolare, fino adesso.
Quella di Nonciclopedia è stata una geniale, illuminante, stupenda operazione di marketing. Da cronista web darei un braccio per vedere le statistiche dei loro contatti durante questa fluttuante settimana. Ogni aspetto di questa lucida strategia ticchetta come un orologio. Dalla scelta del personaggio coinvolto, Vasco Rossi, passando per il tono feroce della difesa, scorrendo lungo i subdoli fili dei Social Network. Non sto assolutamente parlando in tono negativo. Quella di Nonciclopedia è stata una legttima mossa mediatica, la risposta più bruciante al mondo generalista da cui è sempre stata esclusa, per la sua scelta di tenere la linea della sua irriverenza di diverse tacche sopra il consentito dai salotti bene. L'attacco di Vasco Rossi, antipatico nevvero, non sarà stato il primo alla piattaforma e probabilmente non sarà l'ultimo, ma la risposta è stato un audace mossa di scacchi. Il mondo web avrebbe potuto fregarsene, dopotutto Nonci si trova sul sottile confine tra i prodotti di successo e quelli di nicchia, ma scommettere tutto su una cybersollevazione popolare del genere è stato un atto degno di un generale d'altri tempi.
Peccato che intorno a questo teatro anche goliardico, a suo modo, si sia sviluppata (indipendentemente da Nonciclopedia, a mio parere) la solita corona di retorica demagogica che mi sta progressivamente sempre più sullo stomaco. Si sono cominciati i soliti discorsi sulla rete che lotta per la libertà di tutti, i pistolotti sulla rivoluzione del popolo di facebook e tutti quegli altri stucchevoli teatrini con cui una massa di sedentari e ben pasciuti borghesi seduti davanti a un computer cercano di dare un tono risorgimentale ai loro oziosi click. Una vicenda del genere è bella in quello che è, nelle sue dimensioni e nelle sue misure, non ha bisogno di un'epica che coinvolga vicende ben più serie, che si confronti con momenti della storia ben più seri. Un piccolo sito ha deciso di ruggire contro un idolo delle folle. Le folle si sono divertite a schierarsi e a far baruffa, vederci di più è pericoloso.
Persino la succitata pagina Salviamo Nonciclopedia coglie la palla al balzo e con un atto di puro spam cerca di far passare una nuova buzzword che raggruppi tutta la carica retorica del momento, cercando di appropriarsi dello spazio "ideologico" che la rete oggi rappresenta, colmando il vuoto oggettivo che esiste di un pensiero effettivo della rete che non sia un concatenarsi di like e tweet. L'esperimento comunque fallisce, dei 200.000 amici di Salviamo Nonciclopedia se ne riversano in questo nuovo progetto poco più di un migliaio. Questo perchè effettivamente si intuisce quanto tutto sia artefatto e poi anche perché dei 200.000 sono pochi quelli interessati alle crazie, qualsiasi tipo di suffisso gli si voglia appiccicare addosso.
Bhe, ma il bello è che le cose poi vanno pure a peggiorare, eh.
All'incirca mentre il teatro Nonciclopedia chiude, Wikipedia.it, col tempismo di un salmone all'ora di pranzo degli orsi, chiude a sua volta, sempre di sua volontà, come protesta nei confronti del DDL intercettazioni e dei suoi eventuali aspetti ammazza-blog.
Ora, estraniamoci un po' dalla questione in sé proprio per non ricadere nei discorsi di retorica e analizziamo la vicenda con un metro più asettico. Non ci riesco a credere che la mossa di Wiki IT non sia stata fatta sulla scorta di quanto fatto da Nonciclopedia. E quindi non riesco nemmeno a non vedere, alla base, gli stessi intenti di marketing. Magari un marketing più ambizioso, che cerca di imporre Wikipedia come un attore della vita politica italiana piuttosto che cercare di aumentare i suoi già numerosi contatti, ma comunque una mossa mediatica. Mossa mediatica ancora più oscura di quella di Nonciclopedia, perché, è noto, la retorica che si solleva intorno al mondo wiki è qualcosa di ancor più pungente e feroce, senza dimentare la demagogia che gli è strettamente collegata. In più, visto il tempismo da peracottai, è anche necessario che la storia sia presentata con un certo maquillage mediatico. Perciò chi si mette a parlare della chiusura di wikipedia ben si guarda dal fare un parallelo con la chiusura di Nonciclopedia. E' ovvio che in un articolo in cui wikipedia chiude bisogna buttarci senso dell'onore, diritti umani, desiderio di libertà e un paio di eroi alla Muzio Scevola e Pietro Micca. Se a un certo punto devi scendere a parlare di Svervegia e Vergate sul Membro si rovina la poesia.
Wikipedia chiude lamentando di non avere un organo centrale che possa fronteggiare gli eventuali provvedimenti generati dal DDL intercettazioni. Ma allora CHI chiude Wikipedia? CHI ha il potere di mettere il lucchetto alle porte dell'encilopedia libera? Tutti i wikipedisti si sono riuniti e hanno deliberato assieme, nella prima asseblea della cyberdemocrazia del futuro? Me li vedo, i wikipedisti riuniti: fiumi di sangue e asce che volano. E solo per decidere i posti a sedere.
Qualcuno ha compiuto un'operazione di marketing. E ha compiuto un'operazione di marketing più grande convincendo il mondo che stava facendo una rivoluzione popolare.
Io sono spaventato. Non dalle chiusure che certi siti fanno e nemmeno dal fatto che la gente alzando la voce riesce a farli riaprire. Io sono spaventato da tutti coloro che intorno a queste storie riescono a vederci un senso di lotta per la libertà che è solo la pallida ombra di una vera lotta per la libertà. Sono spaventato da chi paragona la gente che scende in piazza, ci mette la faccia e rischia le botte con quelli che ogni tanto, da casa loro, fanno un click. Sono spaventato dalla possibilità che un giorno ci tolgano veramente e con durezza qualche libertà. E nessuno quel giorno farà niente, perché comunque sarà permesso di lamentarsene su Facebook.
Cymon: testi, storia, site admin“When we come home, we want it quiet and calm / We want you to sing us a song / When we come home, we pull the curtains down / Making sure that the TV is on”