Le copertine
La strip di oggi inaugura un nuovo formato che abbiamo intenzione di proporvi in futuro, anche se molto di rado.
“Le Interviste di FTR”, ovviamente ancora in fase beta.
Non facciamo mai nulla per Voi, amabili lettori, ma tutto il nostro agire su questo sito è dominato dai nostri meschini interessi personali: inquesto caso, ci serviva un formato di strip semplice e veloce sia da scrivere che da disegnare, da usare in caso di emergenza per quelle settimane in cui proprio non abbiamo le forze di fare una strip normale.
Ciascuna Intervista sarà dedicata ad uno dei personaggi ricorrenti del fumetto: si comincia con uno dei Koniglietti Kommando.
Le celebrazioni del nostro Decennale hanno lasciato poco spazio, su queste colonne, alle notiziole di attualità, ma nel frattempo mi sono annotato con diligenza le cosette che attiravano il mio interesse. Ad esempio non ho potuto evitare di restare annientato dalla potenza di Hawken,
Hawken è un giochetto fatto da un branco di ceffi in cantina, che però sfoggia una grafica straordinaria... succede sempre più spesso che titoli indipendenti, realizzati con poca spesa, possano vantare una direzione artistica o anche una tecnologia molto evolute, capace di deliziarci quanto e più dei gioconi dei grandi editori. Questo Hawken in particolare è pieno di mech che saltano in giro e si fanno saltare in aria a vicenda a missilate, in scenari molto familiari che sono un tributo alla Fantascienza. Che tenerezza.
L'attualità però incalza, Hawken è roba del passato e chissà quando mai uscirà qualcosa di giocabile: ne parleremo allora. Veniamo a una notizia fresca, che mi ha lasciato stupefatto perché va contro il comune buonsenso.
Il comune buonsenso vuole che quanto più un gioco è “commerciale”, ovvero progettato per essere venduto a più gente possibile, tanto più l'illustrazione di copertina fa vomitare. Potremmo chiamarla, se volete, la Legge di Electronic Arts (o di Activision, o di Ubisoft). La colpa di questo brutto fenomeno sta soprattutto nelle masse incolte e nel loro gusto pessimo.
Prendiamo ad esempio l'illustrazione di Portal 2: oscena, al contrario di tutto il resto del gioco e della sua direzione artistica eccellente. Molto migliori sono i design realizzati da tizi a caso ispirati dal gioco.
Insomma, a pensavo così... e poi ho visto la copertina di Resistance 3. Qualcuno alla Sony deve aver perso il cervello (forse è stata la pressione per i recenti avvenimenti catastrofici).
La copertina di Resistance 3, il giocone esclusivo per PS3 su cui Sony punta tantissimo, è stata commissionata a Olly Moss. Cioè, fa paura.
Olly Moss è un designer diventato una celebrità in seguito alla diffusione dei suoi lavori in rete, in particolare una trilogia di poster di Guerre Stellari (che io ho cercato di comprare, al prezzo non modico di 150$ l'uno, provando per 20 minuti a cliccare il bottone sul sito intasato dagli accessi in massa, senza riuscirci). Mi stupisce che Sony abbia permesso ad un artista vero di fare un'opera così personale, e di sbatterla su milioni di copertine: potevano andare sul sicuro e metterci una donna nuda, un fucile e un alieno bavoso... invece no!
Finora soltanto Square Enix aveva questa tradizione, con le copertine di Final Fantasy affidate a Yoshitaka Amano. Speriamo che altri seguano l'esempio.
Maghette
Gli anime di maghette affondano le loro radici in un'epoca lontanissima, quando ancora venivano chiamati cartoni animati. Sostanzialmente erano la proiezione animata dei sogni di ogni ragazzina, raccontavano storie di adolescenti timide e magari un po' dimesse che, con l'aiuto di poteri soprannaturali provenienti da chissà dove si trasformavano in personaggi cool, affascinanti, al centro dell'attenzione e ammirati. Questo nuovo status (che era comunque, praticamente, un'identità segreta da eroine) permetteva loro di far passi avanti nei loro sogni amorosi, ma visto che una volta queste storie avevano anche una forte connotazione morale e "educativa" le ragazze magiche usavano i loro poteri anche per fare del bene al prossimo, portare felicità e amore e sistemare le cose presso i loro conoscenti.
Nonostante il target di sì melense storie fosse spudoratamente femminile, fortunatamente il pubblico dei bambini degli anni ottanta era molto meno omofobo di quello attuale (purtroppo distorto da onde di ipocrisia provenienti da ogni direzione) e quindi, ai tempi, le vicende delle varie Creamy, Magica Emi e Sandy dai mille colori venivan seguite da entrambi i sessi.
L'evoluzione e il culmine dei cartoni di maghette, che comunque si perde in tempi antichi, fu senza dubbio Sailor Moon. Le trame passarono dall'essere semplici melensi shojo a veri e propri combattimenti contro villian soprannaturali, le protagoniste divennero reali guerriere che combattevano per difendere la Terra, ma rimase comunque vivo un certo taglio sognante, un'attenzione particolare per le vicende amorose dei vari personaggi e anche un certo gusto "fashion" per tutti gli accadimenti.
Più vicino a noi il mercato delle maghette ha subito una certa crisi che ha portato a uno shift nell'utenza a cui rivolgersi. Le adolescenti tredici-quattordicenni (pittate come delle sciantose) dell'epoca attuale appaiono infatti troppo smaliziate per bacchette magiche e incantesimi a supercazzola, addirittura sembrano ormai irresistibilmente attratte da un mercato che è stato nei secoli maschile, ovvero quello dei robottoni, al solo scopo di sorprendere i bimbi frignoni protagonisti in atteggiamento yaoi. Le maghette, quindi, sono state propinate alle bimbe un po' più piccine e questo, di conseguenza, ha reso le stesse protagoniste in età da scuola media, 11-12 anni. Un buon esempio di ciò sono sicuramente le Pretty Cure a cui, ricordo con una certa inquietudine, abbiamo persino dedicato una strip.
Il motivo per cui sono partito in quarta con questo mostruoso pistolotto storico è che è ora di parlare di Madoka Magica e visto che cerco sempre un modo per apparire più figo degli altri bimbiminkia che recensiscono anime su internet penso sia giusto adottare un approccio "filologico" alla serie e affrontarla proprio come rilettura del genere delle maghette descritto qua sopra.
Madoka Magica è una serie di maghette perché:
- C'è una creatura pucettosa di nome Kyubey disegnata per apparire tenera e dolce.
- C'è la vestizione delle maghette (anche se è cortissima ed è quasi impossibile immaginarle nude nel mentre. Il che è ottimo, considerando che HANNO UNDICI ANNI)
- La protagonista è buona e altruista come Don Bosco. La sua migliore amica di più.
- E' rispettato il codice dei colori di Sailor Moon. Per questo abbiamo la mezzasega (blu), la rissosa (rossa), l'esperta professionale e sempre allegra (gialla). Sailor Moon non aveva un colore quindi per Madoka va benissimo il rosa. Akemi Homura è una questione un po' troppo complessa per essere irregimentata in questo schema, anche se rimane il solito elemento più o meno emo della situazione.
Le modifiche sostanziali che deformano Madoka Magica e la trasformano da serie di maghetti a sé stessa riguardano principalmente il fatto (evidente da abbastanza in fretta) che Kyubey non è il solito alieno saggio e altruista che vuole il bene di tutti, ma una creatura con degli scopi personali, il vocabolario di Mefistofele e un'etica tutta sua. Questo, nel momento in cui è palese, non solo toglie alle protagoniste il punto di riferimento di cui avrebbero bisogno nella loro avventura (e su cui le loro antenate si sono sempre appoggiate, da Posi&Mega, passando per Luna&Artemis), ma cambia anche il taglio della loro missione che in realtà non è il solito schema del bene contro il male che può sembrare.
E' mio personale parere che tutto ciò renda la serie di notevole interesse soprattutto per chi ha il retroterra di chi sopra, proprio perché è affascinante vedere come i meccanismi limpidi e ingenui di un tempo vengano pervertiti. Madoka Magica trasforma il sogno delle ragazzine di cui dicevamo all'inizio in un vero e proprio incubo, una scheggia di desolazione fatta per arrivare lontano.
Sono in molti, in rete, ad avere incensato questa serie trattandola come un capolavoro. Sono convinto che sia effettivamente notevole e chiuderò questa lunga recensione consigliandone la visione, ma proprio perché tutti ne parlano bene, vorrei soffermarmi un attimo sui difetti più grossi che ha e che, purtroppo, per il mio personale gusto, rovinano un po' il quadro finale.
Il problema principale di Madoka Magica è che Madoka non è affatto la protagonista della storia, ma semplicemente la persona su cui l'inquadratura rimane fissa per più tempo. L'effetto principale di questo è che, purtroppo, per la maggior parte della serie non succede granché e Madoka stessa raggiunge delle vette di bimbofrignonismo tali da trascenderne il concetto stesso. Perchè i bimbi frignoni sono un male necessario degli anime, ok, ma di solito mentre frignano fanno qualcosa di utile all'universo, come pilotare Gundam e uccidere gente. Madoka invece frigna e basta mentre il resto del cast si sbatte e questo, a lungo andare, finisce per essere snervante. Non è un caso che la puntata migliore della serie sia la 10, puntata che, all'interno della mia intera esperienza di visione di anime rimane uno dei momenti più emozionanti di sempre. Finalmente ci concentriamo su Akemi Homura (la vera protagonista) e finalmente sviluppiamo tutte quelle tensioni narrative che avrebbero dovuto sostenere la vicenda. Peccato che la serie finisca due episodi dopo, oltretutto in un modo anticlimatico di cui evito persino di parlare.
Madoka Magica è anche una serie disegnata piuttosto male. Gli autori sono assolutamente incapaci di disegnare i piedi e lasciano un po' a desiderare anche sul resto della figura umana. I costumi delle maghette mostrano uno sforzo al minimo sindacale e le scene sono spoglie. Da tutto questo si salvano i labirinti delle streghe, ma solo perché rappresentano una scelta piuttosto coraggiosa e particolare e di conseguenza i combattimenti, che comunque, a parte le coreografie di Mami, non rappresentano niente di trascendente.
Un punto a favore della serie è invece il gelido futuro in cui è ambientata. Un futuro non molto lontano, ma reso con tocchi raffinati che insinuano un certo gelo nel cuore. L'architettura dei luoghi è infatti megalitica e opprimente e la tenerosa scuola di Madoka è una specie di agghiacciante laboratorio scientifico con tutte le pareti di vetro che fa venire un po' i brividi. Ottimo esempio di questo mondo vicino a noi, ma in qualche modo staccato da noi, è il personaggio della madre di Madoka, praticamente l'unico adulto di rilievo presente. Personaggio bellissimo, che purtroppo nella parte centrale della serie perdiamo comunque di vista e che non fa oggettivamente niente, se non offrire alla figlia una possibilità di confronto.
Madoka Magica è quindi una serie interessante e ricca di spunti. Peccato che sia stata realizzata cadendo in alcune mortali ingenuità. Per quello che riguarda l'impatto emotivo personalmente la ritengo sotto l'altra serie di bimbe che soffrono storicamente importante, ovvero Gunslinger Girls. Per quello che riguarda la storia trovo notevole l'intera vicenda di Akemi, ma questa è purtroppo annegata in un intreccio dal fiato corto che ridimensiona notevolmente il quadro complessivo. Guardatela, non credo ne rimarrete delusi (ok, sospendete il giudizio sulla puntata conclusiva) e comunque vedrete qualcosa che merita di essere guardato soprattutto per la sua particolarità e per come ridisegna qualcosa di consolidato e lineare con un affascinante tocco di oscurità.
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