E.A.R.
Siamo reduci dal tour mondiale per l'uscita del nostro videogioco di ruolo in stile orientale, The Long Ear: è stato un travolgente turbine di eccessi & bagordi, ci sono ancora ciuffetti di pelo di bianconiglio sparsi dappertutto. L'isteria per le strade ha raggiunto i livelli dell'Età d'Oro, quando si dichiarava festa nazionale e file interminabili si allungavano davanti ad ogni negozio, fan ossessionati di ogni età si sono accapigliati per strapparsi una copia autografata del gioco.
O forse è successo tutto nella mia testa... sono videogiocatore, a volte faccio un po' di confusione.
Certo l'emozione è stata quella, comunque siano andate le cose. Io e Cymon abbiamo voluto giocare a fare i game designer, ma perché il giochetto riuscisse fino in fondo occorreva la partecipazione di un pubblico: e il pubblico l'abbiamo avuto.
Mi sono commosso per le parole di Cementino apparse sul Covo Degli Sbronzi. Mi commuovo facilmente in questi casi, forse è anche per questo che cerco di non pensare a voi mentre faccio quello che faccio qui su FTR. Quelle parole mi hanno fatto credere che per qualcuno (qualcuno particolarmente disperato) noialtri rappresentiamo “i custodi e i profeti” di un certo modo di sentire, di una certa sfigata cultura.
Faccio sempre fatica a crederci, perché sono abituato a piazzarmi tra il pubblico, e a guardare dal basso i Creatori che mi entusiasmano con i loro lavori. Pensare che sono anch'io autore di qualcosa nel settore dell'intrattenimento, col mio pubblico e i miei utenti... è una sensazione strana.
E voi del pubblico, voi adorati amici, voi che giocate TLE e leggete FTR, siete i più grandi sfigati d'Italia.
Attenderò ancora un po' prima di affrontare le profonde tematiche della nostra opera, per lasciare il tempo anche ai più ottusi tra voi di completare The Long Ear (la longevità prevista è di qualche oretta).
Basti segnalare per ora che, con immensa soddisfazione, abbiamo pubblicato la prima patch del gioco a distanza di pochi giorni dall'uscita. Tutto secondo la tradizione!
Se avete incontrato problemi a decifrare quei confusi mucchietti di pixel che RPGMaker2000 chiama “caratteri”, scaricate nuovamente lo .zip ed estraetelo sopra la cartella precedente, in modo da conservare i vostri preziosi salvataggi.
Non possiamo lasciarci senza qualche cenno alla situazione presente del mondo. È uscito Megaman 9, ed è un gioco sconcertante perché ignora completamente decenni di storia e progresso, proponendo un gameplay e una realizzazione tecnica fermi al primo Megaman.
Una cosa sono i remake, o le riedizioni economiche dei classici del passato, ma qui Capcom ha osato una mossa senza precedenti, sfoggiando un'arroganza mostruosa e un carattere straordinario. È come se avesse voluto sfidare i giocatori hardcore, quelli che si lamentano perché le serie classiche sono corrotte e peggiorate col tempo: Megaman 9 è l'esperienza autentica, prendere o lasciare. Così si giocava nel 1987, vi piace davvero? Vi piacciono quei colori a 8 bit, i pixel grossi come pugni, i bip insopportabili, la difficoltà crudele da strapparsi i capelli? Se non vi piace andate al diavolo, maledetti idioti incontentabili.
Dio ha una chitarra
Ho installato Frets on Fire e ora so.
Nell'epoca in cui Guitar Hero diventa pietra di paragone dei mondo videoludico nonché ago della bilancia della Console War e la gente non ha alcuna vergogna o remora ad acquistare chitarre in plasticone degne della chicco, l'utenza PC non può che rimanere perplessa. Come se infatti non bastasse lo stato in cui la scena per compatibili versa a causa del cambio del vento dello spirito del tempo, le console hanno cominciato ad attaccare su uno dei versanti in cui il picchio è più debole ovvero quello delle periferiche. Ha senso vendere una periferica buffa appiccicata a una console, perché tutto rientra nel concetto di giocattolo, ma attaccare roba del genere a un PC è qualcosa che non ha mai attecchito. Mouse, tastiera e joypad/joystick più o meno consoloso sono tutto quello che può permettersi un utente PC ed è difficile uscirne.
Problema è, però, che Guitar Hero è Guitar Hero, tutti lo vogliono, qualcuno lo converte, ma in generale è uno di quegli oggi che fanno saltare i bimbi pacioccosi consolici additando noi utenza PC per schernirci alla peggio. Proprio per uscire da questa situazione insostenibili arriva Frets On Fire, videogioco con grafica treddì, opensource, gratuito, vero e proprio clone della saga di GH, clone e parassita, visto che (in un modo o nell'altro) si possono addirittura recuperare le tracce del gioco console e usarle tranquillamente. Per risolvere il problema della chitarra chicco gli autori hanno proposto una soluzione estremamente nerd, in linea con il nostro modo d'essere e ben più dignitosa: imbracciare fisicamente la nostra fida tastiera mantenendo una mano a pestare selvaggiamente sull'invio e le dita dell'altra sui primi tasti F. L'ergonomicità abita molto lontano da questa soluzione, gli spigoli della fida keyboard si impiantano dappertutto e molto spesso, in combinazioni ardite, si rischia di slogarsi un paio di dita, però la sensazione che se ne ricava è veramente quella di essere un hackitarrista come si deve, senza scadere nel ridicolo (dove i parametri del ridicolo sono ovviamente ricalibrati in ottica nerd).
Quindi l'esperienza che si ricava nel complesso da Frets on Fire è molto simile a quella di Guitar Hero onde per cui posso finalmente dire, dopo diverste intense sessioni, di sapere esattamente per qualche motivo questo gioco abbia avuto un successo così devastante, ho sentito le sensazioni pure, da Vero Videogiocatore, che se ne possono trarre, raggiungendo un nuovo livello di comprensione.
Il concetto di air guitar non è un fenomeno youtube di oggi, ma una pratica vecchia come i concerti: mimare le movenze dei propri artisti preferiti a ritmo di musica è più facile che cantare e stonare, ma offre comunque la possibilità di essere travolti dalla melodia in quanto partecipi. FoF (e GH) sublimano questa sensazione perchè rendono la air guitar interattiva, ti pongono una sfida, ma, soprattutto, ti fanno elemento dell'esecuzione, ti danno la sensazione di essere tu a permettere alla chitarra di accompagnare i mostri sacri che ti vengono di volta in volta sottoposti, così da avvicinarti a loro in modo nuovo. FoF è un modo estremamente coinvolgente di ascoltare la musica, questo prima di essere un videogioco, è un surrogato di una vera chitarra, vero, ma è, se vogliamo quel modo cialtrone e estremamente passionale con cui tutti viviamo i pezzi che amiamo, quel desiderio di essere noi a creare quella musica quando in verità siamo soprattutto beati di poterla ascoltare.
Tutto ciò non è un ricettacolo di profondi concetti di gameplay e gamedesign, non è il risultato di studio sulle arti ludiche o il parto di team di esperti del settore. E' semplicemente una sensazione viscerale messa in bottiglia, purificata, migliorata e erogata attraverso un computer. Ovvio, solo corde particolarmente nerd potranno vederla così e amarla, solo chi ha la capacità di abbassare il proprio senso di realtà quel tanto da permettere di lasciarsi coinvolgere potrà capire tutto questo, ma i videogiocatori, fortunatamente, in questo senso hanno sempre giovato di un intenso allenamento.
L'appunto finale è che la collezione di pezzi di GH non è affatto commercialerrima come si potrebbe pensare. Non so se sia stata frutto di una complessa battaglia di diritti o qualcosa del genere, ma si trovano pezzi abbastanza di nicchia, magari di autori strafamosi e acclamati nel loro genere, ma con generi che sicuramente non coinvolgono le folle. Quello che risulta quindi è un prodotto curioso, sotto questo punto di vista, che non mi stupirei se avvicinasse molte folle ignare a ambienti non esattamente sempre sotto i riflettori.
Avrei altre cosette da dire, ma per oggi sono soddisfatto. Vi ricordo solo che siamo ancora in piena promozione The Long Ear. E' stata una settimana concitata, come merita una settimana di rilascio, ma il ritorno che stiamo avendo dall'operazione è notevolmente buono.
Cymon: testi, storia, site admin“Vede la Fine in me che spendo soldi / e tempo in un Nintendo / dentro il bar della stazione / e da anni non la chiamo più”